A' veri amatori della libertà. Proclama
A VERI AMATORI DELLA LIBERTA
PROCLAMA
Giù ogni prestigio, giù l’intrigo, le mene segrete,
le subdule macchinazioni dei malvolenti. Il dire
schietto ed il manifestare apertamente la verità nei
suoi puri principi è finora fra tanta esitanza ed in-
certezza delle nostre sorti, l’unico e solo bene reale
che a noi è tornalo dalla rigenerazione operatasi col
sangue dei martiri nostri fratelli; se questo adunque
è di presente l’unico nostro sollievo ed il solo conforto,
che in tanta catastrofe di mali e di dolorose soffe-
renze ci consola , parliamo spialtellatamente e ma-
nifestiamo s tutti, e con ispecialtà a Voi componenti
le Camere, cui la nazione ha confidale le sue sorti,
delle sante verità da cui affatto dipende il nostro av-
venire.
Che che ne pensi e ne dica il famoso e tarilo ac-
creditalo Club dei sessanta, pare a noi non solo, ma
a chiunque opera di buona fede , e sente il dovuto
odio per la stirpe borbonica ed in particolare per lo
infame bombardalore che risoluta solennemente qual
esser debbe la forma di Governo che noi adottar dob-
biamo, vogliam dire la Monarchia Costituzionale, non
sia più a metter tempo in mezzo circa alla scelta del
Principe che dovrà governarci (1).
Comprendiamo bene però che questa nostra proposi-
zione trova doppia schiera di contradittori, ma non
per questo noi la ritiriamo : uomini cioè di buona
fede dall’un canto che credono esser per noi neces-
sità politica lo attendere le sorli dell’ alta Italia , e
però non potersi sperare in questo momento una for-
male recognizione dalle potenze, le quali in vece ad
una simile scella si opporrebbero apertamente; ed uo-
mini di mala fede dall’altro che facendosi scudo di
talune imaginarie convenienze politiche, cui essi fan
le viste di dar grandissimo peso , trattan poi a dir
chiaro la causa dell’infame Ferdinando II.
Fratelli se siam di buona fede e non ci lasciamo
abbacinare dalle inconcludenze che taluni miserabili ci
van dicendo, dobbiamo essere pur certi, che le cose
d’Italia non dipendon mica dall’esito della guerra, giac-
che buono, od avverso che sia,la peste europea, vo-
gliam dire la politica dei gabinetti, spiegherà da ultimo
la sua influenza perniciosa per mettere termine a tante
contenzioni : e qual ne sarà mai la conseguenza? il
bene forse dell’Italia nostra? No certo! dunque qual
mai sarà dessa ? l’interesse delle potenze mediatrici,
forse, Dio non voglia, anche quello dei despoti mi-
nori, e quet tanto di bene per noi, trista condizione
delle potenze di second’ordine, che coll’interesse sud-
detto non viene in urto.
Ma ci si potrà dire, se questo addiverrà delle cose
d’Italia, a che monta Io sciegliere di presente il Prin-
cipe che dovrà governarci, o differirne la scelta al-
l’esito della causa italiana; se scelto ora, le potenza
noi riconosceranno, e dovrem sempre contentarci di
quel che esse ci vorran dare?
Che le potenze non riconosceranno questa scelta è
direm quasi impossibile, mentre quelle tali potenze da
cui potremmo sperare un riconoscimento, han mani-
festato il loro pensiero; le potenze minori cioè la Ilo-
magna e la Toscana hanno apertamente promesso di
riconoscerci qualora una sola almeno delle grandi po-
tenze ci riconoscerà. Le potenze di primo ordine, come
sarebbero la Francia e l’Inghilterra non esiteranno
punto a farlo, la prima per la politica che ha adot-
tato di non molestare essa chi non la molesta, e per-
chè lo ha solennemente promesso, tanto più che non è
a credere che la Sicilia possa destare con questa scelta
le apprensioni della Francia ; la seconda poi non è
dubbio che lo faccia immantinenti, giacché ha in modo
aperto manifestalo che qualunque forma di governo,
e qualunque Principe riconoscerà, purché non si parli
di repubblica e se ne dimetta qualunque lontano pen-
siero, forse perchè l’idea di un governo repubblicano
ecciterà all’Inghilterra delle affezioni nervose ed apo-
plettiche.
