Collaborazione e condivisione sono pratiche originariamente alla base dello sviluppo economico delle societa’ capitaliste moderne. Sono infatti questi elementi sociali che hanno creato il sostrato condiviso necessario, ovvero “le norme sociali” affinche’ potesse diffondersi lo scambio di mercato.
Con l’avanzata del mercato in sempre piu’ vaste aree della nostra vita e la diffusione dell’ideologia del laissez-faire in cui affonda le sue radici il neo-liberismo economico, che vuole il mercato un’entita’ auto-regolante, queste pratiche regolanti e significanti lo scambio come atto sociale, sono state superate in favore di un’idea di scambio fra individui isolati mossi da reciproco egoismo.
Oggi la tendenza sembra nuovamente invertirsi.
Le predizioni dell’ideologia neo-liberista subiscono un’altra sonora sconfitta: non solo il mercato non si auto-regola, come dimostato dalla crisi delle banche del 2008, ma la produzione di beni per la societa’ sempre piu’ spesso viene organizzata da invidivui non egoisti attraverso la collaborazione e la condivisione delle proprie risorse, sia materiali che immateriali. Questa nuova (o forse originale) forma di cooperazione sociale si sta infatti diffondendo sempre piu’ nelle moderne societa’ occidentali.
Sembra anacronistico parlare di collaborazione e condivisione proprio durante la profonda crisi economica e politica che attanaglia il capitalismo Europeo, e in particolare quello Italiano da quasi un decennio ormai. Eppure un modello economico alternativo sembra emergere proprio nella quotidianita’ delle relazioni sociali instaurate fra le persone. Questo e’ quanto affermato dal saggista, attivista e guru delle nuove tecnologie Jeremy Rifkin nel suo ultimo libro “The Zero Marginal Costs Society”.
Attraverso queste pratiche di cooperazione sociale, gli individui producono il bene comune, ossia come definito dal Premio Nobel Elinor Ostrom, un bene che puo’ essere usufruito da tutti i membri di una comunità, o anche dalla società intera.
Come mostrato da Rifkin, complici di questa trasformazione sono le nuove tecnologie, in primis Internet, ma anche le nuove stampanti 3D in grado di autoreplicarsi che permettono potenzialmente ad ogni consumatore di prototipare e produrre il proprio prodotto in casa. Grazie a queste nuove tecnologie i consumatori hanno cominciato a condividere autonomamente i propri contenuti praticamente gratis e bypassando i mercati tradizionali.
La tesi di Rifkin è che, permettendo l’abbattimento dei costi marginali di produzione, queste nuove tecnologie possano minare alle basi il sistema produttivo capitalista. Il principio dei costi marginali e’ alla base della produzione in serie di massa e si fonda sull’idea delle economie di scala, ossia che vi sia una relazione fra l’aumento del numero di unita’ prodotte (appunto, la scala della produzione) e la diminuzione del costo medio unitario per la loro produzione. L’idea e’ intuitiva: immaginiamo di comprare tutte le macchine necessarie per produrre una torta. Se questi macchinari li usiamo una volta sola per produrre una torta, il costo di questa torta sara’ altissimo, ma se quei macchinari li usiamo ripetutamente, per produrre un numero adeguato di torte, allora il costo unitario della torta si abbasserà notevolmente.
Ne consegue che se desideri un singolo prodotto industriale, e’ molto più conveniente comprarlo che produrlo.
Grazie alle nuove tecnologie di produzione, questo principio economico non vale più. Esse permettono infatti al singolo consumatore di prototipare e produrre in piccole quantita’, anche in singole copie, a costi accessibili.
Questo significa che oggi puo’ essere piu’ conveniente prodursi un proprio singolo oggetto che comprarlo sul mercato.
Se portato alle estreme conseguenze, ci si puo’ immaginare una societa’ in cui milioni di persone producono e distribuiscono beni e servizi a costi quasi nulli.
E’ esattamente quello che fa Rifkin nel suo libro, in cui partendo da questo scenario, immagina una società in cui la logica organizzativa del Capitalismo moderno, fondata sulla grande industria multinazionale, viene rimpiazzata da un sistema produttivo localizzato costituito di micro-relazioni collaborative in cui le organizzazioni no-profit da un lato, e Internet dall’altro, creano quell’infrastruttura sociale coesa che permette di rispondere ai bisogni diffusi dei cittadini su scala locale e globale.
E’ veramente un mondo migliore quello che ci aspetta in cui si riuscira’ ad avere una produzione locale, sostenibile e collaborativa?
Elanor Colleoni
Ricercatrice Laboratorio Expo/Università Milano Bicocca
Approfondimenti
La Lecture di Jeremy Rifkin, che si tiene a Milano il 3 Settembre, prende in esame come, attraverso le nuove tecnologie, si stia creando un nuovo sistema produttivo collaborativo e non gerarchico, che si contrappone alle forme tradizionali di organizzazione di mercato orientate al profitto.
Il percorso di sociologia urbana guarda alle capacità delle smart city di ospitare e supportare nuove pratiche di relazione e produzione emergenti nella città post-fordista e basate su innovazioni tecnologiche quali il digital manufactoring, la stampante 3D, dove cooperazione e sviluppo di nuove forme di radicamento fanno intravedere visioni future di città post-industriali meno alienate e individualizzate.
Il futuro della società fra beni comuni e nuove disuguaglianze
Consigli di lettura
The Zero Marginal Cost Society di Jeremy Rifkin
In The Zero Marginal Cost Society, Jeremy Rifkin descrive come il continuo emergere di Internet stia spingendo la società verso un’era di servizi e beni pressoché liberi, portando allo sviluppo di un “Collaborative Commons” globale e il tramonto del capitalismo.