22. Sagra consulta

TI
SAGRA CONSULTA
Mercoledì 11. Decembre 1851
IL SECONDO TURNO
DEL SUPREMO TRIRUNALE
Composto degli Illmi e Rmi
Monsignori ANTONIO SIWLIA Presidente
ACCI STO NK’.RMM
COSTANTINO COR GIÀ
SAIA LESCHI
LUIGI FIORANI
TERENZIO CARLETTI
Tutti in qualità di Giudici
Coli1 intervento dell’lllmo Sig. Avv.
AGOSTINO PASQUALONI Sostituto, di Monsignor
Fiscale Generale, e
Degl’IUmi Signori Avvocati Difensori
Olimpiade Dionisi
Stefano Bruni
Pietro Frassinella
Giovanni Sinistri
Assistendo L’infrascritto Cancelliere
Si è adunalo nella grand’Aula del Palazzo In-
nocenziano in Monte Citorio per giudicare
in merito ed a forma di legge la causa in-
ANCONA
Più Delitti
Beducci Lodovico, delto la Zampa, del fu
Antonio, di anni 32, libera di stato, nato e
domiciliato in Ancona, Marinajo, arrestalo li
4 5. Ottobre 1849.
Biagini Antonio del fu Pasquale, di Mi-
ni 50, conjugato con prole, nato e domicilia-
to in Ancona, Ispettore Politico durante la ces-
sata Anarchia, costituitosi spontaneamente in
Carcere li 19. Agosto 4849.
Borzi Pietro, del vivo Mario, di anni 23,
nato in Fabriano e domiciliato in S. Severi-
no, Impiegato del Macinato, arrestato li 46.
Decembre 1850.
Carelli Luigi, detto il Grego, del fu Gio:
Battista, di anni 36, conjugato con prole, na-
to e domiciliato in Ancona, Sensale di Vettu-
re costituitosi spontaneamente in carcere li 9.
Agosto 1849.
Cioccolanti Pietro, del vivo Domenico, di
anni 26, celibe nato in Loreto, e domiciliato
in Ancona, disoccupalo, arrestato in Livorno
nell’Agosto del 1849.
Corradetti Pietro , del vivo Lorenzo , di
anni 22, libero di Stato, nato in S. Severino,
e domiciliato a Tolentino, Stampatore , carce-
rato li 4 5. Decembre 1850.
Dell’Onte Giovanni, del fu Piccola, di an-
ni 27, c.fiiju.-.ato senza prole, nato e domicilialo
in Ancona, Sarto, arrestato li 27. Luglio 4 849.
Donati Massimino, alias Lazzarini, del vi-
vente Domenico , di anni 36, celibe , nato e
domiciliato iiì Ancona, di mestiere Battiloro,
abilitato li 29. Gennajo 1854.
Erniani Carlo, alias Cavallaccio e Biscia,
del fu Antonio di anni 28, celibe, nato e do-
miciliato in Ancona, Canepino, arrestato li 8
Agosto 4849.
Galeazzi Giovanni ,del vivente Ciriaco, di
anni 27, ammogliato con prole nato e domi-
ciliato in Ancona, Sarto, arrestato li 7. Ago-
sto 4849.
Giambrignoni Ciriaco, del fu Giuseppe, |
di anni 32, conjugato con prole , nato e do- |
miciliato in Ancona, Caffettiere , arrestato li |
24. Settembre 4 850.
Gobbi Giovanni, detto il Santolo, del vi- i
vo Francesco, di anni 35,conjugato senza figli !
nato e domiciliato in Ancona, Sensale di Vet- 1
ture, costituitosi spontaneamente in Carcere li §
9 Agosto 4 849.
Guidoni Giuseppe detto Vidoni, del fu
dio: lottista, di anni 23, celibe, nato e do-
miciliato in Ancona, giovane di Caffè, costi-
tuitosi spontaneamente in carcere li 22. Lu-
glio 1849.
Marsiliani Sante, detto Papagna, ed il fi-
glio di Stella, del vivo Giovanni, di anni 24
libero di Stato, ualo e domiciliato in Anco-
na, Ottonajo, arrestato li li. Agosto 18 59.
Moclii Alessandro, del fu Pietro, di an-
ni 24, celibe, nato e domiciliato in S. Seve-
rino , Muratore, arrestato li 16. Decembre
4 850.
Murray Odoardo, del defonlo Odo ardo, dli
anni 26, conjugato con prole, nato io Cefai-
lonia, nelle Isole Jonie, e domiciliato in Atu-
cona, Ispettore Politico in tempo del la cessa-
ta Repubblica, arrestato li 4 6. Luglio 4 849.
Ortolani Tobia, del vivo Luigi, ili amai
30, conjugato, nato in Monte Santo, e domici-
liato in Ancona, Macellajo, abilitatoli 25.Gem-
najo 4 851.
Papini Andrea del vivo Vincenzo, di are-
ni 30, conjugato con prole, nato e domicilia-
to in Ancona, Barbiere, arrestato li 28. Lw-
glio 1849.
Pierini Pietro, alias Pietro Pietro, dei vi-
vente Domenico, di anni 35, conjugato con
prole, nato e domiciliato in Ancona, Falegna-
me, carcerato il I. Maggio 1SÌ9.
Pugnaloni Luigi del defonto Ciriaco , di
anni 17, celibe nato e domiciliato in Ancona,
Falegname, arrestato li 2. Ottobre 1849, ed
abilitato li 31. Marzo 1850.
Recchi Carlo, del vivo Francesco, di anni
25, conjugato nato e domiciliato in Ancona ,
fabbricatore di paste, arrestato li 12. Febbra-
ro 4 850, e quindi abilitato li 4. Aprile det-
to anno.
Rocchi Vincenzo, detto il Moro , del fu
Pasquale, di anni29, coniugalo con prole, na-
to e domiciliato in Ancona, Cuoco , arrestalo
li 4 3. Novembre 4849.
Rossi Pietro, alias Gnagnarino, del defon-
to Giovanni di anni 22, celibe nato e domi-
ciliato in Ancona, Facchino, arrestato li 28.
Agosto 4 849.
Rossi salvatore, detto il figlio di Paolino
del fu Paolo , di anni 2», celibe, nato e do-
miciliato in Ancona , canepino , arrestato li
44. Febbraro 4 850.
Rotini Luigi, del vivente Agostino , di
anni 40, ammogliato, nato in Umana, e di-
morante in Ancona, industriante, arrestato li
26. Decembre 1850.
Spadolini Mario, del vivo Ciriaco, di an-
ni 26, conjugato, nato e dimorante in Anco-
na , industriante , arrestato li 26. Decembre
1850.
Traversetti Policarpo, del vivente Renevo
di anni 29, celibe, nato e domiciliato in An-
cona , e Maccaronaro , arrestato il 9. Agosto
4 849.
Trinchi Vittorio, del fu Francesco, di an-
ni 27, libero di Stato, nato e domiciliato in
Ancona, Possidente e commerciante, arrestato
li 22 Novembre 1850
Zannoni Giacomo , del fu Domenico di
anni 50 , conjugato con prole , nato in Seni-
gallia e domiciliato in Ancona , commesso di
p,.i:..;. in tempo della cessata Repubblica , co-
sti tufosi spontaneamente in carcere li 25. Ago-
sto 1849 , e
Bagarotti Elencadio
Duse Paolo
Fabbretti Giorgio
Gabrielli Fortunato
Mancini Ilario
Montanari Giacomo
Moroni Bernardo
Paoli ai Luigi
Paolini Leopoldo
Rossi Rinaldo, e
Serafini Odoardo.
Premesse le solite preci all’ Altissimo.
Introdotti liberi e sciolti gl’Inquisiti
Bcducci Lodovico
Cioccolanti Pietro
Dell’Onte Giovanni
Gobbi Giovanni
Murray Odoardo
Papini Andrea
Rocchi Vincenzo
Zannoni Giacomo ,
avendo tutti gli altri prevenuti rinunciato
d’intervenire al dibattimento.
Udito il Rapporto della Causa fatto dall’Ilimo,
e Rmo Monsig. Luigi Fiorani Giudice Re-
latore.
Ascoltale le risposte degli Inquisiti anzidetti
intervenuti al dibattimento fatte alle in-
terrogazioni , che l’IUmo e Rmo Monsig.
Presidente diresse ai medesimi , i quali fu-
rono ricondotti al loro posto dopo aver di-
chiarato di nuli’ altro avere a dire.
Viste e ponderate le risultanze processuali.
Udite le conclusioni fiscali del Sig. Avvocato
Agostino Pasqualoni.
Sentite le verbali deduzioni difensionali
del Sig. Avv. Olimpiade Dionisi a favore di
Murray Odoardo , Rotini Luigi , Spadolini
Mario , dai quali venne particolarmente no-
minato con atti del 2 Aprile e 4 Giugno
WS*.
del Sig. Avvocato Mefatio Bruni Difensore di
Officio a favore di
Corsi Pietro, Cioccolanti Pietro , Donati Mas-
simino , Guidoni Giuseppe , Mochi Ales-
sandro , Ortolani ‘fobia , Pugnaloni Luigi ,
Rocchi Vincenzo , Rossi Pietro.
del Sig. Avvocato Pietro Frassinelli Difensore
di Officio a favore di
Beducci Lodovico , Dell’ Onte Giovanni , Er-
niani Carlo , Galeazzi Giovanni, Giambrigno-
ni Ciriaco , Gobbi Giovanni , Papini Andrea ,
Pierini Pietro , Traversetti Policarpo , Trin-
chi Vittorio , Zannoni Giacomo.
del Sig. Avvocato Giovanni Sinistri Difensore
di Officio a favore di
Biagini Antonio , Carelli Luigi , I
Corrado , Marsiliani Sante , Rocchi Carlo ,
Rossi Salvatore.
quali Difensori ebbero in ultimo la parola
e quindi dichiararono di non avere altro
da aggiungere.
Chiusa la discussione e rimasti soli i Giudici
per deliberare.
INVOCATO
IL NOME SANTISSIMO DI DIO
Il Supremo Tribunale ha reso e pronunciato
la seguente
SENTENZA
* Ina Società di facinorosi conosciuta sotto il
nome di lega Sanguinaria erasi formata in
Ancona , la quale e di notte e di giorno
insidiava, uccideva, e rubava. La frequen-
za delle vittime immolate da brutale fero-
cia , mosse alcuni a mandare in Roma re-
clami ai sedicenti Triumviri, perchè faces-
sero cessare quei mali. Ma poiché il terro-
re ed il pugnale dell’ assassino erano fatti
solo sostegno dal loro potere , sprezzavano
quelle rimostranze , essendo giunto il noto
Mazzini a rispondere perfino « bisogna la-
sciar fare la sua parte anche alla Monta-
gna ».
Il ^sanzionare le straggi, il rinnovellar-
si continuo di queste , destò il grido gene-
rale di disapprovazione, cui fece eco anche
chi favoriva la ribellione, e chi teneva per
quella repubblica. Resasi per tal modo im-
ponente la indignazione di un popolo che
vedeva insidiala la sua personale esistenza,
e più imponente per lo avvicinarsi di ar-
mi amiche alla S. Sede , che accorrevano
a ripristinar I’ ordine , si videro finalmen-
te costretti quei che reggevano l> pubbli-
ca cosa ad ordinare l’arresto dei Sicarj An-
conitani , che fu eseguito nel giorno 27
Aprile 4849. Coll’arresio di costoro fu ras-
sicurato ogni cittadino ; cessarono in An-
cona i delitti.
Però niuua processura si assunse a ca-
rico dei medesimi, né si chiamarono a ri-
spondere , come voleva giustizia , de’ com-
messi reati. Anzi tradotti a Fuligno furono
tolti dal Carcere ed incorporali alle milizie
di quel tempo , con le quali giunsero in
Roma perchè ancor qui voleva profittarsi
de’ loro pugnali.
