Il 2 luglio 1857 viene Carlo Pisacane viene ucciso.
L’esposizione del corpo del nemico ucciso dice molto di più del senso di trionfo che si ha per la fine di una “caccia all’uomo”. Non è accaduto solo con il corpo di Carlo Pisacane centosessanta anni fa. Quella scena entra nell’occhio mentale di noi oggi attraverso le foto del corpo ucciso di Che Guevara. Su quella sovrapposizione insiste anche Ennio Lorenzini nel film dedicato agli ultimi giorni di vita di Carlo Pisacane,
Quanto è bello lu murire accisu (1975), più precisamente nella sequenza che chiude il film.
Questo aspetto indica la rilevanza della riflessione storica e di riflessione civile che Franco Venturi, nel testo che qui pubblichiamo propone nel dicembre 1956, nella lezione di apertura dell’Anno Accademico 1956-1957 dell’Università di Genova.
Siamo alla vigilia del centenario della morte di Pisacane e Venturi, da fine storico è consapevole che in gioco di nuovo tornerà l’uso politico di quel corpo e dunque il fascino per il gesto eroico, più che l’attenzione al tormento culturale e alle inquietudini di Carlo Pisacane.
Convinto che invece, si debba quadrare all’ansia di sapere e di conoscere, Venturi nella sua lectio insiste sull’elemento di modernità e di concretezza di Carlo Pisacane, con l’intento dichiarato, appunto, di sottrarlo dalla dimensione dell’eroe morto in battaglia.
Carlo Pisacane è moderno, afferma Venturi. “Moderno ce lo rende il suo insaziabile desiderio di analizzare, di penetrare la società, i rapporti fra gli uomini, unite, e tormentosamente unito, alla decisione di incidere sulla realtà, di dedicarsi integralmente ad un immediato e totale compimento del suo ideale politico. Analisi della società e azione risoluta stanno in lui in un rapporto che ci attrae dopo cent’anni e che ce lo fa ancora sentire contemporaneo”.
E questo perché, al contrario di quanto si può dedurre dalla scena della morte che rischia di mangiarsi tutto il corpo e tutta la vita di Pisacane (così come molte volte è già accaduto a Che Guevara) e di restituirci un’icona, una figura “granitica” compatta e coesa.
Pisacane è un irregolare della vita e, almeno apparentemente, un uomo d’infinite contraddizioni che costituiscono una risorsa e non un handicap.
Proprio per questo è un individuino vero e non una caricatura: è il nobile che esalta la plebe e predica l’anarchia; il teorico che odia i dottrinari; il celebratore dell’istinto, preoccupato di giustificare la sua condotta e di ridurre a logico sistema la sua dottrina; lo scrittore militare e l’anti garibaldino che muore con un pugno di uomini in una spedizione infelice; l’antimazziniano che getta la vita in un tentativo mazziniano; il materialista; il propugnatore del diritto contro il dovere; l’esule per amore e per passione di patria, e disperatamente votato alla morte ; il soldato avido di gloria che rifugge dal parlar di sé, sdegna la lode ed il biasimo.
Cogliere tutto questo, e non far diventare Carlo Pisacane una figura di carta è anche la capacità di entrare nella storia della persona, nei suoi molti lati – umani, politici, culturali, … – ci dice Franco Venturi.
Una importante riflessione di carattere civile e una lezione di storia che riprendiamo da un grande storico su come il presente va a leggere laicamente il passato, appunto senza concedere niente al mito.
Consulta le fonti tratte dal patrimonio di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli:
Saggi storici politici militari sull’Italia, Carlo Pisacane
Guerra combattuta in Italia negli anni 1848-49, Carlo Pisacane