Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

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Nell’immaginario collettivo, nei titoli pubblicitari, nelle campagne di marketing territoriale, Milano è spesso considerata come la “capitale della moda e del design”. Al di là della retorica comunicativa contemporanea, questa associazione è l’esito di una tradizione culturale, industriale ed economica della città che affonda le sue radici nel legame tra talento progettuale, innovazione industriale e capacità artigianale e produttiva, che si è instaurato fin dagli anni cinquanta e che si manifesta oggi nella relazione tra creatività, economia e dimensione urbana.

Ad alimentare quest’immagine di Milano sono anche alcune iniziative – fiere, sfilate, esposizioni, eventi – che in momenti specifici dell’anno attirano in città diverse popolazioni urbane con interessi di varia natura per questi ambiti produttivi, e che giocano un ruolo importante nel legame tra le attività della cosiddetta produzione creativa, i tempi e i luoghi in cui si sono insediate e la loro capacità di “costruire città” nell’accezione più estesa del termine.

Tra questi eventi, certamente il Salone Internazionale del Mobile – che si tiene negli spazi ufficiali della Fiera a Rho ogni aprile – si caratterizza come uno dei principali appuntamenti internazionali nel settore del design. Negli ultimi anni però, non sono state solo le esposizioni in fiera ad alimentare l’immaginario di Milano quale simbolo di produzioni riconosciute in tutto il mondo, ma anche e soprattutto gli eventi collaterali al Salone, in quanto capaci di incidere sulla trasformazione e sulla capacità di addensamento di alcuni ambiti della città e sulla loro immagine di aree della creatività milanese.

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L’articolato insieme degli eventi che si svolgono in città in concomitanza del Salone si può ricondurre a quello che è stato brandizzato come Fuorisalone e che nel corso degli ultimi venti anni ha subito una notevole crescita per diffusione, rilevanza e impatto.

Il fenomeno nasce tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta dalla volontà, prima di alcuni giovani designer indipendenti e poi di un insieme di aziende operanti nel settore dell’arredamento e del design industriale, di organizzarsi autonomamente per promuovere i loro prodotti attraverso mostre ed eventi e uscire dagli spazi formali e istituzionali della fiera per ridurre i costi, accedere ad una maggiore visibilità, diversificare il tipo di pubblico e sfruttare spazi più flessibili ma soprattutto localizzati in zone più centrali della città.

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Sono le aree a ridosso di Porta Genova, lungo via Tortona, ad imporsi rapidamente sulla scena come prima possibile nuova location. Aree comprese in un quartiere della Milano industriale-operaia che stava già subendo un processo di rigenerazione urbana – legato all’insediamento di produzione creativa di arte, design e moda – costituito da una sommatoria di interventi al di fuori di una regia complessiva, di una visione per quel pezzo di città.

Gli edifici industriali recuperati, alcuni dei quali avevano già affrontato un qualche genere di riqualificazione e già ospitavano attività creative, rappresentano così una risorsa perfettamente adattabile e capace di rispondere alla domanda crescente di spazi espositivi temporanei. Inizia così il rapporto tra quest’area e gli eventi del Fuorisalone, un rapporto destinato a crescere in quegli anni, tanto da interessare non solo esclusivamente le location nelle industrie in disuso recuperate ma tipologie diverse di spazi – negozi, magazzini, laboratori, cortili – che durante quella settimana si prestano ad accogliere tale fenomeno.

Il proliferare continuo di queste iniziative, in quell’area ma sempre di più anche nel centro di Milano, viene poi istituzionalizzato nel 1992 dalla rivista di architettura e design Interni che si propone come coordinatore e gestore delle esposizioni e pubblica la prima guida al Fuorisalone.

