Conclusione del discorso funebre per le anime dei prodi morti di Vienna…
CONCLUSIONE
del discorso funebre per le anime dei prodi morti in Vienna per la difesa della
libertà recitato il giorno 27 Novembre 1848 in S. Andrea della Valle dal Revmo
P. VENTURA incaricato, e commissario di Sicilia in Roma.
Intendete bene per ultimo Signori miei, che non bisogna confondere l’attuale movimento Europeo con una
di quelle commozioni politiche che, a quando a quando, agitano uno stato particolare. Trattasi oggi di cosa
bene altrimenti vasta , grandiosa e importante. Trattasi di formare di tutti i cittadini un popolo di fratelli. Trat-
tasi di unirli tutti insieme con un legame di giustizia e di carità che, senza spogliare gli uni del loro ben esse-
re, faciliti ed assicuri agli altri i mezzi da vivere. Trattasi di cancellare ogni distinzione odiosa fra le classi della
stessa società. Tale si è il senso dell’idea democratica, che, proclamata in Francia, agita l’Italia, fa fremere
l’Alemagna, e travaglia tutta intera F Europa.
Ora questa idea, noi 1′ abbiam veduto, è una idea essenzialmente religiosa, esclusivamente cristiana ; ed è
ciò appunto che costituisce la sua forza. Se la si separa dunque dall’ordine eterno, se la si restringe all’ordine
temporale, patria fuggitiva dei corpi, se la si spoglia del suo carattere supernaturale, divino, le si toglie la sua
forza, si rende vana, s’impicciolisce e si degrada.
Rammentate che le grandi trasformazioni sociali non si operano bene che sotto l’ispirazione di un idea e di
un sentimento religioso, che, come ogni civilizzazione, che la religione non ispira, è falsa, e termina nella cor-
ruzióne : così ogni politico movimento, che la religione non dirige, produce disordine e spira nel saDgue. Che
la religione è l’innesto prezioso che toglie all’ albero della libertà la sua selvatichezza. Che la Religione vera
santifica tutto ciò che tocca, “compone tutto ciò che è disordinato, previene ogni scompiglio, reprime ogni ec-
cesso, e così essa sola rende possibile lo stabilimento e la durata di libertà più larghe. Se togliete però la
Religione di mezzo, l’impegno di servire lo stato degenera in ambizione di dominarlo ; le associazioni libere
si cangiano in fazioni; il governo si volge in dittatura, il Potere in tirannia, la soggezione in servaggio; e la
democrazia, divenuta la peggiore di tutte le forme sociali, non è che un immenso pericolo di anarchia, una
continua minaccia di tutte le esistenze e di tutte le proprietà.
Se si vuole adunque che la Democrazia, cui tende la società moderna, abbia stabilità e durata, qualunque
sia il Capo che le si assegni, elettivo 0 ereditario, bisogna sempre darle la Religione per base ; bisogna fortifi-
carla dei più nobili istinti, delle ispirazioni più pure che discendono dalle credenze cristiane. Bisógna fare in
modo che i popoli se ne infiammino, vedendola circondata dell’ aureola divina del Vangelo ; che se ne rapiscano,
vedendovi impresso il nome dolcissimo di Gesù Cristo, e l’emblema della immortalità; e perchè la Religione
vera si conserva, e si applica dalla Chiesa, bisogna unire , sposare il regime democratico colla Chiesa.
Ma deh 1 come ? direte voi, come si può più aver fiducia nella Chiesa, pel trionfo dell’ idea democratica che
la Chiesa sembra oggi avere abbandonata ? Sopra di ciò ascoltatemi. Io non intendo giustificare ciò sopra di che
non so, per me, che gemere ed arrossire; ma nemmeno oserò di condannare ciò che non mi è dato di compren-
dere. Ma, amico sincero del popolo, avvocato zelante della eausa del popolo, che è la causa della Religione e
che ho sempre difesa, e me ne glorio, col pericolo di incorrere grandi e tremende inimicizie ; panni che ho
dritto di chiedere e speranza di ottenere qualche cosa dal popolo. Ecco dunque ciò che io vi chieggo, o Romani,
miei cari amici e fratelli. Io chieggo dal vostro patriottismo che, nei supremi momenti in cui si trova oggi Ro-
ma e la patria comune 1′ Italia, non vogliate, per mezzo di risoluzioni precipitate ed ardite attirare sopra Roma
e sopra l’Italia orribili disastri, capaci di comprometterne, ancor per molti anni, la nazionalità e l’indipendenza.
