Oltre 300 persone, fra ospiti internazionali, mondo accademico e imprenditoriale, rappresentanti della sfera politica e cittadini, hanno partecipato ieri ad Altri lavori, altri lavoratori, la seconda edizione del Jobless Society Forum promosso da Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Una pluralità di voci e grande partecipazione hanno connotato questo momento di confronto internazionale sui temi del lavoro e della digital transformation, nella sede di viale Pasubio 5, a Milano.
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Susanna Camusso,
Segretario Generale CGIL «La tecnologia non è autonoma e indipendente, si può governare con una attività chiamata politica. Il lavoro ha in sé la necessità di costruire delle regole, non c’è un giorno magico nel futuro in cui tutto sarà diverso. E qui risiede il ruolo della politica: monitorare che non ci siano disuguaglianze e ricostruire le forme di rappresentanza del lavoro, ma non in ragione della demonizzazione dei fenomeni precedenti, ma con l’idea che l’essere lavoratore viene prima del tipo di mestiere e delle modalità con cui lo si fa. Per questo è necessario ragionare, sempre, in termini del diritto a essere rappresentati».
Giuliano Poletti, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali «L’innovazione e la tecnologia hanno sempre portato a una crescita dell’occupazione, lo dicono i dati: a oggi le imprese che hanno innovato sono quelle che hanno migliorato la competitività. Questa trasformazione ha una duplice natura, da un lato ci sono le opportunità che portano ricchezza, dall’altra c’è la sfida sulla sostenibilità sociale di un nuovo sistema economico. Per questo è importante accompagnare le imprese verso l’innovazione, sia nel campo della manifattura, asset fondamentale italiano, sia nei servizi, come l’automazione e l’Internet of Things. Il passato non è passato, ma il futuro è già arrivato: i nuovi mestieri devono garantire capacità di sviluppo, dobbiamo promuovere il cambiamento senza lasciare nessuno indietro».
Harry Armstrong, Head of Futures Nesta Foundation «Come sarà il futuro del lavoro? Secondo i dati elaborati in Gran Bretagna il 65% dei bambini che hanno frequentato nel 2016 scuole primarie, farà un lavoro che oggi non esiste. Per questo dobbiamo educare i più piccoli all’apprendimento di competenze e conoscenze che li rendano economicamente attivi. Cosa dovrebbero studiare? Fluidità nelle idee, capacità di prendere decisioni, originalità e pensiero critico»;
Antonio A. Casilli, Professore associato di Digital Humanities presso il Telecommunication College of the Paris Institute of Technology (Télécom ParisTech) «La centralità del gesto produttivo umano è irriducibile e rappresenta il motore per il funzionamento delle grandi piattaforme digitali. In quest’ottica, bisogna dunque parlare non di sostituzione ma di simbiosi tra gesto umano e operazione automatica. Quello che davvero sembra in pericolo non è il lavoro in sé, ma il suo inquadramento salariale. Si moltiplicano delle forme atipiche di lavoro precario, sottopagato, micro-remunerato, o gratuito. Contemporaneamente, si assiste alla dissoluzione delle categorie ereditate della cultura salariale del secolo scorso: l’impiego, la protezione sociale, il legame di subordinazione. Per aiutare il riassorbimento di questo squilibrio economico e culturale, è necessaria anche una regolazione pubblica che si appoggi sul riconoscimento del cambiamento radicale subìto delle attività produttive umane»;
Stefano Scarpetta, Direttore per Lavoro, Occupazione e Affari sociali dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) «Il vero punto non è quanti lavori scompariranno e quanti ne verranno creati, ma proprio quanta diseguaglianza sarà prodotta dall’innovazione tecnologica. La rivoluzione digitale premia chi ha competenze più elevate, lasciando indietro chi ha competenze più basse. Si crea quindi una frattura tra chi può accedere ai nuovi lavori ad alta competenza, alti salari e alte prospettive di carriera e chi non avendo queste skill sarà relegato nei lavori a bassa qualifica. Il nostro punto di vista è questo: i robot non portano necessariamente a una disoccupazione tecnologica massiccia ma a forti diseguaglianze. Assistiamo ormai a una forte polarizzazione nel mercato del lavoro».
Dieci i tavoli di lavoro che durante la giornata hanno discusso e preso in analisi altrettanti temi – competenze, culture, forme di welfare, mobilità professionali, mestieri, design, tecnologie, diritti, economie, forme di rappresentanza – per ripensare le sfide del lavoro nell’epoca delle macchine e dell’industria 4.0. Ecco una sintesi.
I tavoli del Jobless Society Forum:
- Tecnologie: se la tecnologia è uno strumento essenziale e strategico per la competitività del settore produttivo, occorre lavorare a un nuovo partenariato tra pubblico e privato, tra impresa e sistema scolastico, tra nativi digitali e professionalità basate su sistemi tradizionali. Solo così la tecnologia può rappresentare un motore di crescita e un vettore per costruire un nuovo patto sociale basato su democratizzazione, accesso e partecipazione quali nuovi capisaldi della cittadinanza digitale.
- Mestieri: alla difficoltà di creare modelli previsionali relativi alle trasformazioni del mondo del lavoro consegue la difficoltà strutturale di pensare percorsi formativi adeguati. A questo si può rispondere attraverso programmi di lifelong learning per imprese, dipendenti e singoli lavoratori, in un’ottica di ampliamento delle agenzie responsabili della formazione, nonché attraverso il sostegno allo sviluppo di “ecosistemi abilitanti” sul territorio capaci di valorizzare eccellenze e patrimoni locali e connetterli alla dimensione globale del mercato del lavoro.
- Economie: occorre ripensare le agende di politiche economiche indirizzandole al raggiungimento di obiettivi e strumenti che valorizzano la dimensione immateriale del benessere. Una risorsa inespressa che il settore pubblico non è ancora in grado di valorizzare sono i dati, le competenze e gli asset immobiliari che gli enti dovrebbero condividere per iniziative di interesse generale e sussidiarietà orizzontale. È necessario indirizzare gli strumenti finanziari e le istituzioni nel sostenere ecosistemi comunitari capaci di creare reti di valorizzazione di patrimoni e competenze come dispositivi di coesione e abilitazione di nuove progettualità locali. Il ruolo dell’educazione nella crescita dell’occupazione necessita un cambiamento di prospettiva verso politiche per la formazione attiva e volontaria: favorendo progetti sperimentali, esperienziali, di peering ed educazione tra pari.