Abbattuta e vinta al fine la ribellione,
disperse le orde de’faziosi venuti da ogni
parte , ridonata la pace ai Pontificj Domi-
nj , poterono accogliersi le querele degli
offesi e delle desolate famiglie, e proceder-
si contro i colpevoli, molti de quali si sal-
varono colla fuga. Dato poi termine agli
atti compilati a senso di legge , si è fatto
luogo al formale giudizio.

CONTRO I CONTUMACI
TITOLO I.
Di usurpata autorità per l’arresto arbitrario
eseguilo a danno del Cav. Severino Servan-
zi Collio , di Pacifico e Domenico Angc-
TITOLO II.
Di Omicidio in persona di Pacifico Angeluc-
ci, ferite con pericolo di vita a danno dei
nominati Servanzi Collio , e Domenico An-
gelucci , e di ferite di qualche pericolo a
danno di Giovanni Galeazzi.
CONTRO
Biagini Antonio
Borzi Pietro
Cioccolanti Pietro
Corradetti Corrado
Galeazzi Giovanni
Mochi Alessandro
Murray Odoardo
Rocchi Vincenzo
Trinchi Vittorio , carcerati, e
Bagarotti Eleucadio contumace.
Una lettera anonima scritta forse ad arte, da-
tata da S. Severino, nella Provincia di Ma-
cerata, giungeva per la posta sui primi di
Aprile -1849 nelle mani di Carlo Mattioli,
oggi profugo, e Preside allora in Ancona.
Parlavasi in essa di macchinala reazione a
favore del Governo Pontificio. Fautore di
questa reazione figura nella lettera un Giu-
seppe Angelini di professione domestico. Il
Mattioli mosso da occulti fini nel giorno 6
Aprile , chiama a se Pietro Cioccolanti , e
Vincenzo Hocchi , individui che se appar-
tenevano alla lega de^ Sicarj, erano però del
tutto estranei alla forza politica, e loro com-
mette di recarsi in S. Severino per esegui-
re un’in; ione. Interessa un
Vittorio Trinciti a farsi loro compagno, ed
a condurli nel suo legno. Dà loro un man-
dato di arresto contro Giuseppe tngclìni ,
ed altra persona non nominala, ma che in-
teressa altamente al Governo. Consegna pur
loro una commendatizia per Eleucadio Ba-
garotti , vecchio Settario, Caffettiere in S.
Severino.
Nella mattina del 7 Aprile parlono i me-
desimi d’Ancona , e giungono la sera stes-
sa in S. Severino. Si presentano al Baga-
rotti , cui consegnano la lettera del Presi-
de. Letta appena il Bagarotti si fa loro e;-
pò, e favoriti dal Sergente Civico Alessan-
dro Mochi, e presi a compagni sotto pre-
testo di testimonj Pietro Borri , e Corrado
Corradetti , vanno alle case di Pacifico e
Domenico Angelucci, e del loro cognato Con-
te Severino Servanzi Collio : eseguiscono ri-
gorose perquisizioni : nulla rinvengono di
delittuoso: nulla che offrisse contro loro
sospetto di colpa. Non ostante si fanno pri-
gioni , si traducono in Ancona , e si chiu-
dono nelle pubbliche carceri come malfat-
Tanto arbitrio eccita la comune indigna-
zione : il Preside di Macerata reclama a Ro-
ma per violata giurisdizione, ed il Preside
Mattioli non sa giustificare il suo operato.
Viene perciò ordinata la immediata dimis-
sione dell’uno, e dell’altro Angelucci, e del
Collio.
Erano però questi temuti ed odiati dai
faziosi. La onorata condotta congiunta alla
nobiltà de’natali li aveva resi stimabili pres-
so tutti, e la loro divozione al Romano
Pontefice aveva destata contro essi l’ira
dell’avversa fazione. Per questi soli motivi
si appensò di perderli.
Nel giorno 16 Aprile il Mattioli chiama
a se l’Ispettore di Polizia Odoardo- Murray
e con ordine scritto gli commette di toglie-
re nella sera dal carcere i tre detenuti, e
per la loro guarentigia, e personale sicu-
rezza gl’impone di accompagnarli esso stes-
so in Macerata sotto la sua stretta respon-
sabilità.
Ma il Murray pititlostochè attenersi all’or-
dine ricevuto , della esecuzione del quale
era chiamato responsabile, si vide agire in
modo totalmente diverso. Invece di andare
egli stesso al carcere di S. Palazia a pren-
dere gli Angelucci , ed il Collio , com’ esi-
geva la impostagli responsabilità; invece di
accedervi colla carrozza , come suole prati-
carsi cogli altri detenuti, per ogni cautela
commette ad Antonio Biagini e Giovanni
Galeazzi notissimi Sicari, di recarsi a pren-
dere gli Angejucci ed il Collio, e di con-
durli a piedi senza scorta per un lungo e
tortuoso tratto di strada fino alla Piazza
nuova ove il Murray disse attenderli colla
carrozza. Il Biagini infatti, ed il Galeazzi
si portano al carcere di S. Palazia poco do-
po l’un’ora di notte, e piuttostochè solleci-
tare la partenza , come la prudenza , e la
circostanza esigevano , passano insieme ai
tre detenuti nella camera delia custodia , e
quivi si trattengono in inutili ciancie per
circa tre ore.
Alle dieci pomeridiane ne partono , ma Paci-
fico Angelucci uomo sessagenario , che mal
regpevasi sui piedi, ed era quasi cieco ,
chiede una scorta , o almeno andassero con
loro i due inservienti commissionali di tra-
sportare i loro effetti alla carrozza. Tutto
fu negato, rispondendo perfino il
» ci pensiamo noi» Andavano innanzi il Col-
lio, e Domenico Angelucci con Gaieazzi; li
seguiva a breve disianza Pacifico Angeiucci
sorretto dal Biagini. Per varie strade giun-
gono in prossimità della via grande, ove il
Conte Severino vede venire due uomini in
mod) sospetto, e ne chiede al Galeazzi,Co-
stai con voce alta 1′ assicura esser quella
genti che transitava pel fatto suo. Si ode
allori una voce gridare Oh Dio’. . . . Oh
Dio . . Era Pacifico il quale veniva ferito
a rrorle dal Biagini, che abbandonatalo
com’estinto sulla via. Intanto li due inco-
gniti armati di pugnali si facevano alle.spal-
le dtl Collio. Cerca questi difendersi, fa scu-
do del suo mantello; ma il Galeazzi il trat-
tiene, e così riporta gravi ferite. Si libera
colluttando da’suoi aggressori, penetra nel
contiguo Palazzo Casarelto, si appiatta lun-
go I« seala. Fuggono i Sicarj, fugge Galeaz-
zi, 1 quale ricovratosi nel quartiere muni-
cipali è visto affetto di due ferite l’una al
collo, l’altra alla coscia sinistra,
Domenico Angelucci nell’udire i gemiti
del fratello Pacifico, nel vedere l’aggressio-
ne del Collio , grida » No nò a questo po-
vero uomo »” Ma in così dire, sopì
alle spalle il nominalo Biagini, e chiesto «
che è, che è » imbrandito lo itilo che tene-
va nel suo bastone gli vibra due colpi ai
lombi. Quindi gli scocca uri colpo di pi-
stola a più canne, che fortunatamente non
esplode. Torna allora ad imbrandire nuova-
mente lo stilo, ferisce nel collo il nomina-
to Angelucci, il quale stramazza sul suolo.
Creduto morto, Io abbandona, e coire pri-
ma alla prossima piazza del Teatro, ove già
trovavasi il Murray, cui dà conto del fat-
to, e quindi allo slesso Quartiere del Mu-
nicipio, ove circa mezzo quarto innanzi era
giunto il Galeazzi. Domenico Angelucci vi-
stosi solo si trascina brancolando entro il
palazzo Casaretto. I suoi lamenti, e quei
del Colilo sono uditi da quegli abitanti,
che li soccorrono, e li adaggiano in letto.
Ma il Biagini seguito da taluni armati
torna sul luogo del delitto, e fa trasportare
il mordente Pacifico all’Ospedale, ove dopo
breve ora perde la vita. Quindi s’introdu-
ce nel palazzo Casaretto, chiede dei feriti ,
e trovali, vuole condurre anch’essi all’Os-
pedale. Pregano quell’infelici, scongiurano,
perchè siano lasciati in casa, ma non sono
ascoltati, mentre il Biagini con imponenti,
e villani modi li fa condurre al predetto
stabilimento ove dopo alcun tempo risana-
no delle riportate ferite, ed è dato loro di
poter ritornare in seno delle respetti ve fa-
miglie.
Considerando in quanto al primo titolo che
consta in fatto che il Conle Severino Ser-
vanzi Collio, ed i fratelli Pacifico e Dome-
nico Angelucci fossero arrestali nella notte
del 7 Aprile 1849 nella città di S. Severi-
no provincia di Macerata.
Considerando, clic Vincenzo Rocchi, e Pietro
Cioccolanti sono confessi di essersi princi-
palmente prestati nell’esecuzione dell” ai-re-
sto dei nominati individui.
Considerando che anche Vittorio Trinchi con-
corse nella consumazione di questo delitto,
essendo confesso di aver condotto nel suo
legno da Ancona in S. Severino il Rocchi
desimi per condurre gii arrestati in An-
cona
Considerando essere tale arresto manifestamen-
te arbitrario, perchè eseguilo senza manda-
lo dei competente Magistrato, senza veruna
precedente accusa a carico dei fratelli An-
gelucci, e Conte Servami Collio, e fuori
del caso di flagrante, o quasi flagrante de-
litto.
Considerando che il Mandalo consegnato agi’
Inquisiti dal Preside di Ancona, ed esisten-
te in alti, prova sempre più l’arbitrio da
essi commesso, giacché quel mandato non
prescriveva affatto né l’arresto del Collio ,
né quello degli Angelucci.
Considerando che se anche il Preside di An-
cona avesse rilasciato mandata per l’arre-
sto del Collio, e dei fratelli Angelucci, non
potevano gì’ Imputali non riconoscerlo inat-
tendibile e nullo per difetto di giurisdizio-
ne, giacché la Città di S. Severino era sog-
getta alla giurisdizione del Preside di Ma-
Considerando esser provato in atti che fin d’al-
lora ili ta. reclamò al Trium-
virato per l’arbitrio di usurpata giurisdi-
zione, e quel Potere faceadogli ragione or-
dinò al Preside di Ancona la immediala di-
missione degli arrestati.
Considerando non potersi dubitare che l’ar-
resto del Collio, e dei fratelli Angelucci fos-
se commesso per far loro ingiuria e per
spirito di parìe se si riguarda che non fu
provocato da veruna loro colpa; che fu
eseguito senza mandato del rnmpeienle Ma-
gistrato ; che si eseguì da individui estra-
nei all’officio di polizia, e solo prescelti ncc
quest’atto illegale, ed arbitrario dal Presi-
de Mattioli ; che finalmente si volle quell’
arresto per occulte manovre della Setta, ed
in ispecie del contumace Eleucadio Bagarot-
ti, cui erano in odio i fratelli Angelucci ed
il Collio per la loro probità, e devozione al
Pontifìcio Governo.
