La neutralità del papa.
LA NEUTRALITÀ DEL PAPA
Quando il Pontefice nell’aprile scorso bandiva la sua
neutralità nel conflitto che ora ferve pel conseguimento della Italiana indipendenza, egli, Pio IX, che nel 1848 aveva
fatta sua la causa dell’ Italia, la prima impressione nata nei
buoni e sinceri fu dolorosa. Però, posto egli un’ altra volta
fra i due caratteri di Pontefice e di Sovrano temporale, né
forse avendo il divino coraggio di optare per 1′ una delle
due prerogative, credette salvarle amendue, e pareva volesse
ricevere dall’ esito finale della disputa sanguinosa i consigli
e la norma delle sue definitive dichiarazioni. Era questa la
solila politica di temporeggiamento e di aspettativa, della
quale la corte di Roma ebbe più volte a felicitarsi. Noi non
vogliamo per ora giudicare se gli scrupoli del Papa fossero
veri o meno, giusti o meno -, solamente dobbiamo osservare
che gli attuali momenti sono gravi, supremi -, e che un pas-
so imprudente poteva squarciare il velo onde suole circon-
darsi la politica di Roma, e rivelare all’ Italia le vere ten-
denze di quel gabinetto. Adottata la politica di aspettazione,
proclamata la neutralità, bisognava (enervisi fermo e fare il
sordo ai subdoli maneggi dell’ Austria, e serbare a migliori
momenti la sua decisiva parola. Il chiaro e leale proclama
dell’ imperatore de’ francesi gli garantiva i suoi diritti tem-
porali e spirituali ; il contegno della guarnigione francese a
Roma gli aveva già dato prove di quella sincerità ; nulla
egli aveva a temere dal trionfo della causa italiana, che gli
prometteva la parte migliore nel nuovo ordine di cose. Tutta
la base di questo beli’ avvenire riposava sulla sua neutralità
nella lotta sanguinosa che si combatte. E la sua neutralità
era dalle Potenze alleate così rispettata, che malgrado 1′ u-
nanime e caldo pronunciarsi delle città di Romagna pel go-
verno di re Vittorio, re Vittorio non accettava, limitandosi
ad un protettorato transitorio non ad altro tendente che a
comporre ed ordinare in un solo centro il movimento ita-
liano dandogli un effettivo indirizzo e insieme impedire ogni
traviamento.
Intanto 1′ Austria più destra nel campo delle menzogne
diplomatiche e nella gesuitica ipocrisia, che non felice in
quello delle guerresche imprese, gli andava rinnovando le
suggestioni riuscitele sì fortunate nel 1848, tendere il Pie-
monte ad una supremazia Italiana che peserebbe sul gover-
no pontifìcio, valer meglio il protettorato di Vienna»che
della sua devozione aveagli date prove col concordato, valer
meglio avere a protettore un grande Stato lontano che un
piccolo vicino ?, insomma le storiche reminiscenze dei tempi
di papa Stefano, della contessa Matilde ecc. ecc. Si conti-
nuava così ad irritare la discordia con tanto esito accesa nel
1850 tra il Piemonte e la Santa Sede per il processo Fran-
zoni e le leggi ecclesiastiche. Che il Piemonte si preparasse
ad un amichevole accordo, che il gabinetto francese pro-
mettesse la sua valida e sincera cooperazione alla riconcilia-
zione, parve non bastasse alla politica diffidente ed egoistica
di Roma, alla quale piace l’assolutismo d’ambo i regimi.
Senza entrare per ora in teorie, stiamo ai fatti palesi,
e li riassumiamo così. Nella lotta attuale combattono i due
principii, il nuovo e il vecchio, quello che vuole la nazio-
nalità e quello che propugna il dominio straniero, la vita
civile o la schiavitù, l’Italia o 1′ Austria. Per Roma e’ era-
no tre partiti a scegliersi; o stare per l’Italia, o parteggia-
re per 1′ Austria, o serbare la neutralità. Scelse 1′ ultimo,
che, se non fu il più franco, potè almeno parere il più
prudente. Serbar quell’attitudine tra l’esplosione dei voti
popolari e i consigli dell’ Austria, era cosa difficile, ma non
impossibile ad una diplomazia che conosce benissimo 1′ arte
delle ritirate, delle dissimulazioni e dei sotterfugi. Ma Roma
ha prevaricalo, ha mentito alle sue promesse, ha squarciato
il velo, e consacrata la massima storica, che con un Papa
in Italia sovrano temporale, l’autonomia e 1′ indipendenza
italiana sono impossibili. Ce ne duole, ma il fallo è così.