- Competenze: è necessario implementare nuove forme di intermediazione tra sistema formativo e mondo del lavoro, incentivando l’apertura delle imprese verso pratiche di alternanza scuola-lavoro, trasferendo nella cultura aziendale le eccellenze dell’esperienza formativa, valutando e riconoscendo le competenze che si sviluppano al di fuori del sistema scolastico con l’obiettivo di trasferirle in moduli didattici, stimolando una domanda sociale e politica da parte della cittadinanza sul tema dell’educazione e delle competenze.
- Mobilità: si riscontra una mancanza di servizi e di ammortizzatori sociali che sostengano le fasi di transizione e aiutino, soprattutto i giovani, a gestire la mobilità professionale. Risulta pertanto prioritario investire nella formazione professionale continua, promuovere percorsi di mentoring in un’ottica di scambio generazionale tra giovani e over 50, potenziare per queste due categorie dispositivi che favoriscano l’entrata e l’uscita dal mondo del lavoro.
- Cultura: si riscontra un problema di riconoscimento sociale del lavoratore cultuale spesso legato a condizioni di lavoro ibride, tra innovazione sociale e culturale, tra informalità, grandi istituzioni e associazionismo. Occorre dunque ripensare alla sostenibilità di questi profili professionali definendo nuovi strumenti per la valutazione degli impatti, che non guardino solo a dati economici e quantitativi, ma anche qualitativi, al fine di facilitare anche la scalabilità dei progetti e il riconoscimento economico e sociale delle professioni cultuali.
- Design: le professioni del futuro hanno bisogno di un approccio flessibile, creativo e sperimentale, aperto ad una continua evoluzione: per questo è emersa l’opportunità di diffondere un approccio ispirato alla prassi multidisciplinare del design come apprendimento continuo applicato ai processi. Il designer si delinea come figura in grado di aiutare le aziende e le piccole imprese a ripensare il proprio modello di business nella gestione della complessità e a supporto della costruzione di scenari di futuro.
- Welfare: in un’epoca di frammentazione dello scenario lavorativo e di aumento di forme di lavoro non riconducibili a quelle tradizionalmente identificate con l’occupazione, occorre ripensare a modelli di welfare che tutelino il lavoratore, ma più in generale il cittadino in chiave universalistica, garantendo massima accessibilità alle tutele sociali, investendo sul territorio come luogo di espressione dei bisogni e ricomposizione delle diverse forme di welfare e valorizzando le diverse forme di cittadinanza attiva.
- Rappresentanza: alle tre macroquestioni identificate nella mancanza di universalità nelle tutele dei lavoratori, nella progressiva perdita di fiducia nelle tradizionali organizzazioni di rappresentanza, nell’assenza di coalizioni tra diverse forze e dunque nella partecipazione non strutturata dei lavoratori, si può rispondere con l’identificazione di tutele minime per chi lavora, a prescindere dalle categorie e dal contratto, e attraverso la fornitura di servizi per agganciare i lavoratori, stimolarne la partecipazione e favorire la formazione di nuove coalizioni.
- Diritti: l’avvento del digitale sta cambiando il nostro modo di esercitare i diritti, per questo potremmo trovarci di fronte all’esigenza di ridefinirne i paradigmi, anche alla base di nuove esigenze di tutela che nascono da questo contesto – come l’hate speech, ovvero l’incitamento all’odio o il diritto all’oblio e alla disconnessione. Una delle soluzioni proposte è di creare o rinforzare i presidi culturali, per costruire una maggiore sensibilità sociale sui temi ed evitare eccessi normativi. Il cambiamento digitale non ha mutato profondamente l’esercizio delle nostre libertà, ma richiede una riflessione sui nuovi attori che influenzano la contemporaneità per includerli nei processi.
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Cos’è il Jobless Society Forum \
Il passaggio dalla terza alla quarta rivoluzione industriale obbliga a ripensare l’immagine e le sfide che oggi ci propone l’esperienza del “lavorare”.
Siamo passati dall’era dell’agricoltura, in cui la “materia prima” era la terra, a quella dell’industria con il ferro, per arrivare all’epoca dell’informazione dove i dati alterano il funzionamento dei sistemi economici, sociali e politici. La rivoluzione 4.0, infatti, implica un processo di trasformazione indotto dai meccanismi di automazione e digitalizzazione delle tecnologie, attuali e future, che modificano le nostre modalità di vivere, convivere e lavorare e che inducono un continuo adattamento per affrontare in maniera efficiente i cambiamenti epocali che interessano il mercato del lavoro.
Il Jobless Society Forum, di cui Fondazione Giangiacomo Feltrinelli propone la sua seconda edizione intitolata Altri lavori – 30 maggio, in viale Pasubio 5 a Milano -, nasce per mettere a sistema, attorno al tema del futuro del lavoro, conoscenze, esperienze, soluzioni della comunità scientifica, dei decisori politici, dell’imprenditoria e delle parti sociali.
L’obiettivo è anticipare scenari e immaginare alternative possibili, in base alle tendenze economiche, politiche e sociali del presente e su tre diversi livelli:
– Sul piano del fenomeno e dunque sulla portata trasformativa della quarta rivoluzione industriale in termini di nuove tecnologie, nuovi mestieri e nuove economie;
– Sul piano dell’agire individuale, della formazione, della realizzazione di sé nel quadro di uno slittamento semantico dal lavoro ai “lavori”, con particolare accento su competenze, mobilità, cultura & creatività, design;
– Sul piano della responsabilità collettiva resta la necessità di costruire un legame sociale, un patto tra individui in cui il senso di futuro è dato anche dalla capacità di includere e dalla volontà di farsi carico di chi rischia di essere espulso dal mercato del lavoro o di restarne ai margini. Al centro welfare, rappresentanza, diritti.
Tavoli di lavoro \
I dieci tavoli del Jobless Society Forum nascono allo scopo di interrogare pratiche ed esperienze che si stanno sviluppando negli interstizi generati dalla rivoluzione 4.0: convocare la ricerca, le parti sociali, i protagonisti del lavoro, il mondo delle imprese e i policy maker per anticipare scenari e immaginare insieme soluzioni possibili.