Io chieggo dalla vostra saggezza che vi stringiate attorno agli uomini coraggiosi, disinteressati, leali, de-
gnissimi della comune fiducia, che la vostra scelta e l’approvazione sovrana han messo alla testa del pubblico
reggimento, per sostenerli nella posizione difficile in cui il solo amor patrio li ha impegnati.
Io chieggo dalla vostra giustizia, la unione, la conservazione dell’ ordine, e la tolleranza di tutte le opinioni.
Io chieggo dalla vostra Religione il rispetto per le persone e per le cose sacre.
Io chieggo dal vostro punto di onore che conserviate sempre la calma maestosa del vostro contegno, e non
vogliate, con atti indegni del vostro nome, costernare il mondo cristiano, che tiene fìsso sopra di voi uno sguar-
do attento e severo.
. Io chieggo dalla vostra generosità di ricordarvi sempre da dove è uscita la gran parola, la parola taumaturga
e possente che ha destala 1′ Italia dal suo sopore e 1′ ha fatta rivivere. ;
Io chieggo dalla vostra riconoscenza di non obbliare mai a chi dobbiamo l’aver potuto oggi, in questo santo
luogo, io parlare e voi udire un linguaggio di libertà, (t)
Io chieggo…… Ma a che servono tante parole? Una sola cosa vi chieggo, 0 Romani, che siate sempre Ro-
mani, che siate sempre ciò che siete stati finora, il popolo modello, degno della libertà e dell’ ammirazione del
mondo.
In quanto alla chiesa ; io non amo, io detesto quella politica amara, retrogada, luttuosa, che si compiace
d’ingrandire e di versar lagrime menzognere sopra i mali presenti, e di velar la speranza dei beni avvenire. In
quanto alla Chiesa io son certo che il Dio, il quale si serve di tutte le mani per far 1′ opera sua, farà tornare
a vantaggio del popolo, della libertà e della religione, anche il gran fatto; onde sembra che la Religione abbia
oggi disertata la causa della libertà e del popolo. Io son certo che questa diserzione è solo apparente, e sarà
passaggera, e che la Chiesa finirà d’intendere che, come il popolo separato dal Clero non diviene più saggio,
così il Clero separato dal popolo non divien più sicuro; che come il popolo se non cammina col clero corre al
ftrecipizio, così il clero, se non cammina col popolo, sarà schiacciato dal popolo. Io son certo che la Chiesa noi
a ritroveremo al bisogno, camminerà con noi e fra noi ; e compirà il grande avvenimento che altra volta da
questo luogo ho avuto occasione di annunziarvi cioè: Che la Chiesa si volgerà con tenero amore alla Democra-
zia, come altra volta si volse alla barbarie; segnerà colla croce questa matrona selvaggia, la farà santa e gloriosa;
le dirà: REGNA; ad essa regnerà.
(i) A queste parole V Uditorio rispose subito, come un Uditorio romano devea e poteva toh rispondere. Le lacrime scorsero da tutti gli occhi. 1 volti^
più marziali e più fieri apparvero commossi della slessa commozione onde l’ Oratore moslrossi profondamente penetrato- Il sentimento della riconoscenza si
tradusse ancora in parole di approvazione unanime. Oh eome avremmo desiderato presenti a questo tratto gì’ ingiusti detrattori del Popolo romano! Avrebbero
essi conosciuto al fatto quanto questo Popolo senta nobilmente, e se merita il titola d’ ingrato !