Il cammino che il Papa poteva e doveva appianare al ri-
sorgimento politico del suo paese, egli lo ha ingombro di
nuove complicazioni, e faccia Dio che il callolicismo non
ci scapiti. Due fatti solenni per la loro portala, e pel mo-
mento in cui avvengono, hanno detto abbastanza chiaro che
il Papa non vuol essere principe italiano, ed ha separala la
sua causa da quella dell’ Italia.
Che 1′ imperatore d’ Austria, spodestalo della Lombar-
dia dopo i fatti di Magenta e 1′ unanime pronunciarsi di
tutte le città lombarde, s’ attentasse di nominare 1′ arcive-
scovo di Milano, è cosa spiegabilissima. Che a sfogo di li-
vore impotente, volesse schiaffeggiare la pubblica opinione
nominando a quella sede il più inviso de’ sacerdoti lombar-
di, un uomo che egli, padrone di Lombardia, non avrebbe
scello, e che respinse più volte dalle terne per nomine di
vescovi, è cosa turpissima, ma naturale. Era per altro na-
turalissimo anche il supporre che il Papa non avrebbe san-
zionata la nomina. L’ imperatore d’ Austria, per diritto e
per fatto decaduto dal dominio di Lombardia, aveva insie-
me perduto ogni suo diritto, quando firmava la nomina del
Ballerini.
Egli affrettava in pochi giorni una nomina che per con-
suetudine suole protrarsi a sei mesi : non aspettava le pro-
posizioni dei vescovi e delle amministrazioni politiche locali.
La camarilla gesuitica a cui 1′ Austria ha associato i suoi
interessi, la sua politica, e concessa la sua confidenza, per
1′ organo del duca Scotti, del padre Visitelli, della arcidu-
chessa madre, del Vimercati, ha compiuto il raggiro, e da
Verona, ove si appiatta fremendo a meditare le stragi e P ec-
cidio lombardo, scaglia la nomina fatale, mentre cinquecento-
mila baionette s’ affilano per un tremendo scontro. Il signor
Ballerini, che nelle tenebre seguiva ansioso e non inerte la
combriccola, può compiacersi del vedere il suo nome me-
scersi ai dolori, e inaugurarsi col sangue italiano il suo ( vo-
gliamo sperare ) ipotetico pontificato. Egli avrebbe dovuto
rifiutarsi, rinunziare, e ciò chiaramente, solennemente. Ac-
cettare oggi è una perfidia inqualificabile, è delitto di allo
tradimento. Egli non ha rinunziato e non rinunzierà.
Restava che Roma, consigliandosi colla proverbiale sua
cautela, sospendesse la proclamazione del nuovo eletto ; e
tutte le ragioni, tutti gli interessi lo consigliavano. Sanzio-
nare un atto di dominio austriaco in questo momento, si-
gnifica riconoscere 1′ Austria padrona della Lombardia, spu-
tare in viso a milioni d’ uomini sorti a volere un proprio
regime, e dire a tutta l’Europa attonita, che la sua neutra-
lità si risolve in una adesione alla politica ed agli interessi
dell’ Austria. Insomma, il Papa ha detto che non vuol es-
sere italiano.
Quale attitudine prenderanno i due gabinetti alleati, in
faccia a così solenne smentita, quali complicazioni emerge-
ranno da questo fatto, non ci piace indagarlo, né 1′ animo
saprìa pacatamente fermarsi a fredde ponderazioni, alla vi-
gilia e a pochi chilomelri di uno scontro gigantesco, in cui
si verseranno fiumi di sangue. Dio ci assisterà anche senza
e malgrado i Papi. Se no, avremo rivoluzioni continue, con
tutte le loro conseguenze di eserciti carnefici, di patiboli, di
rovine. La storia che ha scritto i fasti di Uraja e dell’ Enobardo, s^
scriveva col sangue degli ilaliani i fasti di Pio IX, di Fran-/’>è
cesco-Giuseppe e dell’Antonelli.
Speriamo che il giornalismo saprà apprezzare la giusta^-, < ,/j
indignazione dell' Italia, e l'Europa che applaudiva alla reA"p.° s7
denzione della Grecia e dei Principati, non vorrà ribadire
le catene di un popolo civile, generoso, che comperò con
tanti anni d' umiliazione, di angherie e di sangue il diritto
a, vivere una vita propria e civile.
L' altro fatto è il troppo noto eccidio di Perugia che
il governo pontificio commetteva alla sbiraglia svizzera. A
questo non occorrono commenti.
La religione adoperata come politico stromenlo, Cristo
messo a servizio degli oppressori..... Sono fatti deplorabili,
dei quali i posìeri chiederan conto -, ora i contemporanei ne
augurauo male alla religione, e peggio a chi non 1' ammini-
stra che per prostituirla.
(Dal Monitore di Bologna dalli 1 Luglio 1859J