I tavoli si articolano intorno a dieci parole chiave a partire da tre piani di indagine e di intervento:
Sul piano del fenomeno e dunque sulla portata trasformativa della quarta rivoluzione industriale in termini di:
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ALTRE TECNOLOGIE \
Nuove tecnologie tipiche dell’Industria 4.0 che inducono un processo di metamorfosi dei modi di vivere, convivere e lavorare, alterando i tradizionali modus operandi dei sistemi economici e politici.Additive manufacturing, Robotica collaborativa, Cloud computing, Big Data, Intelligenza artificiale, Machine Learning, Internet of Things, Realtà aumentata, Deep Learning, Digital Social Innovation: queste e altre evoluzioni tecnologiche e digitali rappresentano i dispositivi chiave dell’industria 4.0 e più in generale delle trasformazioni dei tessuti economici e produttivi.
Un paradigma che evolve e modifica i sistemi di interazione sociali, i comportamenti e le preferenze dei consumatori, i luoghi e i tempi di lavoro, i sistemi economici e politici, i modelli di business. Tutti i settori della società, senza nessuna esclusione, stanno di fatto subendo un processo di metamorfosi del loro tradizionale modus operandi a fronte dei ritmi dettati e dei benefici risultanti dalle innovazioni tecnologiche. Flessibilità, velocità, produttività, qualità e competitività sono tutti tratti distintivi della tecnologia che sta rivoluzionando la società contemporanea.
A partire dalle trasformazioni in corso e dalle modalità con cui tali tecnologie si relazionano e convivono con l’essere umano, risulta necessario ripensare il funzionamento delle “fabbriche” e il valore del “saper fare”.
Questa riflessione è utile a reinterpretare il quadro cognitivo in cui persone, macchine e servizi digitali interagiscono in uno scenario di crescita di opportunità ancora inesplorate. Se da un lato infatti la tecnologia generano le ormai note preoccupazioni sul futuro dell’occupazione, dall’altro lato dobbiamo riflettere e interrogarci sulle politiche e le regole utili ad indirizzare il rinnovato rapporto tra uomo e macchina in modo da massimizzare gli impatti positivi per l’ambiente, l’economia e la società.
MATERIALI DI APPROFONDIMENTO
Stokes M., Baeck P., Baker T. (2017), What next for digital social innovation? Realising the potential of people and technology to tackle social challenges, Nesta.
Bain & Company (2016), Spatial economics: the declining cost of distance.
Assolombarda (2016), Approfondimento sulle tecnologie abilitanti l’Industria 4.0
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ALTRI MESTIERI \
Nuovi mestieri che nascono a partire dai bisogni e opportunità della Quarta Rivoluzione Industriale e dall’ibridazione di competenze tradizionali e digitali.Uno studio condotto dal World Economic Forum prevede che 7 milioni di lavori scompariranno prima del 2020 a causa dell’innovazione artificiale, della robotica, della nanotecnologia e più in generale dell’automazione. Al contempo le stesse tecnologie creeranno 2.1 milioni di nuovi posti di lavoro, con un saldo negativo, quindi, che vede scomparire 4.9 milioni di posizioni lavorative.
La storia non è tuttavia nuova a queste previsioni. Molte volte negli ultimi 200 anni studiosi e attivisti hanno avvertito che la società stava per esaurire i posti di lavoro: per esempio, i luddisti nel XIX secolo, il Segretario del lavoro degli Stati Uniti James Davis a metà degli anni ’20 e il Premio Nobel per l’economia Wassily Leontief nel 1982. Molti lavori sono in effetti scomparsi, soprattutto nel settore primario, ma al contempo sono nate nuove industrie che in pochi avevano previsto potessero svilupparsi.
La Quarta rivoluzione industriale, assieme ai suoi nuovi bisogni e orizzonti produttivi, genererà opportunità di lavoro. Di alcune non riusciamo ancora a percepire i contorni; altre invece derivano dall’evoluzione di profili tradizionali, oggi chiamati a misurarsi con la rivoluzione digitale e ad adottare nuove strategie di posizionamento sul mercato.
La meccanizzazione produttiva ha cambiato e cambierà principalmente i lavori di routine e manuali, ma gradualmente la digitalizzazione e le applicazioni dell’intelligenza artificiale stanno modificando anche i lavori cognitivi.
In questo panorama di ibridazione tra uomini e macchine, tra tradizione e innovazione è utile tracciare una cartografia dei mestieri 4.0, riflettendo sulla natura adattativa del lavoro, sulle posizioni che stanno scomparendo e su quelle che stanno invece cambiando pelle per adeguarsi alle nuove prospettive.
MATERIALI DI APPROFONDIMENTO
CGIL, Carta dei Diritti Universali del Lavoro.
Oxfam Italia, Università degli Studi di Firenze, Istituto Internazionale per i Diritti Umani e Pace di Cean, Regione Normandia, Regione Istria, Regione Toscana (2016), Realtà Virtuale, Diritti Concreti.
Levin I. (2014), Will technology transform the human rights movement?, OpenDemocracy
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ALTRE ECONOMIE \
Nuove economie nella loro accezione di hard e soft skills che necessitano, in una logica di lifelong learning, di un continuo processo di aggiornamento per l’acquisizione di modelli formativi aperti e flessibili.La tecnologia ha da sempre rappresentato il fattore chiave di sviluppo dei paradigmi economici del XX e XXI Secolo. La varietà di questi paradigmi, sviluppatasi in concomitanza con l’evoluzione dei modelli sociali, alimenta un terreno di riflessione sulle opportunità che esse generano e le sfide che esse impongono. È vero che le economie generano nuove industrie (blue economy, sharing economy, circular economy, gig economy), creando occupazione e dando vita a nuove figure di lavoratori; ma al contempo tali settori faticano ad includere in maniera efficiente una parte significativa di popolazione, intrappolata nei meccanismi cognitivi delle economie tradizionali.
La sfida principale è l’ampliamento delle formule di sperimentazione e co-produzione tra pratiche imprenditoriali e politiche abilitanti: dalle tecnologie alla promozione di nuovi modelli d’impresa, di finanza sostenibile, di innovazione sociale nella produzione di beni e servizi tradizionali. Una sfida che impone la ricerca di un’azione congiunta tra diversi attori per trovare soluzioni efficienti, abilitando ecosistemi competenti utili a promuovere “dal basso” progettualità ed investimenti, includendo le diverse componenti della nostra società, sviluppando un mercato del lavoro competitivo e flessibile rispetto alle repentine innovazioni tecnologiche e culturali. Alla prospettiva di un mondo sempre più tecnologico può corrispondere un mondo di disoccupazione?