Ciò non pertanto noi facciamo un dilemma sem-
plicissimo : faran plauso le potenze a questa nostra
scelta, o pur no ? vi faran plauso , ed allora siamo
(1) Tuttoché sempre avversi alla monarchia perchè la reputiamo
¦¦.¦¦-¦¦¦¦…¦ ¦ ¦ . ¦.
riusciti nel nostro divisamento, abbiam definito le no-
stre sorti, e quel che è più, allontanato , anzi tolto
affatto il pericolo di vederci dalle potenze mediatrici,
col dritto del più forte, regalato quell’empio che tanto
sangue ci è costato per abbatterlo, mentre tutto dob-
biamo attenderci della politica dei gabinetti ; non
lo approveranno , e sarem sempre al caso di ripor-
tarcene all’esito delle cose d’Italia non cangiando con
ciò per nulla la nostra politica condizione, che non
sarebbe punto alterata da un cosiffatto tentativo.
Ma indipendentemente da tutto questo, son tali gli
umori che circolano nel nostro popolo , tali e tanti
sono gl’intrighi dei malevoli e dei satelliti del caduto
governo, cioè a dire delle forbici, delle vipere, e di
taluni club, che necessaria, anzi indispensabile si rende
una tale scelta, se pur non vuoisi perdere di un tratto
quel bene che a prezzo di sangue ci abbiamo acqui-
stato, vogliam dire la libertà politica ed individuale.
Mettete al Ministero i primi uomini del mondo, e vi
saran sempre dei sospetti, delle incertezze e del mal
volere generale: sciegliete un principe , ritenuto che
dobbiamo di necessità averne uno, ed il popolo sarà
tranquillo, o se non tale, almeno un poco più sicuro
delle sue sorti, più coiiii : intento della
giustizia delle operazioni di coloro che lo reggono.
Stabilito, a nostro intendimento, esser necessario lo
sciogliere di presente il Principe che dorrà governarci,
passiamo ora ad esaminare qnal’esso potrebb’essere, e
qual meglio a noi si converrebbe. Che debb’essere un
Principe italiano non è soggetto di quistionc, noi tutti
lo vogliamo, le Camere, che il volere di tutta la na-
zione comprendono, lo ;e stabilito, il
popolo tutto vi ha fatto plauso.
La quistione adunque sta unicamente nel conoscere,
chi tra’ pochi principi italiani può meglio sedere sul
trono di Sicili». *
A quanto noi possiaao conoscerne cinque sono i
candidati cioè
Il figlio del Craa linea di TOSCANA
Il figlio di CARLO AlBEKTO
Il Principe di CAIirilirO a ,
Il figlio di KOI AllVIIAIS
Ed il Principe KlTIGil BITOJVAPARTE
Vediamo ora sopra chi di questi cinque cader de-
ve la scelta.
Che che ne pensi taluno dei componenti le ca-
mere ed il ministero, è opinione fondatamente univer-
sale che tra tutti i sopraccennati principi, P ultimo,
vogliam dire il principe Luigi Buonaparte, è il solo
che a noi si conviene. Imperocché se, tolga Iddio, si
farà cadere la scelta sopra il figlio del gran Duca
di Toscana, ai tanti flagelli che han travagliato que-
sta terra , un altro più tremendo se ne aggiungerà,
qual’è appunto quello di una reggenza,che tanto più per
noi riuscirebbe perniciosa, per quanto è in noi mag-
gior bisogno di un governo forte ed opinato ; men-
tre qualunque si fosse la bontà degli uomini che ter-
rebbero la reggenza suddetta ed il ministero , ton
godrebbero mai la fiducia pubblica, e però non sa-
rebbe mai per tornar quell’ordine e quella tranquil-
lità che in una società bene costituita si richiede.
Abbandoni dunque taluno del ministero, un tal pen-
siero, mentre desiderare che sia scelto a nostro Re
un ragazzo potrebbe essere un desiderio innocente e
di buona féd«) , e potrebbe non esser tale : un Re
bambino è pernicioso snzi perniciosissimo pei gover-
nati, è utile, utilissimo por coloro che Io avvicinano
ed in particolare pei ministri che posson dirsi altret-
tanti Re.
Sceglierete il figlio di Carlo Alberto? e che ne ad-
diverrà dell’Italia e della tanto desiderata federazione
italiana, avrete riunito in unica famiglia il Piemonte,
la Lombardia,Venezia e la Sicilia, non restando che il
reame di Napoli , sopra cui non è a contar molto per
le tendenze perverse di chi lo governa; la Romagna
e la Toscana sopra cui non è a contar nulla per la
loro debolezza , 1′ Italia adunque fra’ non guari tor-
nerebbe assai peggio che prima.