Considerando che una complicità contrassero
nel fatto gi” inquisiti Alessandro Mochi, Pie-
tro n’orzi, e. Corrado Corradetti, i quali è
provato che giunti appena gli emissarj d’An-
liariVe”
civico, e gli altri due sotto il mendicalo
titolo di testimoni ; ed è provilo mire che
il Mochi occultò il fa.lo a venuto nella not-
te nel suo rapporto della mattina che lece
come Sergente di guardia al Comando di
Piazza ; e fu udito in.sieme al Bora e al
Corradetti esprimersi, che gli arrestali era-
no infami . . non erano delia laro , aggiun-
gendo » quegli tre non li rkediamo più ».
oii i / / , ‘, ( ! –
l’Omicidio in persona di Pacìfico In; ciuc-
ci è prov ilo in gem…..i!N legale is -zin-
ne e sezione d d > i . u-
affetto da quattro ferite prodotte da istra-
do penetrato in cavila, e leso 1’ intestino
iliaca furono causa unica ed assoluta della
morte; che è pur provato in genere da fi-
siche relazioni che Domenico Angelucci ri-
portasse Ire ferite, e due ne riportasse pu-
d(tte e uà! i di i ut o i < < 1"' ¦¦ v s- "dicale con ivo p ola di riportasse due ferite, una delle quali duhi- progriosticò di qualche pencolo. ( m i i > . i li ‘U’vli Odoar-
do Murray, Antonio Biagini, e Giovanni
Galeazzi, ‘furono i min I. ? u.,cia indicati
i -. n mi del, Orni. .Ine t , .
no dei fratelli Angelucci e del Collio, da-
do firmato dal Saffi li 21 Aprile N
per la fede (li più testimoni che ben vide-
?? : . .;¦’:-” ‘ : : ‘ ¦ ‘? : : ‘: :
pala dall’Inquisito per insinuazioni di per-
sona ad esso congiunta di sangue che face-
vagli giunger ne! carcere clandestini bigliet-
ti , uno de’ quali venne originalmente in po-
tere del fisco; in cui gli viene espressamen-
te suggerito di negar nell’esame la ritenzio-
ne e proprie!:, di quell’arme.
Considerando che 1 ; , nei bre-
vi momenti che sopravvisse alle riportate
ferite , fu udito ripetere, esser vittima di
un tradimento ; ed il (ionie Servami Collio,
sebbene si ricusasse di palesare i suoi ag-
gressori ai quali generosamente perdonava,
non lasciò peraltro di far comprendere che
il patito assassinio fu il risultato di un ne-
fando accordo, e. di un tradimento per par-
te specialmente della Polizia che allora sla-
Considerando che Domenico Angelucci nella
stta giudi ‘deduce, che men-
tre udì da lungi Pacifico gridare « Oh Dio! »
due sconosciuti sortiti da via grande inve-
stirono sotto il lampione del palazzo Cadm-
imi il Conte Collio, e l’Inquisito Giovanni
Galeazzi ch’era in sua compagnia, piutto-
ndeva le braccia ver-
so il Collio, e pareva che lo tenesse, per-
chè non andassero falliti i colpi dei Sicarj.
Aggiunge lo stesso Domenico che avendo nei-
1″ atto gridato « ab no a questo povero uo-
mo!» onde impedire l’eccidio del Conte,
si vide all’improvviso investilo dall’altro
imputato Antonio Biagini, il quale escla-
mando « che e, che è » estrasse lo stilo dal
bastone e gli vibrò due colpi ai lombi, quin-
di esplose contro esso una pistola a più can-
ne , che fortunatamente non accese, per cui
imbrandito nuovamente lo stilo gli vibrò
altri colpi, fioche stramazzò al suolo affet-
Considerando che più testimoni udirono le vo-
ci degli offesi gridare « Oh Dio ajutatemi »
lascia, /i i . i ‘issino , e taluno vide pu-
re e riconobbe il lìiagini in atto che per-
che racemi. m ti>r- ? , ‘e t.t.ava ajuto.
Com.hlerando esser provato, ed ammesso d I ‘
i ,i,n ioi , kI i . ni dM.tt.»
una pistola a sei canne , ed uno siilo rotali-
(o i. .nd il-e g! 1 pi ili ,d i cullai ? U
propria respousahihià’si fecero immediala-
mente a propagare che furono aggrediti , e
che riuscì loro vana ogni difesa. Ma con
queste loro studiate conquestioni , offrirono
altro indizio di loro reità , giacché varj fu-
. rono ne’ loro racconti , or dicendo che fu-
due, e che fu loro impossibile riconoscerli.
Considerando , che tutto concorre a ritenere
che li due Sicarj provenienti dalla via gran-
de , e che presero parte nella esecuzione del
delitto agirono presso precedente concerta
con i coinquisiti Murray , Biagini, e Galeaz-
zi. Imperocché è stabilito con prove testi-
moniali che il Biagini ed il Galeazzi nell’e-
strane ddiic pu^oui gli nr.Jucci ed il Col-
2
3
lio negarono a questi I’accompagno che in-
cessantemente richiedevano di altre persone
di loro fiducia ; lo che dimostra che impe-
dissero il richiesto accompagno, (ched’al-
tronde ogni cautela in que’ momenti esige-
va ) por non avere in altre persone testi-
moni ^1 misfatto che avevano deliberato di
eseguire : è pur provato, che Biagio}eGa-
leazzi senz’alcun ragionevole motivo si trat-
tenessero nel carcere per civea tre ore., e
cosi differ v.o la partenza fino alle dieci
pomeridiane , il che mostra che questa Sor-
se P ora assegnata ai due Sicarj perchè si
trovassero in via grande , onde sussidiar!:
nella pali-azione del delitto ; è stahililo ,
che intimoritosi il Collio al vedere li due
Individui provenienti dalla via grande, il
Galeazzi con voce alta da farsi’ ben rico-
che non avesse paura; è provato infine.
concludentemente , che gì’ Imputati non
opponessero sebbene armati e Commessi di
Polizia alcuna resistenza ai due ai…..-.su-
ri , e non acclamassero alle armi per es-
ser soccorsi dai militi dei vicini quartieri
civico e dei Pompieri , mentre è un fatto
che concorsero alla materiale pati-azione del
delitto, il Galeazzi < .li inq i o i . l - i colpi de 11 «- ni', e,! il t ingioi co) fe- rire a morte prima Pacifica , e quindi, Do- menico Angelucci. Considerando che a combattere queste gravi risultanze non giova affacciare il ferimento riportato dallo stesso Calea .-.zi in quella cir- costanza , giacché questo fìi meramente f.ir- tuito , mentre risulta dagli atti per deposto dei testimoni < he ili' , ? ! - >
a visisarlo nell’ospedale la seguente matli-
Jeazzi « ma perche non ,’, .. ‘ scansalo ? al
die questi rispose « perche II Colilo appena
vide la gente mi sf è attaccalo ».
Considerando non potersi dubitare che il de-
litto seguisse con piena intelligenza , e per
volontà , e preoi lina te dei itore po-
litico ? Odoardo Murray. Ammette costui che
ricevesse l’ordine di esirarra t no-,.
tenuti dalle prigioni, e di tradurli col mez-
sponsahiliia, e che invece commettesse que-
gini e Galeazzi : cogniti per la di loro fe-
rocia lo che fa ritenere che ci ciò facesse
per abbandonarli più facilmente all’assassi-
nio ed alla morte animelle ! in-invece di re-
carsi in persona a prendere al carcere colla
vettura i detenuti , com’è costume, e come
esigeva l’importanza della commissione ri-
cevuta , si ponesse ad attenderli con la vet-
tura in Piazza nuova sebbene conosce e
della notte per tante strade, che dovevano
percorrere onde, giungere dalle prigioni a
piazza nuova colla scorta di due soli com-
messi, e questo contegno dimostra ch’Egli
volesse in qualunque modo il tragico lor
fine. È dippiù provato che la sera dei 4 6.
? Aprile congedasse fin dalla prima ora dal-
l’officio tutti gli altri commessi rimanendo
solo con Biagini e Galeazzi il che dimostra
che ciò facesse nel fine di dar loro occulte
istruzioni su quanto dovevano eseguire: è
= m
Pinrnnlrn indio nnvtihìl» della fm-ja arma
«eua 101 za ai ma-
M
minati detenuti in ‘I ( , t , ,
sicuro’,”ónde non
Il W;ì
: Il ,¦, ¦ .- : . :¦ e i. : e :
S’tSri”‘;:’ “.,:’¦’ ‘
;,r ‘v ;;;;; :,d2sJìi
!° questi urgen-
tissimi , , i ? . t-adedm-
|Ì :Èè
K enalioni’a
pù !,’ – “.!
/’.¦’¦’..’ ¦?’¦’-:
‘(t r . >( i
A«gclueci
Donimi’1 , a fronte
qui” ,’hTl Y’ / o , > ., l d.Tlta!
lo che questa,violenza cseguivasi ss perqui-
sivano i e! feriti ,
sei ferito P alzati sii che non hai niente ; e
ubriaco »
Considerando che se quell’assassinio fosse stato
il risulta »ne, e non
effetto di pallilo, diversamente si sarebbero
trattati quei disgraziati, epiuttosioc
giormenle opprimerli, ed insultarli, si sa-
rebbero sollevati, e soccorsi, come l’umanità
richiedeva.
Considerando che il Murray nel suo Rapporto,
come Ispettore di Polizia, del O Aprile
tacque, il che non doveva ommetlere per
obbligo del suo officio, la seguita morte di
Pacifico Angelucci, e non fece menzione
della mantella caduta al Collio nell’atto del
ferimento, e raccolta dal Biagini, né delle
carte da questo arbitrariamente apprese allo
stesso Collio, ma si limitò solo a far cre-
dere, che il delitto fu opera tutta di più
sconosciuti aggressori, contro i quali riuscì
vana ogni difesa de’ suoi Commessi.
Considerando avere ammesso il Murray che
prevedendosi il vicino ingresso in Roma
dalle armate francesi gli fu comunicato un’
ordine del noto Garibaldi, col quale insi-
nuavasi ad esso , e agli altri sicarj di An-
cona di provvedere a loro stessi, per cui si
munì di passaporto inglese per recarsi a
Corfù temendo come egli dichiarava delle ac-
cuse che poteva avere in Ancona.
il sospettoso contegno spie-
galo dal Murray nella dimissione dal Car-
cere del Collio e degli Angelucci in mani-
festa opposizione ali ordine ricevuto; l’avere
affidato le persone di questi esclusivamente
ai due suoi dipendenti Biagini e Galeazzi
conosciuti sicarj!; Pavere abbandonato all’ora
del delitto Piazza nuova, e l’essersi condot-
to in luogo prossimo a quello delia pai ra-
zione, alla PiazzadelTeat.ro; l’essersi il
Biagini direttamente condolto a questa piaz-
za, appena consumato il delitlo per infor-
marne subito il Murray; l’aver costui tra-
scuralo di recarsi immediatamente presso
gii offesi, com’era di suo dovere, per rac-
cogliere da loro le notizie del fatto onde
istruirne la giustizia; l’aver invece prescrit-
to la traduzione di medesimi al pubblico
ospedale, facepdo violentemente rimuovere
contro ogni legge da casa ospitale il Collio
e Domenico Angelucci, l’infedeltà del rap-
porto, in cui tacque non solo le principe, i
circostanze del fatto, ma pose ogni studio
per allontanare da se, e da suoi commessi
ogni sospetto di reità ; lo avere il Trium-
virato indicati per assassini il Biagini il
Galeazzi, e lo stesso Murray; l’appartenere co-
stui alla lega sanguinaria, l’essere stato ap-
punto rom’uno dei sicarj arrestato per or-
dine del Triumvirato li 27 Aprile J849 ;
l’apprensione nell’atto di tale arresto di uno
stilo lordo di sangue; i mezzi già prepara-
ti per fuggir dallo stato alla ripristinazione
del Pontificio Governo; finalmente il non
aver saputo dare alcuna giustificazione di se,
sono circostanze tutte che coartano a rite-
nere il Murray altro dei principali correi di
tanto delitto.
Considerando che il Murray sebben nato in
estero Stato, tuttavia Egli ha formalmente
dichiarato in Atti, che fin da ragazzo si è
recato in Italia ed in. vari luoghi degli Sta-
ti della S, Sede; che, prese in Moglie nella
Città di Loreto una suddita Pontificia ; e
che sono cjtre i dieci anni che ha stabile
domicilio in Ancona insieme alla sua Fa-
miglia, per cui è a considerarsi qual sud-
dito Pontificio, e alle pontificie leggi sogget-
te secondo il test, nella leg. 5 Cod. de In-
colis; Bruneman. Comm. in Cod. ad dici.
leg. 5 num. 5, Voci ad Panile et. in ila. iiO
ti!. 4 de albo scribendo num. 3; Ani. Mal.
lib. 48 Iti. % de uni. 7 Car-
pzov lib. 2 resp. 21 num.. 5 et lib. 6 re-
sp. 40 num. I : ed art. 3 a
andò che sul conto di Pietro Ciocco-
lauti, e Vincenzo Rocchi quantunqe
gali alla lega sanguinaria, non si hanno
solfici, ; tenere con pieno con-
vincimento che anch’essi concorressero nell’
assassinio dei fratelli Angelucci, e del Con-
te Servami Collio.