In questo scenario policy maker, regolatori ed operatori privati condividono la responsabilità nel promuovere nuove economie capaci di rigenerare le capacità di imprese e lavoratori, creando nuovi prodotti e servizi sostenibili, promuovendo comportamenti utili a massimizzare benefici sistemici e forme virtuose di interazione sociale.
MATERIALI DI APPROFONDIMENTO
Mulgan G. (2017) Thesis, antithesis and synthesis: A constructive direction for politics and policy after Brexit and Trump, Nesta.
Monbiot G. (2017), This is how people can truly take back control: from the bottom up, theguardian.
Martin C., Starace F., Tricoire J.P. (2017), The Future of Electricity New Technologies Transforming the Grid Edge, World Economic Forum.
Sul piano dell’agire individuale, della formazione, della realizzazione di sé nel quadro di uno slittamento semantico dal lavoro ai “lavori” e di una transizione di modelli di vita lineari— nasciamo, andiamo a scuola, facciamo parte della forza lavoro, andiamo in pensione, e alla fine, moriamo — a modelli di vita ciclici in cui “siamo impegnati ad imparare, a lavorare, a goderci il tempo libero in un ciclo che si ripete” per tutta la nostra vita. Diventano qui decisive le parole-chiave:
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ALTRE COMPETENZE \
Competenze nella loro accezione di hard e soft skills che necessitano, in una logica di lifelong learning, di un continuo processo di aggiornamento per l’acquisizione di modelli formativi aperti e flessibili.La tecnologia, nella sua natura ambivalente di generatrice di nuove posizioni di lavoro e distruttrice di professioni, apre un terreno di riflessione su quali siano le competenze di base, le competenze trasversali (soft skills applicabili in una logica di replicabilità e trasversalità su più professioni) e le competenze tecnico-professionali che guideranno nei prossimi anni l’offerta del mercato del lavoro.
La carenza di professionisti digitali per gli “altri mestieri” della rivoluzione 4.0, avvertita maggiormente nel nostro Paese rispetto al resto dell’Unione Europea, associata alla necessità di accompagnare l’attuale forza lavoro all’acquisizione di competenze richieste dalla Quarta Rivoluzione Industriale impone un cambiamento di paradigma nei processi di apprendimento dei singoli individui a favore della logica del “lifelong learning”. Parlare di “altre competenze” significa dunque riflettere anche sul design di modelli formativi, aperti e flessibili, che consentiranno agli individui di aggiornare il proprio skill set e restare competitivi in un mercato del lavoro in continua trasformazione.
La grande sfida risiede nel mappare e comprendere le competenze chiave richieste dal mercato del lavoro e da qui progettare nuove forme di sviluppo delle “altre competenze” per rendere l’aggiornamento un processo accessibile a tutti, per ri-connettere il cittadino al mondo del lavoro, evitare fenomeni di skills mismatch e processi di polarizzazione della forza lavoro.
MATERIALI DI APPROFONDIMENTO
Kant S. (2017), The skills you need to succeed in the digital economy, and how to get them, World Economic Forum.
OECD (2017), Skills for a Digital World.
D’Alessandro J. (2017), A scuola per il futuro. Cosa studiare per non essere impreparati quando la tecnologia rivoluzionerà il lavoro, La Repubblica.
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ALTRE MOBILITÀ PROFESSIONALI \
Mobilità che si manifesta in crescenti forme di lavoro “non-standard”, nell’evoluzione del concetto di flessibilità e nella transizione verso modelli di vita ciclici.La Quarta rivoluzione industriale – tecnologica e sociale – cambierà il nostro rapporto col lavoro rendendolo più eterogeneo, fluido e instabile. Ciò implica una transizione da modelli di vita lineari – nasciamo, andiamo a scuola, facciamo parte della forza lavoro, andiamo in pensione e moriamo – a modelli di vita ciclici, in cui “siamo impegnati ad imparare, a lavorare, a goderci il tempo libero in un ciclo di vita che si ripete”. Per questo occorre sia dare supporto alla mobilità professionale e alla flessibilità sia dare sostegno alle altre forme contrattuali per forme di lavoro “atipiche”.
Le crescenti forme di lavoro “non-standard”, in un’economia sempre più decentralizzata che sperimenta e alimenta nuove professionalità, rimodellando il rapporto tra il datore di lavoro e il prestatore d’opera, sempre più a tempo parziale, instabile e in continua trasformazione professionale, induce a riflettere su come il concetto di flessibilità stia evolvendo e a comprendere quali forme contrattuali debbano essere adottate per mitigarne le sue principali conseguenze: la precarietà e il dualismo tra lavori protetti e non protetti.
Allo stesso tempo un mercato del lavoro più instabile e dinamico ci spinge a indagare misure e azioni che dovranno essere implementate per gestire efficacemente la flessibilità tra diversi lavori con differenti tipologie contrattuali.
MATERIALI DI APPROFONDIMENTO
Veneziepost (2017), Industria 4.0: come cambia l’azienda, come cambia il lavoro.
Galanti t. (2017), Flessibilità al lavoro: tra rischio e protezione, State of Mind.
Manfredi T. (2017), La flessibilità che serve al lavoro e qual è il vero difetto del Jobs Act, Econopoly.
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ALTRE CULTURE \
Cultura settore di sperimentazione di attività produttive che negli ultimi anni hanno generato valore economico e nuove professionalità fra tecnologia e creatività.Cultura, creatività, innovazione, economia della conoscenza, lavoro culturale e cognitivo sono parole che da qualche tempo ricorrono nelle descrizioni di chi si occupa di imprese culturali, industrie creative e di produzione contemporanea.
Creatività e cultura sono infatti gli attributi di una serie di attività produttive capaci, da un lato, di produrre valore economico e, dall’altro, di incidere sugli spazi della città, di avvalersene e di modificarli, spesso innestandosi in quelli che erano stati gli spazi della produzione artigianale e industriale, trasformandoli in centri di servizi avanzati e in spazi che ospitano forme innovative di produzione di conoscenza: studi di progettazione, spazi multifunzionali con attività di ristorazione, gallerie d’arte, spazi espositivi, dell’editoria e della produzione di contenuti multimediali, teatri di posa, laboratori e set fotografici, spazi commerciali, co-working, fab-lab e maker space.
Le molteplici dimensioni della creatività e della cultura, la difficoltà di definirne la natura e di misurarne l’entità e gli impatti, rendono molto labile il confine tra produzione, consumo e vendita, e contribuiscono ad una commistione sempre maggiore tra competenze professionali diverse e ad una sovrapposizione estrema tra percorsi e tempi di vita, della formazione e del lavoro.
