Händler und Helden di Werner Sombart (1915) (Mercanti ed eroi, Traduzione, cura e introduzione di Fabio Degli Esposti Pisa, Edizioni ETS, 2014) è sia un’opera importante per la sua funzione orientativa di massa su un significato religioso, assoluto, della guerra e per il chiarimento che ha fornito su alcuni elementi del nazionalismo, sia una testimonianza significativa della reazione degli intellettuali tedeschi di fronte alla guerra. Per molti intellettuali tedeschi la guerra è un adattamento a un terreno che non era il loro (ma a cui comunque si prestano senza remore), un “arruolamento”, come dice già in chiave auto-giustificativa nel 1918 Thomas Mann nelle prime righe delle Considerazioni di un impolitico, dal quale si può fare ritorno “non proprio nelle migliori condizioni”, “come un mutilato di guerra”.
“Accadde a me – scrive Thomas Mann – come a centinaia di migliaia di persone che, strappate dal giro della loro vita, ‘arruolate’, furono per lunghi anni estraniate e tenute lontane dalla loro professione e dai propri affari; e non furono lo Stato o l’esercito, bensì il tempo stesso ad arruolarmi in servizio spirituale armato per più di due anni. A siffatto servizio per la mia forma mentis ero in fondo tanto poco nato e tagliato quanto altri miei compagni di destino si sentivano fisicamente tagliati al vero servizio al fronte o territoriale; da quel servizio oggi ritorno al mio derelitto tavolo di lavoro, non proprio nelle migliori condizioni, o, devo pur dire, come un mutilato di guerra” (Th. Mann, Considerazioni di un impolitico, a cura di Marianello Marianelli e Marlis Ingermey, Milano, Adelphi, 1997, p. 31).
La tematica fondamentale del lavoro di Sombart prima della guerra mondiale era stata quella delle origini, delle forze e delle motivazioni del capitalismo. All’interno di questa visione si collocavano, a pochi anni dallo scoppio della guerra mondiale, anche gli scritti sul ruolo degli ebrei e le professioni di antisemitismo anticapitalistico di Sombart: il suo stesso interesse per il socialismo può essere visto come la conferma del carattere non retorico, ma radicato e radicale del suo anticapitalismo/antisemitismo. (per esempio W. Sombart, Die Juden und das Wirtschaftsleben, Leipzig, Duncker & Humblot, 1911; W. Sombart, Die Zukunft der Juden, Leipzig, Duncker & Humblot, 1912).
Un insieme di temi e di problemi che esprimono alcuni dei luoghi comuni del Novecento, ma anche indicano la profondità del sentimento nazionalistico, la forza del suo linguaggio e delle convinzioni che iniziano a circolare un secolo fa.
Andrea Panaccione
Docente di storia presso l’Università di Modena e Reggio Emilia
Consigli di lettura
Mercanti ed eroi
di Sombart Werner
Werner Sombart (1863-1941) è stato uno dei massimi scienziati sociali tedeschi della prima metà del Novecento, noto soprattutto per la sua riflessione sulle origini, lo sviluppo e i destini del capitalismo moderno. Con “Mercanti ed eroi”, un violento pamphlet antibritannico pubblicato in pieno conflitto mondiale, emerge un atteggiamento sempre più critico nei confronti del capitalismo, accusato di soffocare inesorabilmente, con i suoi “meccanismi satanici”, ogni possibilità di condurre un’esistenza autenticamente umana.
Il buon soldato Sc’vèik
di Jaroslav Hasek
“Una grande epoca esige grandi uomini. Vi sono degli eroi ignorati e oscuri… l’esame della cui indole darebbe ombra perfino alla gloria d’Alessandro Magno. Oggigiorno si può incontrare per le vie di Praga un uomo trasandato, che non sa quanta importanza abbia avuto la propria opera nella storia di un’epoca grande e nuova come questa. Egli percorre tranquillamente la sua strada, senza che nessuno gli dia noia e senza dar noia a nessuno, e senza essere assediato da giornalisti che gli chiedano un’intervista. Se gli domandaste come si chiama, vi risponderebbe con l’aria più semplice e più naturale del mondo: ‘Io son quello Sc’vèik…'” Con queste parole Jaroslav Hasek (1883-1923) presentava l’umile e grottesco eroe del suo romanzo, il bonario allevatore e mercante di cani, strappato alle sue pacifiche occupazioni e mandato a combattere in difesa dell’impero austro-ungarico nella Prima guerra mondiale. Preso nel vortice di avvenimenti che vanno molto oltre le sue capacità di comprensione, Sc’vèik si destreggia con un misto d’ingenuità e di furbizia, forte di quella sua obbedienza assoluta alla lettera degli ordini ricevuti che porta all’assurdo e dissolve nel ridicolo ogni autorità. Nel buon soldato Sc’vèik i lettori di tutto il mondo hanno riconosciuto un eroe sovrannazionale, il campione di un irriducibile pacifismo e antimilitarismo e un simbolo dell’inalienabilità dei diritti dell’individuo contro ogni tutela e usurpazione dittatoriale.