Visto e considerato quant’altro era a vedersi
e considerarsi.
Visti in quanto al primo litolo gli Art. 133
4 03 e ?! ;t ,-;aìc, ed in quan-
to al secondo titolo gli Art. 276 §. 3, 105
del cita; lon che gli
Art. 446, 673 e 676 del Regolamento di
procedura criminale.
v,o Tribunale ha dichiaralo e dichia-
ra in quanto al primo titolo che consta in
genere dell’arresto di Doi
Angelucci, e de! Conte Severino Servami
Collio per far loro ingiuria, e senza ordi-
ne dei – ito ite, e che in spe-
cie ne sono convinti colpevoli in qualità di
correi p >:hcelanti, Vincen-
zo Bocchi, e Vittorio Trinchi, ed in qua-
lità di complici Pietro Borzi, Corra,io Cor-
radetti, ed Alessandro Moe.hi tulli per spi-
rito di parte, ed in applicazione degli Ar-
ticoli 433 403 e 43 del sudetlo Edilio pe-
nale Ivi e ¦
colanti e Vincenzo Roseli! ad anni cinque
di Opera pubblica, e Vittorio Trinchi ad
anni tre delia stessa pena ; Pietro Borzi,
Corrado Corradetti, ed Alessandro Mochi ad
anni tre di detenzione.
Ha dichiaralo e dichiara rapporto al secondo
!’.:¦-.!; . :- .’.:: e
persona di Pacifico Angelucci, e di ferite .con
assoluto pericolo di vita a danna di Dome-
nico Angelucci, e di Severino Servarci Col-
lio, e che in specie ne sono convinti col-
pevoli per spirilo di parte, e con prodizio-
ni ed insidie Antonio Biagini, Giovanni Ga-
leazzi, e Odoaedo ‘Murray maggiori di età,
ed in apj I i i . , li ‘Art. 2 § ì e 103
del citalo Editto pende, riìenendo compone- .
irato le ferite nel titolo maggiore ad unani-
mità di voli li ha condannali e e
alia morte di esemplarità, non rosiamlo poi
‘> ‘ < i i io Ciocco- lauti, e Vincenzo so ' ¦ <.i ' ,v < ie ne ,,,- - sto titolo siano posti in libertà provvisoria a senso degli Art. 446, 673, 676 del Re- golamento Organico e di procedura Cri- Insulti, ingiurie e minaccio in danno dei fe- riti Angelucci, eServanzi-Collio nell'Ospedale. Giuseppe Guidoni, Tobia Ortolani, e Massimino Donati. Quantunque le mortali ferite irrogate al Con- te Severino Servanzi-Collio, e a Domenico Angelucci, non che la morte di Pacifico avreb- bero dovuto saziare la vendetta, che ne avea- no giurata i loro nemici, tuttavia recati i primi all' Ospedale cominciarono ad essere l'oggetto degl'insulti e delle ingiurie di quei facinorosi, i quali a bella posta si condu- cevano a quel benefico stabilimento. Consideiand > i nlo ii liti x * ica che spe-
cinta essei dimo tic i del de-
litto, e la rospon. siti Giu-
seppe Guidoni, Tobia Ortolani, e Massimi-
nò Donati da un coro di testimoni, cne s»
trovarono più volte presenti allorquando,
gi’Iuqu i in imi nei loro accessi all’O-
spedaie m s ime di
demagogia si faceano ad insultare, ed ingiu-
riare i’Angelucei, ed il Servanzi esprimen-.
dosi or contro l’uno or contro l’altro» che
ti avessero ammazzalo » Sei un gran birbo-
ne » Ah tu sei quel brigante » Ci sei ca-
pitalo, e simili » persuadendo perfino a
somministrar loro il veleno al vedere, che
veniva recato qualche cibo, o bevanda. In
guisa che i Medici, e gl’Infermieri furono
costretti a dissimulare le loro giuste, e pie-
tose premure per quei feriti, ed anzi a mo-
strare la massima indifferenza del loro peg-
giorare, o migliorare che facevano per non
incorrere in qualche pericolo per parte di
quegli spieiati.
Visto, e ¦ Uro era a vedersi,
e considerarsi.
Visti gli Art. 328 329 e 403 del Regolamento
penale.
Il Supremo Tribunale ha dichiarato e dichia-
ra constare in genere d’insulti, ed ingiu-
rie con minacce a danno dei feriti esistenti
nell’Ospedale di A o Angaluc- ?
ci, e Se; ollio, ed esserne in
specie colpevoli Giuseppe Guidoni, o Vido-
ni, Tobia Ortolani, e Massimino Donali, ed
in applicazione degli Art. 328 329 e 403 del- ?
lo stesso Edilio penale li ha condannati .e
condanna ad un’anno di detenzione.
TITOLO IV.
Conato prossimo di Omicidio a danno dei
Conte Gregorio Servanzi,
Siano Spadolini (a.diati, e
Ilario Mancini < minmace. Giacevano nelle Carceri di Ancona il Conte Severino Servanzi-Collio, e i due A quando il Conte Gregorio Servanzi fratello TITOLO HI. del primo determinò di recarsi in quella Città per rendere meno aspra la sorte di quegli innocenti sventurati. Presovi a com- pagno Girolamo Trotti giunse in Ancona la mattina del dì J2 Aprile 4 849 circa le 8. antimeridiane, e si condusse direttamente nella bottega di un suo amico per conosce- re in che termini si trovassero le cose, e se vi fossero speranze da concepire in propo- sito. Mentre insieme ragionavano ebbe ad osservare il Servami, che alcuni individui il miravano con truce sguardo , onde come quegli, che era conosciuto in Ancona entrò in qualche timore; palesatolo all'amico , ne ebbe a risposta, aver egli commesso un'im- prudenza recandosi in Ancona in sì perico- losi momenti tanto più essendo fratello di una persona presa di mira dai sicarj; alle quali parole il Servami si mostrò disposto a ripartire, ed in questa risoluzione venne confermato dall'amico. Si condusse allora al Palazzo del Preside per avere una scorta a sua personal sicurezza , che gli fu de- stinata nella persona di Antonio Biagini Agente di Polizia. Senza indugio si dires- sero alla via delle tredici Cannelle, dove il Conte ordinò al Vetturino di attaccare subi- to i cavalli per la partenza; intanto che il Trotti si recava all' Albergo della Calzolara per riprendere il respettivo equipaggio. Men- tre il Servanzi trattenevasi presso la vettu- ra passò un Carabiniere ad esso ben cogni- to, col quale prese parola, facendogli cono- scere di non essere tranquillo sul proprio conto, a cui il Carabiniere fece notare, che pur troppo gli si aggiravano d'attorno ta- luni degli Assassini Anconitani. Infatti sulla soglia della bottega di Fortunato Gabrielli si vedeva Vincenzo Rocchi, un poco più in- nanzi Pietro Cioccolanti, sull'imboccatura , del prossimo vicolo del Gallo il Bagarotti , e Mariano Spadolini, e Luigi Rotini contra- bandieri degli Archi, ed un giovane di bas- sa persona, e di giusta corporatura. Cresciu- ti per tal modo i sospetti nell'ani ino del Con- te, pregò il Carabiniere a volerlo accompa- gnare fuori della porta, al che quello con- discese. Allestita la carrozza fu invitato il Biagini a salir dentro, ma ricusò col prete- sto che amava meglio di mettersi in serpa; il Servanzi, ed il Trotti si posero nei posti di dietro, e nello sgombrar che facevano i sedili anteriori per collocarvi il Carabiniere videro un braccio, che lo allontanò dalla vettura. Partirono finalmente, il Biagini pe- rò presso Porta Pia fece fermare il legno , e si pose a camminare tenendo una mano allo sportello della carrozza che si fermò al- la porta alcuni islanti per mostrare i pas- saporti dei viaggiatori; giunta poi agli ulti- mi archi, il Biagini dicendo, che crasi dile- guato ogni pericolo, volle licenziarsi. Avea la carrozza presa la via di Osimo, quando oltrepassate di circa quaranta passi le case degli ultimi Archi, i due viggiatori osser- varono tré individui armati ciascuno di fu- cile, che l'un dietro 1' altro venivano alla loro volta. L'ultimo di essi si colloca appres- so ad un albero, imposta l'archibugio, e al passargli, che fa sotto il tiro la carrozza , esplose il colpo: che quanto alle persone av- venturatamente non ebbe alcun effetto; ben- sì la carica a piombo fracassò il cristallo, e la palla forando il corame, e traversando il legno uscì dalla opposta parte. Considerando in genere, che la prova legale dell'esistenza del delitto viene costituita dal- la perizia assunta sulla vettura , ch'ebbe a trasportare il Collio, e dalla quale ricono- sciuti due fori alla stessa direzione si ha , che i medesimi furono prodotti da una so- la palla di piombo esplosa da arma combu- rente, non che dall'esame di più testimonj, che videro immediatamente dopo l'esplosio- ne quei due fori, e spezzato il cristallo. Considerando in ispecie, che mentre dall' in- carto processuale risulta l'intima relazione de' Sicarj Anconitani, tra i quali annove- ravasi il Biagini, coi così detti Contraban- dieri degli Archi, nel qual numero era Lui- gi Rotini, Mariano Spadolini, ed il contu- mace Ilario Mancini , si rendeva dall' altra parte manifesto il progetto da essi formato di toglier di vita il Conte Gregorio Servan- zi, che con assai maraviglia, e sdegno ave- vano veduto giunto in Ancona evidente- mente per affrettare la liberazione del fra- tello Conte Severino oggetto di singolare odio di quella fazione. Narra un testimonio, che trovandosi con un suo compagno nella mat- tina del delitto sulla Piazza del Teatro si avvicinò a quest'ultimo uno dei noti assas- sini, e gli sussurrò all'orecchio alcune paro- le, cui l'amico rispose « rò, nò « che allon- tanatosi di poi il Sicario, domandò al com- pagno quale fosse stato il soggetto di quel segreto discorso, e ne avesse a risposta, es- sergli stata svelata la deliberazione di uc- cidere Gregorio Collio testé venuto in Anco- na, e perciò aver egli replicato così negati- vamente. La qual deposizione de relato è convalidata da quella del compagno, che te- stifica aver conosciuto dal discorso di quel ribaldo le funeste intenzioni, che si nutri- vano a danno del mentovato Collio. Considerando, che l'aver il Biagini pochi istan- ti prima della partenza, dette alcune paro- le sommesse a quei sicarj, che si trovava- no riuniti presso la bottega del Gabrielli, siccome attesta un deponente; il non esser- si voluto collocare tuttoché cortesemente in- vitato nell'interno della vettura, ma piut- tosto al di fuori; l'esserne disceso poi sotto ricercato pretesto di domandare alcune car- te prima di giungere alla porta, cioè all'Ar- co di S. Agostino, e molto più il non aver voluto rimontarvi, ma anzi aver lasciato l'accompagno al giungere degli ultimi Ar- chi, mentre la vita del Collio ( per la cui sicurezza era stato decretato l'accompagno del Biagini) cominciava piuttosto a versare in maggior pericolo ai venir della, campa- gna; l'essersi finalmente veduto il Biagini dopo il fatto tornare in Città, e riunirsi a quell'individuo di bassa statura, che aveva impedito al Carabiniere invitato dal Conte Gregorio di entrare nella Carrozza, e che col- la più detestabile indifferenza , alludendo a quell'avvenimento dimandò a chi ne depo- ne (n O Cittadino ti è dispiaciuto? » e; ri- spostogli negativamente lo invitò a btere; erano tutti indizj verificati d'altronde, e per confessione del Biagini, e per le altrui te- stimonianze, di così grave ed urgente na- tura , non solo in complesso, ma anche par- titamente considerati, che portavano niell'a- 4 nimo de' Giudici la piena morale convin- zione della complicità del Biagini nel fatto delittuoso. Considerando relativamente allo Spadolini , e Rotini, che dal deposto di un testimonio si ha, che ritornando egli da caccia verso An- cona con un suo amico , pervenuti alle ul- time case degl'Archi incontrarono il Rotini, Spadolini , e Mancini uno de' quali porta- va il fucile; che fermato dai medesimi som- ministrò al Mancini dietro imperiosa in- giunzione dello Spadolini due, o tre capsul- le, durante la qual fermata proseguì il suo compagno a camminare ; che quindi prima di giungere al Borgo Pio ascoltarono una esplosione di archibugio, e nello stesso tem- po alcune donne , che quivi si trovavano esclamare » Povera carrozza, gli hanno dato una schioppettala » L'amico poi con uniso- na testimonianza conferma 1' accennata de- posizione , se non che aggiunge ancora, che passò la carrozza, alla quale tenne dietro il Mancini correndo, e che i tre summento- vati individui erano alquanto scalmati qua- si avessero corso, e venivano alla volta del Piano di S. Lazzaro