Per questo è urgente coltivare competenze professionali legate al mercato dei lavori culturali e creativi, attraverso lo sviluppo di un sistema educativo multidisciplinare che combini discipline scientifiche, artistiche e creative con il progresso tecnologico e i processi di digitalizzazione.
MATERIALI DI APPROFONDIMENTO
Sleeman C., Windsor G. (2017), A closer look at creatives, Nesta.Visco Ignazio (2017), Perché con la cultura si può mangiare, La Repubblica.
e Heusch S., Dubetz E. (2017), Creative arts and cultural professions within the Europe 2020 Strategy, Smarteu Pour la Solidarietè).
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ALTRI DESIGN \
Design in quanto disciplina in grado di interpretare e progettare, in chiave funzionale, le interazioni fra persone e artefatti tecnici tipiche dell’industria 4.0.Oggi le interazioni tra persone e artefatti tecnici, digitali e non, sono pervasive e sempre più complesse e alla loro qualità si lega strettamente la salute e il benessere delle società contemporanee. La capacità di interpretare e progettare queste interazioni assume un’importanza crescente di fronte alle sfide sociali ed economiche che abbiamo di fronte – inclusa la sfida che l’industria 4.0 sta lanciando all’organizzazione e al senso del lavoro.
La figura del designer per come si è evoluta negli ultimi anni, potrebbe avere un ruolo importante nella gestione del cambiamento. Il suo approccio multidisciplinare lo aiuta a orientarsi nell’intreccio talvolta inestricabile di umanità e tecnica, di fisico e digitale, di funzione ed emozione; la sua attitudine creativa gli consente di elaborare soluzioni appropriate ai problemi che questo intreccio genera ed è per questo che la sua figura ha un ruolo di primo piano nel comprendere il futuro del lavoro.
Sul piano della responsabilità collettiva qualunque sia lo scenario – anche quello più fosco – resta la necessità di costruire un legame sociale, un patto tra individui in cui il senso di futuro è dato anche dalla capacità di includere, dalla volontà di farsi carico di chi rischia di essere espulso dal mercato del lavoro o di restarne ai margini.
Le parole chiave sono in questo caso:
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ALTRE FORME DI WELFARE \
Welfare per analizzare forme di assistenza e tutela che siano idonee a supportare i cittadini-lavoratori in condizioni di fragilità e valide sostitute delle tradizionali politiche sociali.La rivoluzione 4.0 ha conseguenze non solo sulla ridefinizione del concetto di lavoro, ma anche sulle garanzie che è necessario e possibile mettere in campo per tutelare sia quanti sono esclusi da un mondo del lavoro che premia sempre più le competenze cognitive e le soft skills, sia i lavoratori dei “nuovi” e “altri” lavori creati dalla rivoluzione tecnologica, esclusi dalle tradizionali forme di welfare. Se la cittadinanza include tutti i lavoratori, allora è fondamentale risolvere la questione delle garanzie.
L’introduzione di nuove tecnologie nel mondo del lavoro può avere conseguenze positive per i lavoratori, ma può anche portare alla crescita di diseguaglianze economiche e sociali. A fronte di uno scenario in cui sembra che, nel giro di qualche anno, gran parte del lavoro degli esseri umani verrà svolto da robot, e in cui assistiamo a un arretramento delle politiche di welfare tradizionali, molti studiosi, osservatori e professionisti si interrogano su quali siano le forme di assistenza e tutela sociale più idonee per supportare i lavoratori che verranno coinvolti nella Quarta rivoluzione industriale.
Alcuni sostengono la tesi di un reddito di base universale, con sperimentazioni già in corso nella Silicon Valley e nei paesi scandinavi, altri di «robot contribuenti» per finanziare programmi di riqualificazione professionale, taluni stanno sperimentando nuove forme di welfare comunitario basato sul concetto di co-produzione dei servizi e talaltri parlano di un nuovo-mutualismo.
In tale contesto fondamentali sono i modelli di governance multi-attoriali e multi-livello in cui i diversi soggetti collaborano e definiscono obiettivi comuni per far fronte in maniera integrata alle sfide sociali indotte dall’era della tecnologia.
MATERIALI DI APPROFONDIMENTO
Franca Maino e Maurizio Ferrera (2015), Secondo Rapporto sul secondo welfare in Italia, Percorsi di secondowelfare.
Garnerno A. (2016), La chimera del reddito di cittadinanza annebbia il dibattito sul welfare, Il Foglio.
Kirchmayr R. (2017), Il reddito di cittadinanza è una trappola contro i poveri, L’Espresso.
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ALTRE FORME DI RAPPRESENTANZA \
Rappresentanza e sue nuove forme a fronte della frammentazione del lavoro, della crisi delle identità collettive e del processo di trasformazione di disintermediazione che ha investito sindacati e corpi intermedi.La rappresentanza degli interessi si trova ad affrontare processi che possiamo chiamare di disintermediazione, ovvero una progressiva perdita di ruolo dei soggetti che mediavano tra interessi economici e sociali e decisore pubblico. Dopo la lunga fase storica che ha avuto per protagonista la concertazione, con la disintermediazione assistiamo a un profondo cambiamento di scenario, a cui si aggiungono le conseguenze della crisi economica e della competizione globale.
A partire dall’analisi delle cause e delle conseguenze di questi fenomeni, la riflessione si svilupperà su tre assi: la frammentazione del lavoro, la crisi delle identità collettive e l’avvento delle tecnologie digitali.
In un contesto in cui il lavoro e le identità sono sempre più frammentate, infatti, è sempre più difficile per i corpi intermedi rappresentare gli interessi diffusi nella società. Forse le nuove tecnologie potranno svolgere un ruolo di coordinamento per quanti sono esclusi dai tradizionali canali di rappresentanza.
Più in generale, ci chiederemo come evolve il concetto di rappresentanza nella Jobless Society: quali forme di rappresentanza per i nuovi lavori e quali forme di rappresentanza per il mondo imprenditoriale.
MATERIALI DI APPROFONDIMENTO
Guerrini F. (2016), Foodora e gli altri: i mille volti della “gig-economy”, La Stampa.