Farete cadere la scelta sul principe di Canino? e
cosa ne sarà delle nostre sorti? Sceglierete un prin-
cipe la cui immoralità è pur troppo nota , un prin-
cipe generalmente inviso ali ‘Italia non solo , ma al-
l’ Europa tutta , e che . affettando liberalismo osava
proclamarsi unico Re d’Italia, ardire che gli meritò
i fischi e le maledizioni di lutti i veri liberali Ttalian
che trovavansi in Roma sul cominciamentò de’ fatti
d’Italia.
folti dalla scena i tre primi fra gli ultimi due soli
si limita la scelta, Bouarnhais e Luigi Buonaparte.
Il principe di Bouarnhais;
Due circostanze potissime alla di lui scelta si op-
pongono : primo il non essere Italiano, secondo il go-
dere la protezione e l’influenza di una delle più gran-
di potenze d’ Europa , vogliam dire della Russia, a
cui è stretto per vincoli di parentela.
Non è Italiano.
Nato da un padre Francese e da una principessa
della casa di Baviera non si dirà certo esser di stirpe
Italiana: ma se non Italiano di origine potrebbe es-
serlo di nascita, ma non lo è neppure mentre se non
è nato in Baviera è alcerto nato in Francia: l’esser
poi figlio del Viceré d’Italia non importa ch’egli sia
italiano ; che se pur nato fosse in Italia , una tem-
poranea dimora fattavi dai suoi genitori , non po-
trebbe mai farlo noverare tra’ principi Italiani, e molto
meno farlo anteporre ad un principe veramente Ita-
liano.
Gode la protezione e l’influenza della Russia/
Che il Czar delle Russie ha sempre nudrito il de-
siderio .li fare un re del suo genero è pur troppo
noto; quali e qu:inti sono stati i maneggi suoi in que-
Re, non è d’uopo manifestarli giacché tutti li cono-
son note abbastanza; ma se è in lui tanto desiderio
di dargli un trono, deve certamente esserti l’uguale
impegno di e unfose se questo prin-
cipe traviasse un poco dal retto sentiero e traripassc dai
limiti del suo potere, non saremmo mai liberi di dimet-
terlo; la Russia ci m opporrebbe certamente, essa è assai
ricca e potente.Né si dica da taluno che laRussia in caso
di bisogno, cioè di una aggressione potrebbe, esserci di
utile sommo inviando le sue forze di mare e di terra
per sostenere il suo parente sul Irono ; dappoiché
queste forze non potrei.. tto, qualunque
ne fosse l’urgenza, da noi accogliersi, non potrebbero
perchè vi si oppone apertamente la nostra costitu-
zione , dalla o di poter entrare net
regno un solo soldato straniero ; non dovrebbero ,
perchè non siamo noi forti abbastanza per poterle poi
rimandare da dove ne vennero. Si aggiunga a questo
che non sappiamo con quanto buono umore accoglie-
rebbero le potenze lutte una simile scelta, produttiva
di relazioni molto vicine colla Russia.
Avendo dato un giti (altro candi-
dati non ci rimane ora e imo, cioè del
principe Luigi Buonaparte.
Se è pnr vero che l’Istoria è l’indice imparziale delle
operazioni uè. srebè l’isto-
ria ne fa prova, che Lui ino dei pochi
. li liberali.
Figlio all’ottimo tra’ Irate!;: di Buonaparte, ed edu-
cato a sentir.. . ti padre di lui gli erano
indettati, di buon’ora mo-li qualaain < gli si avesse;
esule, ramingo, prigioniero per i sentimenti ed i prin-
cipi suoi liberali vive da gran tempo in Londra
vita privata. I suoi talenti, l'indole sua mansueta,
la sua istruzione cosi in fatto di lettere, ci.e di scienze
militari sarebbero ragioni sufficienti per l'arci delibe-
rare a proclamarlo Re di Sicilia: l'esser poi un Prin-
cipe ricco, che potrebb ; .....tiretto, col-
l'impiego dei suoi capitali sollevare F esausta nostra
finanza, ed il non appartenere a nissuna delle fami-
. . -...';. '¦
la influenza diretta di alcuna delle grandi potenze ,
sono ragioni tali di sufi. ,-ndono il solo
ottimo per lo bene e la prosperità di questa terra;
tanto più che vivendo egli da gran tempo in Inghil-
terra si è guadagnata la simpatia e la sto..
potenza.
Eccovi messi, come in un quadro, i pregi, i di-
fetti e le condizioni rispettive di tutti e cinque que-
sti principi.
Pensateci bene, sciegliete, purché fate presto, men-
tre ogni indugio è per noi cagione di tristi conseguenze.