dalla via, che corre die- tro le case del Borgo fra queste, ed il ter- reno, e che conduce a Capo di Monte. La qual precisata descrizione viemmeglio veni- va a chiarire l'accordo, e gli autori del mi- sfatto. Essendoché riferiva un'altro testimo- nio, che tre, o quattro sospetti individui, tra i quali Luigi ( Rotini ) contrabandiere degl'Archi, formalmente poi riconosciuto , si stavano appostati al vicolo del Gallo , e che al partire della vettura dalla strada del- le tredici cannelle verso Porta Pia presero con massima sollecitudine la strada del Gal- lo , e che mette a Capo di Monte. Veniva insieme quindi stabilito con atto di speri- mento , che dal punto della via del Gallo , ove stavano gli appostali tenendo con -solle- cito passo lo stradale di Porta Capo di Mon- te , via di S. Giovanni Decollato, ed uscen- do da questa per la via del Cemeterio per venire al piano di S. Lazzaro si impiegano diecisette minuti: dal luogo poi d'onde partì la vettura passando la via interna corriera a Porta Pia sino al suddetto piano , ove si commise il delitto, 49 minuti senza calco- lare la necessaria fermata alla Porta. Per lo che nell'apparir chiara la possibilità , che gli appostati individui per le dette vie pas- sassero innanzi alla vettura , nasceva con- temporaneamente spontanea la cagione dell' essersi veduti dal riferito testimonio alquan- to scalmati, né questi si apponeva al vero, quando , senza conoscer punto la testé espo- sta circostanza , deponeva sembrargli , che avessero corso. Visto, e considerato quant'altro era a vedersi, e considerarsi. Vista la circolare della Segreteria per gli affa- ri distato interni dei 23 Maggio 4844, non che l'Art. 403 dell'Editto penale. Il Supremo Tribunale ha dichiarato e dichia- ra che consta in genere di conato prossimo ad Omicidio con esplosione di arma com- burente a danno del Conte Gregorio Servan- zi di Sanseverino, e che in specie ne sono convinti colpevoli in qualità di correi con egual dolo, e per spirito di parte Antonio Biagini, Luigi Rotini , e Mario Spadolini, ed in applicazione della circolare di Segre- teria di Stato 23 Maggio 4 844. N.° 53982. col concorso dell'Articolo 4 03 dell'Editto pe- nale li ha condannati e condanna alla galera per anni quindici. TITOLO V. Di Omicidio in persona di Pier Vincenzo Gri- foni CONTRO Pietro Cioccolanti, Odoardo Murray, Vincenzo Rocchi carcerati, e Odoardo Serafini contumace. Sull'un'ora e mezza di notte dei 28 Decem- bre 4 848 si presentarono al carcere di S. Pa- lazia Pietro Cioccolanti, Odoardo Murray , Odoardo Serafini, Vincenzo Rocchi, per vi- sitare il fratello del Rocchi ivi detenuto, e per mangiare e bere con esso lui. In tal cir- costanza un' alterco ebbe luogo fra i nomi- nati individui , ed il Sergente Civico di guardia alle prigioni Pier-Vincenzo Grifoni, per cui questi ne avanzò reclamo al Coman- do superiore. Fu perciò il Murray come ca- po di quella brigata chiamato ed ammoni- to dallo stesso comando. Dicesi che per que- sto solo motivo si decretasse dalla lega san- guinaria la morte del Grifoni. Infatti nella prima ora di notte dei 45 Gennajo 4849. mentre il Grifoni anzidetto sortiva dal Caf- fè in via Calamo venne assalito presso lo stesso Caffè, e ferito gravemente nell'abdo- me , per cui dopo tre giorni cessò di vi- vere. Considerando in genere , che la prova dell' esistenza del delitto rimane stabilita dalla relazione chirurgica dalla quale risulta che il Grifoni fosse rinvenuto affetto la sera dei 4 5 Gennaro 4 849 di una ferita incisa iieH'abdomc penetrante in cavità, e precisa- mente nella regione ipogastrica destra; dal- la successiva relazione del decesso; dall'atto della legale ricognizione, ed autopsia cada- verica, da cui emerge che la ferita penetra- ta in cavità per aver leso l'intestino ileo , ed un gì an tratto degl'intestini tenui fìi l'u- nica causa della seguita morte del Grifoni ; Considerando in specie , che sebbene il Grifo- ni nella sua incolpazione dicesse che gli sem- brò per certo essere stato il, suo feritore O- doardo Murray, che aveva in testa un bo- netto civico; sebbene il Murray ammetta che fosse solito portare l'indicalo bonetto, e che anche il Preside di allora lo credesse reo del delitto, pure intesi i testimoni dal medesi- mo indotti a propria discolpa, è rimasto in qualche modo incluso, che il Murray potesse trovarsi in sua casa nell'ora che seguì il feri- mento. Considerando che Pietro Cioccolanti e Vincen- zo Rocchi non furono minimamente nomi- nati dal Grifoni nella sua incolpazione , il quale anzi dichiarò che niun' altro era in compagnia del suo feritore. Considerando che gli altri indizj che si hanno a carico del Cioccolanti, e del Rocchi non sono concludenti per chiamarli a rispondere del succennato defitto. I Visto e considerato quant'altro era a vedersi e considerarsi. E Visti gli Art. 446, 675, 676 del Regolamento Organico e di proced. criminale. E II Supremo Tribunale ha dichiarato, e dichia- i ra constare in genere di Omicidio a danno di Pier Venanzo Grifoni non constare abba- stanza della specifica colpabilità dei Preve- nuti Odoardo Murray, Vincenzo Rocchi, e Pietro Cioccolanti, ordina perciò che siano posti in libertà provv isoria per questo tito- lo a senso degli Art. 446 675 676 del Re- golamento Organico, e di procedura Crimi- nale. TITOLO VI. I Di Omicidj deliberati commessi la sera de- gli 8 Aprile 4 849 nelle persone di Nazzare- no Bellomo , ed Alessandro Tittoni di An- cona. CONTRO Lodovico Beducci, Antonio Biagini, Luigi Carelli, Pietro Cioccolanti, Giovanni Dell'Onte, I Giovanni Galeazzi Ciriaco Giambrignoni, Odoardo Murray, Andrea Panini, Pietro Pierini, Vincenzo Rocchi , Policarpo Traversetti, Giacomo Zannoni, carcerati. NON CHE CONTRO Paolo Duse, Fortunato Gabrielli, Giacomo Montanari, Bernardo Moroni, Luigi Paolini, Leopoldo Polini, Rinaldo Rossi, Odoardo Serafini, contumaci. I Nazzareno Bellomo, ed Alessandro Tittoni so- pracchiamati l'uno Battiloro, e 1' altro Ma- stellaro venivano designati dai sicarj di An- cona come centurioni, e briganti. Erano per- ciò di continuo insidiati , essendo stato il Bellomo nella notte del 3 al 4 Agosto 4848 persino ferito in una coscia da colpo di pi- stola. A fronte però dei mali che vedevano sovrastar loro a fronte dei miseri tempi che correvano , non lasciavano e di notte e di giorno di vagar per la città, e di condursi ne' pubblici luoghi. I La sera degli 8 Aprile 4849 poco dopo la mez- z'ora di notte una turba di sanguinarj capi- tanati dai contumaci Fortunato Gabrielli , ed Odoardo Serafini s'introdusse per la por- ta grande sulla strada della loggia nel Caffè Dorico o del Greco , situandosi nella parte sinistra della camera grande. Incominciaro- no quei tristi a far quivi bagordo, cantan- do canzoni coll'intercalare » Al suon della pistola Pin/ame coderà » e ripetendo le so- lite grida di spavento » morte ai bi I Temevano gli astanti di qualche grave di- sordine , tanto più che alcuni di quella san- I guinaria brigata sortivano ed entravano or da una parte, or dall'altra come attendessero 1' arrivo di taluno. Infatti poco prima dell'un'ora di notte per la porticina che mette nella via delle cipolle entrano nel camerino del Caffè il Bell'omo, e il Tittoni , ed ordinano una bevanda spi- Poco appresso penetra per la stessa porticina Odoardo Murray con altro sconosciuto, pas- sa nella camera grande parla con voce som- messa col Serafini e con altro sicario , e sorte quindi dallo stesso caffè. Dopo questo colloquio siegue subito uno straordinario movimento fra quei facinorosi : altri sorto- no per la porta grande del Caffè; altri s'in- troducono nel camerino , e di questi chi esce per la porticina che mette nell'atrio del palazzo Cresci, e chi per l'altra che guarda la via delle Cipolle: si ode un fischio, quin- di un colpo d'arma da fuoco esploso dall' a- trio Cresci entro il Camerino; fuggono per la porta di quell'atrio Bellomo e Tittoni; si sentono allora due altre esplosioni, quindi un acclamare ajuto, un gridare » salvatemi almeno la vita » Subentra poi il più cupo silen- zio: Bellomo e Tittoni sono lasciati sulla ?stra- da cadaveri. Taluni degl'Assassini rientrano colla massima indifferenza nel Caffè a con- sumare quanto avevano ordinato , e soddi- sfarne il prezzo. Considerando che sono provati in genere gli omicidj di Nazzareno Bellomo e di Alessan- dro Tittoni dalla legale ispezione , e sezio- ne dei cadaveri , essendosi rinvenuto quel- lo di Bellomo affetto di quattro contusioni, di due ferite prodotte da arme da fuoco nel- la regione temporale , e di nove ferite in varie parti del corpo prodotte da istrome,n- to incidente e perforante alcune delle qua- li per aver leso in più parti gì' intestini tenui, e recisa l'arteria crurale furono cau- sa unica della morte ; mentre l'altro di Tittoni si riconobbe affetto di una sola fe- rita prodotta da arme da fuoco nella regio- ne temporale sinistra, che per aver frattu- rato il cranio, e per avere il proiettile tra- passato il cervello da parte a parte fu cau- sa immediata della morte. Considerando in specie esser concludentemen- te provato in atti che tutti gì'inquisiti fa- cessero parte della lega sanguinaria la qua- le anche a confessione del correo Andrea Papini erasi formata in Ancona sotto la di- pendenza del contumace Fortunato Gabriel- li, e che i socj ne ritraevano un qualche guadagno essendosi fra loro divisa una som- ma anche nella Feste di Pasqua , avendo avuto ciascuno circa quaranta due paoli. Considerando che dalle deposizioni giurate di venti testimoni risulta che il Bellomo e il Tittoni fossero odiati dalla fazione sangui- naria che dìcevali centurioni , briganti, spie di Governo, e contrari alla Repubblica aven- do perfino l'imputato Giovanni Dell' Onte confidato ad un testimonio che ne depone, ehc la setta aveva da lungo tempo delibe- rato , che si uccidesse specialmente il Bel- lomo ovunque si fosse incontrato. Considerato esser concludentemente stabilito sulla fede di moltissimi testimoni che una turba di oltre venti sicarj , fra i quali fu- rono riconosciuti i contumaci Luigi Paolini, Serafini Odoardo, e gl'inquisiti Ludovico Be- rtucci Pietro, Cioccolanti, Giovanni Dall'Onte, Ciriaco Giambrignoni, Andrea Papini, s'in- trodusse sulla mezz' ora di notte della sera degli 8 Aprile 4849 nel Caffè Dorico o Dei- Greco ; che i componenti la medesima col- locatisi tutti alla parte sinistra della Came- ra grande del Caffè, si fecero a cantar can- zoni , e a mandar grida minacciose; che si videro fra loro parlar sommessamente , ed altri avvicinarsi di sovente alla porta del Caffè , come per esplorare se alcuno fosse per giungervi, circostanze tutte, che por- tano a ritenere, che i medesimi avessero una qualche contezza del prossimo arrivo in quel luogo del Bellomo, e di Tittoni de- signati alla strage. Considerando che tuttociò maggiormente acqui- sta forza , se si rifletta , che giunti appena i nominati Bellomo e Tittoni nel Camerino per la porta corrispondente alla via delle cipolle entra per le stessa porta Odoardo Murray con altro sconosciuto, e recatosi a dire brevi parole a Serafini , e Dell'Onte , si vide subito fra questi un insolito mo- vimento , andando altri alla porta principa- le , altri a quella che immette ncll' atrio Cresci, altri all'altra che guarda la via del- le cipolle , dopo di che si udì un fischio , quindi un esplosione di arma da fuoco, cui tenne appresso l'immediata fuga dal Came- rino di Bellomo e Tittoni i quali dopo lo sbaro di altri due colpi cadono estinti sulla pubblica strada. Considerando che il cumulo