Paolini R. (2016), Gig Economy, se il lavoro digitale ci riporta all’Ottocento, pagina99
Zan S. (2014), Declino della rappresentanza e disintermediazione degli interessi, Italianieeuropei
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ALTRI DIRITTI \
Diritti sia con particolare riferimento al diritto al lavoro e alla sua tutela nell’ambito della rivoluzione 4.0, sia in riferimento alle dinamiche di accesso democratico e cittadinanza consapevole per cittadini e lavoratori dell’era digitale.Le nuove tecnologie stanno rivoluzionando (anche) le modalità di attivazione dei diritti; la partecipazione individuale e collettiva alla discussione pubblica è sempre più alimentata da Internet nel suo ruolo di vettore di democrazia e cittadinanza, e la mancanza di un accesso stabile e duraturo alla rete equivale in molti Paesi all’impossibilità di partecipare attivamente al dibattito pubblico e implica forme di esclusione sociale. Inoltre, negli ultimi anni si è discusso sempre di più di nuove forme di partecipazione digitale alla sfera pubblica: voto e consultazioni online potrebbero cambiare per sempre gli strumenti della democrazia e sancire l’avvento della e-democracy.
Nel loro ruolo di abilitatori di nuove forme di socialità e di sviluppo, le tecnologie rappresentano anche strumenti per la promozione e protezione dei diritti umani. Basti pensare al ruolo svolto da Internet per dar voce alla richiesta di diritti e di democrazia in tante situazioni dove si negano la libertà di espressione e di associazione e i diritti fondamentali dell’uomo.
Tuttavia non bisogna dimenticare come la tecnologia sia al tempo stesso uno strumento di minaccia degli stessi diritti. Il suo arrivo ha garantito costante reperibilità e localizzazione imponendo riconsiderazioni importanti: dal diritto alla privacy a quello dell’oblio, per arrivare al paradosso del diritto alla disconnessione. Diventano quindi necessarie nuove forme di tutele che tengano in considerazione l’impatto del digitale.
In questo contesto, con una società civile interconnessa e transfrontaliera, la perdita di lavori dovuta all’automazione e la nascita di nuove professioni connesse al digitale portano a domandarsi se il diritto al lavoro, fondamentale nel corso del ‘900, sia destinato ad estinguersi o a sciogliersi in altre forme di welfare.
MATERIALI DI APPROFONDIMENTO
CGIL, Carta dei Diritti Universali del Lavoro.
Oxfam Italia, Università degli Studi di Firenze, Istituto Internazionale per i Diritti Umani e Pace di Cean, Regione Normandia, Regione Istria, Regione Toscana (2016), Realtà Virtuale, Diritti Concreti.
Levin I. (2014), Will technology transform the human rights movement?, OpenDemocracy
Keynote speakers \
Susanna Camusso
Nel 1975 diventa coordinatrice per Milano delle politiche per la formazione della Flm, allora categoria unitaria dei metalmeccanici di Cgil, Csil e Uil. Nel 1977, entra nella Fiom, la categoria dei metalmeccanici della Cgil. Nel 1993 entra nella segreteria nazionale della Fiom come responsabile del settore auto prima e in seguito della siderurgia. Nel 1997 viene eletta segretaria generale della Flai Lombardia, la categoria dei lavoratori del settore agroalimentare. Nel 2001 diventa segretario generale della Cgil Lombardia. Accanto all’attività sindacale, è forte l’impegno sulle questioni femminili: insieme a un gruppo donne, nel novembre del 2005, fonda il movimento ‘Usciamo dal silenzio’.
Nel 2008 entra nella Segreteria Confederale nazionale con la delega ai settori produttivi e nel 2010 viene eletta, prima donna nella storia della Cgil, segretario generale.
Alessandro Tommasi
Classe 1985, Alessandro Tommasi ha una solida esperienza nell’ambito del public affairs. Dal 2016 è il Public Policy Manager di Airbnb Italia, piattaforma leader per la condivisione affidabile di alloggi unici in tutto il mondo, dopo 4 anni passati alla corte di CattaneoZanetto&Co, la società di consulenza leader del lobbying tricolore. Laureato in Commercio internazionale alla Statale di Milano, Alessandro si specializza successivamente presso l’ISPI e la London School of Economics. L’incontro con la professione avviene durante gli anni dell’università’, quando è assistente al Parlamento Europeo; rientrato da Bruxelles, lavora nell’ufficio relazioni istituzionali di Confindustria. Editorialista del quotidiano online The European Post, tiene regolarmente seminari e docenze sui temi del public affairs e fra gli argomenti di sua competenza rientrano protezione dei dati e cyber security, commercio elettronico, copyright e diritto d’autore.
Giuliano Poletti
Giuliano Poletti è nato a Imola il 19 novembre 1951. Conseguito il diploma di perito agrario, in gioventù esercita l’attività di tecnico agricolo. Nel 1975 viene eletto consigliere comunale a Imola. Successivamente ricopre l’incarico di assessore alle attività produttive e di consigliere provinciale a Bologna.
All’impegno politico-amministrativo affianca quello professionale, esercitato in qualità di presidente dell’ESAVE (Studi e promozione della viticoltura e dell’enologia per l’Emilia Romagna). Eletto presidente della Legacoop di Imola nel 1989, lascia l’incarico a settembre del 2000 per assumere quello di Presidente Regionale Legacoop e Vicepresidente Nazionale.
Dal 1992 al 2000 è stato, inoltre, presidente di EFESO, l’Ente di Formazione della Legacoop Emilia Romagna.
Prima di assumere l’incarico di Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali è stato Presidente di Legacoop Nazionale, Presidente di Coopfond (fondo per la promozione cooperativa di Legacoop) e Presidente dell’Alleanza delle Cooperative, il coordinamento unitario nazionale costituito dalle organizzazioni di rappresentanza della cooperazione AGCI, Confcooperative e Legacoop.
Antonio A. Casilli
Professore associato al College di Telecomunicazioni del Paris Institute of Technology (Telecom ParisTech) e ricercatore presso la Scuola di Studi Avanzati in Scienze Sociali (EHESS) di Parigi. Ha coordinato numerosi progetti di ricerca internazionali su piattaforme digitali e diritti fondamentali (privacy, lavoro, salute). Fra le sue pubblicazioni: Stop Mobbing (DeriveApprodi 2000), Les liaisons numériques (Ed. du Seuil 2010) e Qu’est-ce que le digital labor? (INA, 2015).