Tale guida a quello che può essere definito un vero e proprio evento collettivo e parallelo all’esposizione fieristica, rappresenta per gli espositori e per i proprietari delle location la possibilità di essere inseriti in un circuito riconosciuto, promosso e comunicato con una regia unitaria. Ma al tempo stesso rappresenta il primo passo per un’operazione implicita di marketing territoriale localizzato: la concentrazione degli eventi è alla base della possibilità di riconoscere e promuovere “zone” e “distretti” in cui, non solo le firme più consolidate ma anche giovani designer e scuole, hanno creato occasioni e spazi di relazione e contaminazione.

Contestualmente alla creazione della guida, l’attività di promozione si è andata consolidando e si sono moltiplicate le forme di comunicazione – dai media tradizionali come brochure, mappe, guide, ai media digitali come siti web e social network, fino a strategie di marketing virale. Canali che hanno amplificato l’offerta dei singoli luoghi e location e più in generale di diverse aree della città.

Tortona Design District, Ventura Lambrate e Ventura Centrale, Porta Romana Design, Brera Design District, Porta Venezia in Design, 5VIE, Fabbrica del Vapore, sono solo alcuni tentativi – supportati da presenze sul territorio più o meno stanziali – che nel corso degli anni hanno provato ad identificare e promuovere ambiti urbani milanesi attraverso una rete di spazi espositivi che si attivano per l’occasione.

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Dietro i brand di queste aree ci sono storie differenti. Accanto ad ambiti di concentrazione storici e centrali dove prevalgono showroom e attività commerciali, si trovano settori urbani semiperiferici e dunque relativamente accessibili, caratterizzati dalla presenza diffusa di edifici produttivi che hanno perso la loro funzione originaria e sono rimasti disponibili sul mercato. In alcuni casi ci sono progetti di lungo periodo che corrispondono a connotazioni effettive legate a localizzazioni precise di attività della produzione creativa. In altri si tratta di proposte più estemporanee e recenti, in cui la presenza del design è temporanea e strumentale. In altri ancora si ha che fare con location puntuali di spazi espositivi permanenti.

Nonostante le differenze, in tutte le aree che si sono dotate di un brand emerge la volontà di costruire degli immaginari territoriali capaci di identificare dei luoghi, di collocarli sulle mappe sia fisiche che mentali dei pubblici internazionali del Fuorisalone, di presentarsi come una delle concentrazioni urbane del design.

Per una settimana ad Aprile, gli eventi e le iniziative del Fuorisalone costruiscono a Milano una nuova geografia di attività variamente legate ai settori della produzione creativa. Una geografia di addensamenti urbani articolata, temporanea, ogni anno diversa e costituita, con pesi e modalità differenti, da eventi, esposizioni, installazioni all’interno di spazi industriali, di showroom o gallerie d’arte, di fondazioni o istituzioni culturali, di studi professionali o cortili. Una geografia che negli anni ha saputo richiamare un ingente numero di visitatori e rappresentare un importante motore economico per la città nel suo complesso.

L’evento è stato in grado di funzionare come attivatore, come cassa di risonanza e ha mostrato come in questi luoghi la relazione fra trasformazione fisica ed evento temporaneo abbia giocato un ruolo sostanziale. La prevalenza di attività legate al design, il coinvolgimento di professionisti in grado di fare rete anche dal punto di vista comunicativo, la disponibilità di spazi inusuali, hanno rappresentato le condizioni che hanno consentito di promuovere e di ospitare attività temporanee in ambiti urbani che si sono dimostrati tanto più efficaci in termini attrattivi quanto più capaci di costruire massa critica intorno a determinate “zone” della città.

Tali addensamenti hanno certamente generato nuove centralità modificando gli usi e le pratiche che si svolgono nello spazio urbano, “accendendo” dei temporanei epicentri di attività e iniziative. Si tratta, tuttavia, di centralità “a tempo” poiché le trasformazioni che le hanno generate spesso stentano a produrre effetti permanenti sulla natura e la qualità dello spazio pubblico al di fuori della dimensione dell’evento, scandendo in questo modo una differenza sostanziale tra una città ordinaria e una straordinaria.

Ilaria Giuliani
Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

02/04/2017

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