de'narrati fatti , ed indizj bastantemente addimostra che quel- l'eccidio fu conseguenza di precedente con- detto della lega sanguinaria , per cui non possono esimersi dal risponderne ii mente tutti quegli aggregati che favorirono presenziarono e consumarono il delitto. Considerando che più testimoni di vista non che il correo Lodovico Beducci assicurano che Giovanni DelP Onte fosse uno dei fa- ziosi, ch'entrarono sulla mezz' ora di notte nel Caffè Dorico; che due testimonj pro- vano , eh' egli insieme al contumace Sera- fini s'introdusse nel Camerino ov' erano il Bellomo e il Tittoni. Considerando risultar degli Atti, che Dell'On- te nel giorno susseguente al misfatto confi- dasse a due Persone non solo di aver avu- to parte nel delitto , ma di aver concorso con varj compagni della lega inquel la stra- ge , narrando eziandio le più precisa circo- stanze del fatto. Considerando, che manifestate a Dell' Onte queste risultanze, non seppe addurre alcu- na prova in contrario , ma solo si limitò dire non ricordare ove fosse, e cosa operas- se in quella sera degli 8 Aprile , perchè trovavasi ubriaco. Considerando che dalla confessione sti-agiudi- ziale di Dell' Onte e dal deposto di più te- stimonj rimane stabilito che anche Ciriaco Giambrignoni si trovasse al Caffè Dorico fra la comitiva de' sicarj ; che si recasse sul- la soglia del camerino per esplorare le azio- ni di Bellomo e Tittoni ; e che inseguisse questi nella fuga, e vibrasse colpi al la vita di Bellomo. Considerando che a combatter quesle prove non è sufficiente quanto dedusse il Giam- brignoni. Questi infatti dapprima si fece a dire di non ricordare ove passasse quella sera, quindi ammise, che fu nel Caffè del Greco, ove udì il contumace Serafini gri- dare co'suoi compagni «morte ai briganti», che a queste voci partì subito solo, e si recò nelP Osteria del Falchetlo a Capo di Monte , ove bebbe insieme a quattro perso- ne che nomina ; quali però esaminate , tut- te hanno sostenuto che l'accesso dell'inqui- sito in quella osteria avvenne mezz'ora do- po consumato il delitto ; per cui ebbe un tempo più che sufficiente per recarsi dal luogo del misfatto all'Osteria del Falchette Considerando esser concludentemente provalo che anche Andrea Papini facesse parte del- la comitiva de' sicarj , la quale si condus- se nel Caffè Dorico ; che fu visto special- mente mettersi a guardia della porticina che corrisponde nell' atrio Cresci, d' onde venne il primo colpo di pistola, e stare esploran- do dalla vetrina le azioni di Bellomo e Tit- toni, che rimanevano nel camerino del Caf- fè. Lo stesso Papini non impugna che accedes- se in quel Caffè ove pure erano fra gli altri Gambrignoni, Serafini e Paolini ; che osser- vasse fra i compagni un parlar sommesso, ed uno straordinario movimento, sortendo in fretta chi da una porta, e chi dall'altra ; che udite alcune esplosioni vedesse sulla strada fuo- ri del Caffè un'azzuffamento d'individui , imbrandire armi e ferire, ed udissi «ferma ferma» e rispondere «lascia che muojano questi briganti » circostanze tutte che addimostrano ch'egli realmente presen- ziò il fatto , e fanno ragionevolmente rite- nere , che per la sua qualità di sanguina- rio concorresse cogli altri nel deliberare ed eseguire il delitto. Considerando esser confesso Lodovico Beducci che in quella sera si recasse nel ( Greco in compagnia di molti individui , de' quali specifica l'inquisito dell' Onte ed i contumaci, che quivi si posero tutti a cantare ; che vide all' improviso alzarsi il Serafini, ed andare verso la porticina del Camerino a discorrere con persona che non ricorda , da cui fu chiamato ; che udì quin- di delle esplosioni, e sortito insieme agli altri trovò uccisi sulla strada il Bellomo , e il Tittoni. Considerando che secondo i detti del correo Papini , convalidati da tutti i testimonj, è certo che tutti quelli che componevano la comitiva , di cui faceva parte lo slesso in- quisito Beducci non cheDell'Onte , e Giam- brignoni sortirono dal Caffè per le varie porte ad un primo segnale , e si azzuffa- rono , ed uccisero i nominati Tittoni e Bel- lomo , per cui è a ritenersi che anche il Beducci prendesse parte nel delitto. Considerando che maggiormente ne convince il deposto dei testimoni , i quali lo vide- ro sortire coi compagni immediatamente dal Caffè alla prima esplosioue , e lo incontra- rono subito consumato il delitto andare co- gli altri faziosi dalla strada della Loggia ver- so la piazza. Considerando , risultar dagli atti che dopo l'ingresso di Bellomo e Tittoni nel cameri- no del Caffè si vide entrare per lo stesso Camerino nella Camera grande un giovane che venne indicato coll'espressione « quello è il celebre Murray » , il quale si fece a parlare in disparte con Serafini , e Dell' Onte , dopo di che sortì per la porta gran- de , e quindi seguì la partenza dal Caffè dei sicarj e 1' aggressione , come si accenna anche dai correi Papini, e Beducci dal che si arguisce che il Murray dopo avere esplo- rato i passi del Bellomo, e Tittoni solleci- tasse quei sanguinar]", a consumare la pre- ordinata strage. Considerando che lo stesso Odoardo Murray fu visto appena commesso il delitto recar- si dalla strada della Loggia verso la piazza in compagnia dei predetti sicarj che anda- vano festosi pel versato sangue. Considerando che queste risultanze le quali offrono i più urgenti indizj di sua correi- tà nel fatto delittuoso, non lasciò il Murry di combatterle, sostenendo che nel momen- to del delitto trovavasi in officio, ove ne ebbe notizia da un' ufficiale civico circa la mezzora di notte. Esaminati per altro i tre testimonj dal medesimo indotti , tutti con- cordemente sostennero che non videro af- fatto in quella sera il Murray, e che l'offi- cio per esser la solennità della S. Pasqua fu chiuso ad un quarto di notte. Inteso pure l'ufficiale civico nominato dall'inqui- sito, dichiarò che non vide, né parlò col medesimo, oltreché era impossibile che al- la mezzora di notte gli riferisse un fatto che avvenne mezzora dopo. Considerando che fu lo stesso Murray quello che si diede ogni premura di far rimuove- re nella stessa sera e trasportare nella ca- mera mortuaria i cadaveri degl' interfetti contro le disposi e prima che ne seguisse la legale ricognizione col mezzo del Ministero inquirente. A discol- parsi di questo arbitrio dedusse ne' suoi esami, e dichiarò nel rapporto esibito la mattina dei 9. Aprile t849 che fu costret- to rimuovere quei cadaveri , esigendolo il popolo tumultuante. Ma oltreché non sep- pe addurre alcuna prova a sostegno delle sue assertive , fu smentito anche dal suo commesso e coinquisito Antonio Biagini , che disse esser faìsissimo che il popolo vo- leva l'immediato trasporto de' cadaveri , aggiungendo dippiù che sul luogo neppure- eravi alcuna persona. Considerando che il Murray nei rapporti da esso esibiti sui varj delitti avvenuti in An- cona, tace non solo le relative circostanze, ma occulta costantemente gli autori, e qua- lunque indizio che avesse potuto servire a discuoprirli. Né può presumersi che l'ispet- tore politico qual'era il Murray fosse il so- lo che ignorasse cose a tutti note perchè commesse o in pieno giorno, o alla vista di molti, per cui è a ritenersi che apparlenen- do esso alla lega sanguinaria , il tutto oc- cultasse per favorire i socj i quali per or- dine della setta consumavano i delitti. Considerando che Antonio Biagini oltr' essere generalmente riputato per uno di quelli che uccisero Bellomo e Tittoni, fu visto pure immischiarsi fra coloro che vibravano col- pi alla vita del Bellomo. Considerando che lo stesso inquisito concorse insieme col Murray all'arbitrario, ed imme- diato trasporto di quei cadaveri nella camera mortuaria. Anche in questa circostanza il Biagini mostrò la sua fierezza di ànimo ver- so gli estinti, giacché trovalo a pie de'me- deshni un lume acceso dall'altrui pietà, egli lo gittò lungi con un calcio esprimendosi » che i lumi non occorrevano ai bo/'a, alla ca- naglia « Collocatili quindi su di una car- riola l'uno contro l'altro, si espresse in aria di scherno che in quel modo non avrebbe- ro potuto parlar fra loro. Portati poi nella Camera mortuaria, il Biagini, il Murray ed altri loro compagni non lasciavano ingiu- riarli, or dicendo ch'erano due buoni ma- j'ali, e che sembravano morii bene, or per- cuotendoli nella faccia, e con vergognoso motteggio interrogandoli « Di sii chi seti Considerando esser provato da più testimonj che dopo depositati i cadaveri nella came- ra mortuaria si unì il Biagini in piazza grande ai sicarj, fra quali i contumaci Po- lini e Montanari recandosi con essi nell'O- steria presso S. Agostino ove non cessò di porre in ridicolo le immolate vittime, lo che assicura anche un' altro coinquisito; Considerando, che il Biagini mentre ammet- te di esser concorso nel trasporto de' cada- veri , mentre vuol far credere che inavver- tentemente inciampasse nel lume posto a piedi dei medesimi nega a fronte delie pro- ve di aver fatta ad essi qualunque ingiu- ria . Sostiene poi che non prendesse parte nel delitto, or dicendo che trovavasi in of- ficio, ora ch'era in pattuglia, ora che non ricordava per essere in quella sera ubbria- co, contradizioni che sempre più appalesane la sua colpabilità . Considerando, che Vincenzo Rocchi, e Pietro Cioccolanti designati da tutti pei principali esecutori degli assassinj che si andavano giornalmente commettendo in Ancona , per deposizioni testimoniali risulta che facesse- ro parte della comitiva dei sicarj nel Caffè Dorico, e che concorressero nella uccisione dei nominati Bellomo e Tittoni. Considerando che il Rocchi nell'avere ammes- so , che la sera del delitto fosse unito al Cioccolanti , volle sostenere che alla mez- z' ora di notte si recassero ambedue a cena nell'osteria del battello ove rimasero fino all' un' ora e mezza ; mentre disse altrove che circa l'un'ora si trovavano per la strada del Calamo, e che quindi andarono all'o- steria del battello. Considerando che il Cioccolanti , il quale ri- chiese reileramente la impunità, che reite- ramente gli venne negata, smentisce il Roc- chi dicendo, che postosi a dormire in pro- pria casa nelle ore pomeridiane non si al- zò che circa le due di notte , recandosi in piazza senza poter rammentare cosa facesse e con chi parlasse. i nel con- tradirsi fra loro, nel non saper dare alcu- na giustificazione di loro condotta nell'ora del delitto dannò maggior credito alla pro- va che si ha a loro carico. Considerando che gì' imputati, Carelli Luigi Giovanni Galeazzi, Pietro Pierini, Policar- po Traversetti, e Giacomo Zannoni, negano tenacemente di essere acceduti cogli altri nel Caffè del Grcgo , e di aver preso parte nella patrazione degli omicidj . E siccome non si ha a loro carico che la deposizione di talun testimonio singolare così manca prova baslantc per ritenere la di loro col- pabilità. Visio e considerato quanV altro era a vedersi e considerarsi. Visti gli art. 275 e J03 del Regolamento pe- nale , non che gli artitoli 546 675 e 676. 6 «Sei regolamento organico e di procedura criminale. ..io Tribunale ha dichiarato e dichia- ra che coiis!:> in sonore «li Omiridii delihr-
rati commessi la sera degli 8. Aprile. 48S9,
nelle persone di Nazzareno IWIIomo, ed Ales-
sandro Tilloni, e che in specie ne sono con-
vinti colpi-voli in qualità di correi con cgual
idolo e per spirito di parte Lodovico IWdiic-
Ù, Antonio Biagini, Pietro Cioccolanti, Gio-
vanni Dall’Onte, Ciriaco Giambrignoni,0-
doardo Murray, Andrea Papini, e Vincenzo
Bocchi, ed in applicazione degli Art. 275.