Stefano Scarpetta
Dopo la laurea all’Università La Sapienza di Roma, Stefano Scarpetta ha conseguito un Master of Science in Economics presso la London School of Economics e un Dottorato in Scienze Economiche del Département et Laboratoire d’Economie Théorique Appliquée (DELTA) dell’Ecole des Hautes Etudes in Science Sociales di Parigi. Nel 1991 inizia la sua esperienza all’OCSE, dove ha partecipato a importanti progetti di ricerca. Nel 2002 passa alla Banca Mondiale, dove lavora come lead economist e consigliere per le politiche del lavoro, coordinando il programma su Occupazione e Sviluppo e dirigendo programmi di ricerca sulle politiche per migliorare il clima degli investimenti e la concorrenza sui mercati di beni e servizi. Nel 2006 torna all’OCSE, ricoprendo diversi incarichi: capo della divisione responsabile di Cina, India, Giappone, Corea, Messico, Portogallo, Danimarca e Svezia; capo della divisione per il lavoro e l’occupazione e capo redattore della pubblicazione annuale “Prospettive dell’Occupazione dell’OCSE”. Attualmente è Direttore della Direzione per l’occupazione, il lavoro e le politiche sociali. È co-direttore del programma di ricerca “Employment and Development” dell’Institute for the Study of Labour (IZA) di Bonn, Germania, ed è membro del comitato scientifico del Ministero del Lavoro francese. Pubblica articoli per riviste scientifiche e curato diversi libri su occupazione, mercato del lavoro, relazioni industriali, crescita economica.
Harry Armstrong
Membro cofondatore del Cambridge University Science and Policy Exchange (CUSPE). Da gennaio 2015 collabora con Nesta dove è responsabile delle attività di sviluppo della Fondazione, esplorando i potenziali impatti delle tecnologie e delle innovazioni emergenti, come l’intelligenza artificiale, sull’industria, la società e l’economia con l’obiettivo di sostenere un’innovazione responsabile in molti settori di mercato. La sua ricerca riguarda l’apprendimento automatico, la sicurezza informatica e l’Internet of Things applicata ai nanosatelliti. Guida il pensiero di Nesta sullo sviluppo etico e responsabile dell’intelligenza artificiale e sull’apprendimento delle macchine, contribuendo allo sviluppo di policy. Organizza la serie di eventi di Nesta che esplorano le tecnologie emergenti ed è parte del team che organizza FutureFest, festival di punta di Nesta sul futuro.
Matteo G.P. Flora
Matteo G.P. Flora è fondatore di The Fool, società Leader italiana per la Reputazione Online e per la Tutela di Reputazione ed Asset Digitali. Con The Fool si occupa della creazione di prodotti e tecnologie per:
Professore a Contratto in Open Source Intelligence nell’ambito del Master di II livello in Intelligence Economico Finanziaria dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” ed è stato selezionato dal Governo Americano per partecipare all’International Visitors Leadership Program 2012, prestigioso programma di cooperazione internazionale che seleziona personaggi nel mondo che possono portare maggiore consapevolezza e cooperazione tra gli Stati Uniti e l’Italia.
Figura di rilievo nella divulgazione su temi di informatica e reputazione online è attivo in una serie di side-projects nel mondo delle startup e dell’attivismo online: Socio Fondatore di Hermes Centro Studi Trasparenza e Diritti Umani Digitali, il progetto che ha dato vita alla piattaforma GlobaLeaks per il WhistleBlowing; Mentor e Advisor nell’Incubatore romano LUISS-Enlabs; Membro del Comitato Scientifico di OPSI; Socio e Mentor in varie startup.
Ha svolto per anni il ruolo di Perito Forense per la Magistratura, prevalentemente per la Guardia di Finanza.
La sua azienda si occupa di contrasto alla Pirateria Online ed Enforcing del Diritto d’Autore.
Francesco Zanot
Critico fotografico e curatore, ha lavorato a mostre e pubblicazioni con alcuni fra i maggiori fotografi italiani e internazionali, tra cui le personali di Alec Soth (Triennale, Milano), Olivo Barbieri (Palazzo Ducale, Genova), Takashi Homma (21st Century Museum of Contemporary Art, Kanazawa).
Attualmente consulente di Contrasto per le attività espositive e responsabile delle attività didattiche della Fondazione FORMA per la Fotografia, è docente di Storia della Fotografia presso l’Università IULM di Milano.
Ha tenuto conferenze e seminari su teoria e storia della fotografia presso la Columbia University di New York, l’American Academy di Roma, l’Università degli Studi di Milano.
È contributing editor di Fantom – Photographic Quarterly.
Marco Caddeo
Marco Caddeo nasce a Ghilarza, nel cuore della Sardegna. Attratto dalla sociologia dei processi culturali e dai suoi risvolti filosofici, nel 2010 si laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Cagliari e nel 2013, con relatore Gianni Canova, in Cinema, Tv e New media all’università IULM di Milano, discutendo una tesi dal titolo Nictofobia e Nictofilia nelle immagini del cinema muto. Dopo il percorso di studi inizia a lavorare come filmmaker indipendente in Italia, spostandosi spesso all’estero, dove cura la regia e la fotografia di docu-film, reportage e cortometraggi. Il Nepal, l’India, la Bosnia-Erzegovina e l’Ecuador sono tra le mete che contribuiscono a coltivare il suo spirito critico verso l’immagine, verso l’identità che una stessa immagine può assumere al mutare dello sguardo e verso la realtà e i suoi abitanti.
Oltre alla dedizione per la fotografia, da qualche anno si dedica alla scrittura e alla realizzazione di format web nel campo del design collaborando con magazine e testate nazionali.
Nel 2016 è stato docente nel Master Internazionale di Giornalismo Crossmediale allo IULM di Milano, in collaborazione con altri professionisti come Michelangelo Frammartino e Claudio Cippelletti. Dal 2015 lavora, presso lo stesso ateneo, nel Laboratorio di Comunicazione Efficace.
Cristina Tajani
Laureata presso l’Università Bocconi in Discipline economiche e sociali, ha conseguito il dottorato di ricerca in Scienze del lavoro presso l’Università degli studi di Milano. È specializzata in economia del lavoro, sociologia economica, relazioni industriali. Come ricercatrice ha dedicato particolare interesse ai metodi quantitativi per la valutazione delle politiche pubbliche. Ha lavorato per diverse università e centri di ricerca (Università di Milano, Università Bicocca, Istituto di ricerca sociale) e per l’Ufficio Studi della Camera del Lavoro di Milano. È stata Italian correspondent dell’EIRO (European Industrial Relations Observatory) per il triennio 2007-2011. Nel 2011 viene nominata dal Sindaco Giuliano Pisapia Assessore al lavoro, sviluppo economico, università e ricerca, con delega alla Moda e Design e innovazione. Nel 2016 è confermata al governo della città dal sindaco Giuseppe Sala, che l’ha nominata Assessore a Politiche del lavoro, Attività produttive, Commercio e Risorse umane.