0 4 03, ad unanimità di voti li ha condan-
nati e condanna alla pena di morie, non
costando poi abbastanza della colpal
questo titolo di Giovanni Galeazzi, Giaco-
mo Zannoni, Luigi Carelli, Policarpo Tra-
versetti , e Pietro Pierini ha ordinato ed
ordina che a senso degli Art. 446. 6T5.
676. del Regolamento Organico di procedu-
ra Criminale siano posti in libertà provvi-
soria , e passati alla polizia per una rigo-
sa sorveglianza,
TITOLO VII.
!>rrinvilitalo acculilo nel giorno -lì).
Aprile -1849 a co
persona del Padre Luigi Okeller Sacerdote
Carmelitano.
. Pietro Cioccolanti,
Vincenzo Rocchi , e
Giovanni Gobbi carcerati, ed Odoar-
do Serafini, e Giorgio Fabretti contumaci
Volendo il Padre Luigi Okeller Carmelitano
dimorante in Ancona recarsi in Loreto, an-
dò nella sera del -18. Aprile 4 849 da Gio-
vanni Gobbi detto Santolo per combinare
Ja vettura ; avendone però avuto una trop-
po forte richiesta , e nato perciò un breve
alterco , si condusse invece dal Maestro di
posta , col quale accordatosi prese intelli-
genza di partire nel giorno appresso alle Ore
5. antimeridiane. Parli di fatti la mattina, e
fece ritorno in Ancona nello stesso dì circa
la mezz’ ora di giorno : smontato dalla car-
rozza si avviava al proprio Convento, quan-
do giunto nello spazzo Ferretti, Vincenzo
Rocchi estratto da sotto il mantello un pi-
stone glie lo esplose alla vita, e nell’atto,
che quello sventurato barcollando si racco-
mandava al Cielo , Pietro Cioccolanti gli
scaricò contro la pistola , che lo fece cade-
re esamine presso alla gradinata che da in-
gresso ai Tribunali.
Considerando , che la prova in gemere de! de-
litto risultava dai due Rapporti :
politico, e della (Iran Guardia della Piazza,
non che dal giudiziale attuo’, ri >gi – .ne,
hilis.-c” aveva ri-
portate quattro ferite lacere prodotte da pro-
iettili esplosi da arma comburente che per
aver lacerato l’aorta , ed il colon trasverso
furono dagli esperti giudicate causa unica ,
ed assoluta della morte.
andò per la parte specifica riconoscer-
si Ja causa impulsiva a delinquere nel pro-
fesaro, r estinto massime contrarie a quei;?
limavaxio’.Yi, cu ali’ anarchico redimo, per
cui addivenne oggelo di vendetta dei Sica-
r Anconetani.
Considerando, che il Rocchi, ed il Ciorrolan-
ti secondoehè depongono molti testimonj
furono veduti poco innanzi all’ ora dell’omi-
cidio avviarsi associati allo spiazzo Ferretti,
luogo ove fu commesso il delitto , avendo
il Rocchi un’ arnia lunga da fuoco sotto il
braccio, ed il Chioccolanti un fucile , il cui
calcio gli sporgeva inori del mantello, che
indossava , la (piai circostanza a carico del
Rocchi viene ammessa dal Croccolanti me-
desimo.
Considerando , che a queste risultanze faceva
seguito T importante deposto di altro testi-
monio , il quale pochi istanti innanzi al
delitto riconobbe il Ciaccolanti appostato a
contatto del portone Ferretti con un’ arale
da fuoco, la cui canna ; > ”.agli sotto il
mantello,ed accanto stare appostalo altro in-
dividuo, che descrive in modo del tutto con-
gruente al Rocchi; Aggiungeva, che appena
partito dallo spia /.o terreni incontrò nella
Piazzai’ reOkeller, chesene
andava verso il predetto Spiazzo, ed e:
esso deponeme a ? ? io al parapetto, che
guarda la marina udì due colpi di arme da
fuoco. t
Considerando , che non mancavano in allL ul-
teriori prove , le tinnii anche più diruta-
mente includevano , che gli Inquisiti fosse-
ro gli autori della narrata uccisione. Rife-
riva in proposito un testimonio , aver ve-
duto il P. Luigi proveniente dalla Piazza
del Comune , che giunto al luogo interme-
dio alla Bottega [tossi, ed al cantone dlella
gradinata dei Tribunali, Vincenzo Rocchi
movendosi dal Volto Fatati, e scuopcendosi
il mantello, ond1 era coperto, ne esir.ssse
un pistone, che esplose dietro al lì.
dandosi quindi alla fuga
per quel Volto ; che caduto il P. Luigi men-
tre si affaticava ad alzarsi un secondo col-
po gli fu esploso da altro individuo , che
parimenti prese subito la via dello stesso
Volto. Un secondo deponente poi assicura-
va che trovandosi nella hot lega di Elisa
Alesandrini posta nello spiazzo Ferretti udì
una grand’ esplosione in quel luogo , alla
quale uscito fuori all’ istanle vide il P.
Okeller, che vaccinava ed insieme un’uo-
mo, che gli parve’sicuramente il Clou-co-
lanti , esplodergli contro un’ altro cai pò ,
dopo di che se ne fuggì a passo sollecito
pel Volto Fatati.
nido quanto al Rocchi concorre il re-
ferto dello slesso Cioccolanti, che narra a-
vergli il primo confessato nella medesima
sera del delitto di aver ucciso il P, Luigi,
perchè avversava il regime repubblicano.
Considerando, che molti altri testimonj pre-
senti al delittuoso fatto descrivono per au-
tore del primo colpo un’ individuo di per-
sona , e di vestiario congruente al Rocchi,
e del secondo un’ uomo corrispondente in
tutto al Cioccolanti.
nido , che nella unione dei riferiti
indizj, e prove mentre ne risultava una
dettagliata, e precisa storia di ciò, che pre-
cedette , accompagnò , e susseguì il misfat-
to , si ravvisava in egual tempo una sin-
golare coerenza , e concatenamento, in gui-
sa, che prendendone secondo i canoni delia
criminale giurisprudenza gli uni dalle altre
mutua forza , e schiarimento , non poteva
il Supremo Tribunale non riconoscere evi-
dentemente provata la specifica co
dei due inquisiti.
indo , che le tavole processuali non
offrivano in ordine al Gobbi quelle risul-
tanze atte ad includere ch’egli fosse sciente
a parte antea , od avesse parte col Rocchi,
e Cioccolanti nella esecuzione del barbaro
disegno.
Visto, e consideralo quant’ altro era a veder-
si, e considerarsi.
Visti gli Art. 275, 77, 403 del Regolamento
penale, non che gli Art. 446 , 675 , e 676
del Regolamento di Proced. Crim.
Il Supremo Tribunale ha dichiarato, e dichia-
ra constare in genere di Omicidio premedi-
tato avvenuto la sera del -19 Aprile 4 849 a
colpi di arma comburente, in presona del
P. Luigi Okeller Sacerdote Carmelitano Ir-
landese, ed esserne in ispecie convinti col-
pevoli per spirito di parte Pietro Cioccolan-
ti , e Vincenzo Rocchi , ed in applicazione
degli Articoli 275, 77 e 4 93 dell’Editto pe-
nale ad unanimità di voti li ha condanna-
ti e condanna alla pena di morte, non con-
stando abbastanza della colpabilità di Gio-
vanni Gobbi detto il Santolo in questo ti-
tolo, ordina che a senso degli Articoli 440,
675 e 676 del Regolamento Organico di pro-
cedura Crim. sia dimesso in libertà prov-
visoria e passato alla Polizia per una rigo
rosa sorveglianza.
TITOLO Vili.
Spergiuro, e falsa deposizione con giuramento
nella Processura Crim. pel titolo precedente
CONTRO
Luigi Pugnaloni
Mentre avveniva l’uccisione del Padre Okeller
di cui si è parlato al titolo precedente, sfa-
vasi chiudendo da Salvatore Tremolini, e
Luigi Pugnaloni la porta della bottega di
Daniele Ferretti situata di fronte al luogo
dell’Omicidio. Sottoposto Luigi Pugnaloni
a giurato esame depose, che mentre smor-
zava il fuoco sul cammino dentro alla men-
tovata bottega , e Salvatore Tremolini suo
compagno di lavoro indossava la propria
giacchetta, intese due esplosioni, l’una ap-
presso 1′ altra , che appena ciò udito usci-
rono ambedue. A ata la chia-
ve, e chiusa per tal modo la bottega prese
la volta di Via Grande per recare la chia-
ve stessa al padrone, che soltanto nell’usci-
re intese quel Religioso , che proferiva le
parole « Gesù mio, .Maria mia » e lo vide
quindi disteso in terra, sostenendo di non
aver veduto l’autore delle esplosioni. Da
tuttociò, che dalle tavole processuali risul-
tava, appariva chiaramente mendace siffat-
ta deposizione, onde a termine degli Arti-
coli 304 e 305 del Regolamento di Proced.
Criminale venne il Pugnaloni tradotto nel-
le Carceri per il succennato titolo, successi-
vamente poi abilitato.
Considerando , che in genere , ed in ispecie
, era manifesta la prova della esistenza, e
della colpabilità di Luigi Pugnaloni nell’as
serire e sostenere iì falso. Perocché, dichia-
rava Egli in giurato esame, che mentre
smorzava il fuoco sai cammino della bot-
tega Ferretti, ed il suo compagno Salvato-
re Tremolini si vestiva per uscire , intese
due esplosioni, dopo di che ambedue si al-
lontanai . nenie senz’ aver ve-
duto da chi fossero esplosi quei colpi. Sfa-
vagli però contro il giuralo esame del Tre-
molini, il quale assicurava, che esso ed il
Pugnaloni slavano inori la porta della hol-
lega in atto di chiuderla , quando s’ intese
una esplosione in seguito della quale vide
il Tremolini cadere in terra un Frate Car-
melitano, e nel voltarsi vide un’ io
che a sollecito passo si dirigge.va al Volto
Fatati, aggiungendo insieme, che il Pugna-
Ioni attesa la posizione , in cui trovavasi ,
nel porre, il catenaccio, dovrà aver ciò os-
servato anche meglio di lui. Era inoltre
smentito il Pngnaloni da più testimonianze
dalle quali si stabili1 a , che il fuoco era
stato spento nella bottega molto avanti
che ne uscissero i lavoranti. Faceva in ul-
timo corona alle prove della falsa deposi-
zione contro il Pugnaloni, I’ essere ineluso
da molti testimonj, che la bottega si chiu-
deva da quei due nel momento appunto in
cui esegni vasi il delitto, ed è perciò mani-
festamente falso ch’egli si trovasse nell’in-
terno della bottega al momento dell’ esplo-
sioni, ed è del tutto inverisimile, che niu-
no vedesse gli autori delle medesime.