Nicola Baraglia
Nato nel 1983 ad Iglesias, frequenta il Master in restauro di pellicole cinematografiche e dei cosiddetti “home movies”, i film di famiglia. Da questo percorso nasce Pietranera, il suo primo documentario, che racconta la storia di suo padre e delle lotte lavorative in Sardegna. Successivamente si specializza in Cinema, Televisione e New Media all’Università Iulm di Milano.
Dopo la laurea inizia a collaborare con in più importanti media nazionali, girando il mondo assieme ai colleghi della Natia Docufilm, curando la fotografia per diverse storie di stampo documentaristico.
Dal ventennale del genocidio in Bosnia con In Utero Srebrenica, passando per Appunti sulla felicità in Afghanistan e Pakistan, il suo ultimo viaggio lo porta in India per firmare la fotografia di un racconto sulle spose bambine. I suoi lavori non si fermano al genere del documentario, ma raccontano anche l’arte, il design ed il tema del lavoro in diverse sue forme. Nel 2015, anno di Expo a Milano, lavora con il regista Peter Svatek per il film Theater of Life. La sua storia personale lo porta ad aver un attento e sensibile sguardo, trova empatia per i volti e per le storie degli “invisibili”, per quelli della gente comune.
Leggi il programma \
Programma seconda edizione JSF – 30 maggio 2017
Moderazione dell’intera giornata a cura di Guido Romeo, Giornalista Il Sole 24 Ore
9.00 – 9.30
Registrazione partecipanti
9.30 – 9.40
Saluti istituzionali
- Carlo Feltrinelli, Presidente Fondazione Giangiacomo Feltrinelli
- Cristina Tajani, Assessore a Politiche del lavoro, Attività produttive, Commercio e Risorse umane Comune di Milano
9.40 – 10.10
Introduzione ai lavori
- Susanna Camusso, Segretario Generale CGIL
- Giuliano Poletti, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali
10.10 – 10.50
Perché parliamo di “Altri lavori”
- I temi del Disruptive Innovation Festival – Contributo video di Emma Fromberg, Informal Education Programme Manager Ellen MacArthur Foundation
- Gli esseri umani sostituiranno i robot? Lavoro, digital labor e intelligenze artificiali – Lecture di Antonio Casilli, Digital Humanities, Telecommunication College of the Paris Institute of Technology (Télécom ParisTech)
- Il mondo del lavoro nell’Industria 4.0: la voce del web – Presentazione a cura di Matteo Flora, fondatore di The Fool
- I temi del Future of Work Forum – Contributo video di Jacob Morgan, Cofondatore the FOW Community
10.50 – 13.00
1° sessione di lavori
10 tavoli tematici su competenze, cultura, welfare, mobilità professionale, mestieri, diritti, design tecnologia, nuove economie e forme di rappresentanza.
13.00 – 14.00
Light Lunch
14.00 – 14.30
Altre prospettive sul mondo del lavoro
- Diseguaglianze e competenze nell’era della rivoluzione digitale: lo scenario internazionale – Lecture di Stefano Scarpetta, Direttore per il Lavoro, l’Occupazione e gli Affari Sociali OCSE
- Innovazione, futuro e lavoro – Lecture di Harry Armstrong, Head of Futures Nesta
14.30 – 17.00
2° sessione di lavori
10 tavoli tematici su competenze, cultura, welfare, mobilità professionale, mestieri, diritti, design tecnologia, nuove economie e forme di rappresentanza.
17.00 – 17.30
Coffe break
17.30 – 18.00
Nuovi modelli economici nel solco della rivoluzione digitale
Gad Lerner in dialogo con Alessandro Tommasi, Public Policy Manager Airbnb Italia e Matteo Sarzana, General Manager Deliveroo Italia
18.00 – 18.20
Rappresentare il lavoro
- Nicola Baraglia e Marco Caddeo, filmaker, presentano il documentario “Forza lavoro”
- Francesco Zanot, critico fotografico, curatore e professore della NABA, presenta la mostra Altrilavori – immagini dal Pianeta 4.0
18.20 – 18.30
Conclusioni
Restituzione dei risultati emersi dai tavoli di lavoro a cura di Enzo Mingione, Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale, Università degli Studi di Milano Bicocca
Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e il futuro del lavoro \
L’area di ricerca dedicata al Futuro del lavoro promuove una riflessione collettiva sulle maggiori trasformazioni che interessano il mondo del lavoro in un’epoca in cui il binomio tra crescita e occupazione sembra allentarsi e l’esperienza dei lavoratori si configura sempre più come eterogenea, fluida, instabile.
Tra le trasformazioni di lungo periodo che interessano la nostra contemporaneità un ruolo decisivo lo gioca l’innovazione tecnologica e il modo in cui essa modifica i nessi tra lavoro e società, tra lavoro e politica, tra lavoro e vita umana. Che le tecnologie possano tagliare posti di lavoro nei settori tradizionali è un dato ormai accertato. Il problema è il governo di questo processo su tre fronti principali. Sul piano dei singoli percorsi di vita e di lavoro, sempre più condizionati dalle nuove competenze richieste dell’evoluzione del mercato del lavoro. Sul terreno delle disuguaglianze sociali, che minacciano di inasprirsi e inducono a riflettere sui processi di inclusione e partecipazione alla vita pubblica; sul fronte dell’agire collettivo, spingendo la politica ad assumere per tempo e con responsabilità gli interrogativi aperti da questa sfida epocale, che coinvolge tanto gli attori locali quanto le istituzioni globali.
Il diario di bordo della prima edizione del Jobless Society Forum \
Il 21 aprile 2016 a Milano, nell’ambito dell’area di ricerca sul Futuro del lavoro, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli in collaborazione con il Comune di Milano organizza il primo Jobless Society Forum, un momento pubblico di confronto internazionale sul tema della jobless society e sull’impatto che la tecnologia avrà sul futuro del lavoro.
Guarda il diario di bordo della prima edizione del Jobless society forum