Considerando che a laloni non
mancava la causa impulsiva a spergiurare,
essendoché avea egli in antecedenza presta-
to servizj alla famiglia Cioccolanti, riceven-
done rimunerazioni: il Cioccolanti d’altron-
de era incolpato dell’Omicidio Okeller pre-
cedentemente ai surriferiti esami, e*ben si
conosceva da tutti, e quindi dalla nomina-
ta famiglia , che il Pugnaloni avrebbe po-
llilo essere importante testimonio nella re-
lativa processura.
aloni all’ epoca del
delitto era nella eia maggiore degli anni
quindici, e minore degli anni dieciotto.
Visto e considerato quanti1 altro era a vedersi
e considerarsi.
Visti gli Art. 4 59 , 27 § 2 del Regolamento
Penale.
Il Supremo Tribunale ha dichiarato e dichia-
ra che consta in genere di falsa testimo-
nianza con giuramento in criminale giudi-
zio in favore degllnquisiti, e che in specie
ne è convinto colpevole senza spirito di
parte Luigi Pugnaloni di anni ‘t compiti,
ed in applicazione degli Art. t59, 27 § 2
dell’Editto penale, lo ha condannato e con-
danna a sei mesi di detenzione, quale aven-
do espiata col sofferte carcere , lo dichiara
bastantemente punito.
TITOLO IX.
Ferite prodotte da arma incidente senza pericolo
in persona di Agostino Marinelli
CONTRO
Pietro Rossi,
Sante Marsiliani
Mentre Agostino Sianoci li , e Giovanni Gag-
gioiti andavano iranquitlamentc e
nella notte del dì 4.” Novembre 1848, im-
provvisamente dalla via denominata lo Sca-
lone dei Coccolanti , si fecero loro addosso
due persone, le quali percossero il 1
li di un colpo per ciascuno di arma inci-
dente. Si pose questi a gridare all’istante
soccorso >.’si per ti-
more dileguato, i due aggressori poi si die-
dero alla fuga per la via degli Esposti.
Consideiaudo , che la generica prova del de-
litto veniva stabilita dalla giurala relazione
Chirurgica, in «lata 2 Novembre 4 848, che
dichiara-, i essere stalo medicato il Marinel-
li di due ferite al petto di figura triangola-
re prodotte da arma incidente senza peri-
colo.
Considerando in linea specifica che niuna le-
gale presunzione offre la incolpazione del
Blarincllì, perchè fu vago ne’ suoi detti, or
dicendo di non aver conosciuto i suoi ag-
gressori, or che quesli furono gì’ Imputati
Pietro Rossi, e Sante Marsiliani.
Considerando, che sebbene sia. provata l’ami-
cizia , e la frequente associazione degl’ In-
quisiti fra loro, pure né il Gaggiotti com-
pagno del Marinelli, né alcun testimonio li
videro netl’ ora, e presso il luogo del de-
litto.
Visto, e considerato quant1 altro era a vedersi
e considerarsi.
Visti gli Art. 446, 675 e 676 del Regolamento
Organico, e di Procedura Criminale.
Il Supremo Tribunale ha dichiarato, e dichia-
ra constare in genere di ferite senza perico-
lo prodotte da arma incidente a danno di
Agostino Marinelli non constars abbastanza
della specifica colpabilità dei prevenuti Pie-
tro Rossi, e Sante Marsiliani, ordina per-
ciò , che sieno posti in libertà provvisoria
a senso degli Artic. 446, 675, 676 del Re-
golamento Organico e di Procedura Cri-
minale.
TITOLO X.
Ferite prodotte da esplosione di arme combu-
rente senza pericolo in persona di Agostino
Marinelli con recidiva
CONTRO
Pietro Rossi
Non cessarono le persecuzioni a danno di Ago-
stino Marinelli. ISel giorno 4 5. Aprile 4 849.
circa le ore 23. italiane egli trovavasi en-
tro la cantina di Tartaglini situata al Cam-
po della Mostra, quando qui vi giunse Pie-
tro Rossi con un’incognito. Sebbene il Ma-
rinelli mantenesse a quell’arrivo il più ir-
reprensibile contegno, tuttavia il Rossi pre-
se a dirigi parole « Che guar-
di :’ hai finito di dir moie di me ? » dan-
dogli in pari tempo un calcio nel ginoc-
chio, e non senza por mano alla pistola,
che teneva nella tasca interna della saccoc-
na. Atterrito se ne fuggiva il Marinelli, ma
nel fuggire fu colpito dai projettili di quelP
arma, che il Rossi gli esplose alla spalla
destra dalla porta della mentovata cantina.
Considerando, che a costituire la generica pro-
va del delitto si aveva la Chirurgica rela-
zione del dì 4 7 Aprile 4849, che dichiara-
va avere il Marinelli riportate alla spalla
destra due ferite di arma comburente senza
pericolo.
Considerando, che al Rossi non mancava 1
impulso a delinquere , e per la diversità
di opinioni col Marinelli, e perchè nel gior-
no innanzi al ferimento passando egli .cali-
ti a Francesco Giaccaglia, questi indicò al
Marinelli, che era in sua compagnia P in-
quisito come autore della ferita, che ave-
va ricevuta nel giorno 3. Aprile : all’udir
la qnal cosa mostrò meraviglia il
li, esprimendosi « chi Pietro Rossi ? Ah !
è stato lui? circostanza che non isfuggì al
Rossi, che anzi lo accompagnò’coli’occhio
per un gran tratto di strada.
Considerando, che tre giurati testimoni nar-
rano di essersi trovati presemi, allorché il
Rossi entrato come si disse nell’ Osteria, si
fece a dire al Marinelli. « Hai finito di dir
male di me ? » percuotendolo in pari tem-
po con un calcio in un ginocchio ; di a-
ver quindi veduto , che il Marinelli senza
proferir motto, uscì allora dalla cantina per
allontanarsi’ dal Rossi , il quale però im-
pugnando una pistola lo inseguì, e spianan-
dogliela contro ne lasciò il colpo , che fu
diretto alle spalle. Le quali deposizioni ve-
nivano appoggiate dalla confessione dello
stesso Inquisito che procurò attenuare la
sua responsabilità col voler far credere che
fosse provocato dal Marinelli, provocazione
però che non seppe provare, e che rima-
ne esclusa dai testimoni che si trovarono
presenti al fallo.
Considerando, che dalla fedina criminale ri-
sultava, essere stato il Rossi altra volta con-
dannato per ferimento, il che costituiste 1′
aggravante qualità di recidiva.
Visto, e considerato quant’altro era a vedersi,
e considerarsi.
Visti gli Art. 348, §. 2. 321. 103. e 21. del
Regolamento penale.
Il Supremo Tribunale ha dichiarato e dichia-
ra che costa in genere di ferita senza pe-
ricolo prodotta da arma comburente a dan-
no di Agostino Marinelli e che in specie
n’è colpevole per spirito di parie , e con la
gravante qualità ài recidiva Pietro Fiossi
maggiore di età , ed in applicazione degli
Articoli 318. §. 2, 103. 321. e 21 dell’Edit-
to penale lo ha condannato e condanna ad
anni quindici di galera.
TITOLO XI.
Percosse con leggiera contusione, ed el
di sangue dalla bocca a danno di Pietro
Bultafoco in odio di deposizione testimo-
niale in causa Criminale.
CONTRO
Carlo Recchi
Pietro Bultafoco esaminato come testimonio
nella processura Politico – Criminale por-
tante il titolo di ferita prodotta da arma
comburente a danno di Agostino
contro Pietro Rossi, palesò nel dì 14. No-
vembre 18-59. in seguito di replicate di-
mande al suo padrone Carlo Recchi l’ogget-
to del suo esame. Da quel momento inco-
minciandolo spesso a rimproverare del ma-
le, che diceva poter derivare alla famiglia
del Rossi da quella testimonianza prese il
Recchi ad averlo in odio, ed a maltrattar-
lo, mentre per l’innanzi non aveva mosso
mai querela sulla condotta di lui. Avvenu-
to nuovo motivo di disgusto tra il Butta-
foco, e Francesco di Carlo Becchi pei1 esse-
re il primo rientrato nella bottega alquan-
to più tardi, si determinò il Cuttafoco di
licenziarsi, come di fatto fece, dimandando
innanzi di partire, che venissero fatti i re-
lativi conti. E qui nacque disparere soste-
nendo scambievolmente ambidue di andar
creditori di piccolo residuo; entrava in
quel punto Carlo Recchi, e benché il Bul-
tafoco con rispetto , e pacatamente facesse
conoscere le sue ragioni, tuttavia si mise
l’inquisito a percuoterlo con pugni sulle
tempie, e sulla bocca, d’onde gli fece uscir
sangue, producendogli insieme una leggiera
contusione, e tumefazione alle regioni tem-
iiulo in genere , che dal giurato re-
ferto del Fisico si rilevò, che Pietro Bul-
tafoco verso il finire di Novembre 1849 fu
ritrovato con segni di enfiagione nelle tem-
pie, e contusione sebbene leggera, e da un
testimonio fu il medesimo veduto sputar
sangue dalla bocca nella narrata circostanza,
onde A’eniva introdotta la prova dell’esisten-
za dell’azione criminale.
Considerando, che l” essere legalmente dimo-
strato, che l’inquisito , nell’ epoca anteriore
al fallo sul quale è basalo questo titolo
non solamente non adoperò mai aspri, e
riprovevoli modi contro il Bultafoco, ma
anzi lo trattò sempre umanamente, ed an-
che con affezione, P aver poi tutto) ad un
tratto mutato contegno dal giorno, in cui
il Buttafoco gli manifestò Pojgelto della sua
chiamata al Tribunale, nessun’altra ragione
venendo introdotta , portava a riconoscere
in ciò la causa movente alla variazione av-
venuta nell’ animo del Recchi, ed al delit-
tuoso suo operare mossa da spirito diparte.
Considerando , che un giuralo testimonio di
vista assicurava, aver veduto nella predet-
ta circostanza Carlo Recchi sopraggiungere
mentre il Bultafoco erasi licenzialo da Fran-
cesco padre di quello, e percuoterlo con un
schiaffo. E poiché il Butlal’oco se ne parti-
va in seguito di quella percossa, avergli te-
nuto dietro l’inquisito, in guisa che dilegua-
tisi ambedue dalla sua vista , udì il Butta-
foco stesso esclamare » Non è questa la
maniera padron Carlo » argomentando da
ciò, che fosse slato nlteriormenle offeso. Al-
la quale deposizione altra si aggiungeva di
chi testificava aver udito la mentovata es-
pressione dell’offeso, e di aver osservalo che
Carlo Recchi minaccioso, e col pugno chiu-
so’della mano diceva al Buttafoco « Vai le-
ne via » : questi poi aveva le mani imbrat-
tate di sangue, che sputava dalla biocca. E
due altri concordi testimoni riferivano i la-
menti, che emetteva quel lavorante, e pel
dolore delle ricevute percosse, e pel timore,
che anche peggio gli avvenisse;
nido che lo stesso Inquisito Carlo
Recchi ha ammesso di aver offeso il Butta-
foco, ditendo però che gli dasse solo una
Visto, e considerato quant’altro era a vedersi,
e considerarsi.
Visti gli Art. 326 e 103. delRegoìanient» penale.
7
1! Supremo Tribunale ha dichiarato, e dichia-
ra constare in genere di contusioni a dan-
no di Pietro Bultafoco, ed esserne in spe-
cie colpevole per spirilo di parte Carlo Reo-
chi, ed in applicazione degli Articoli 326,
e 4 03 dell’Editto Penale lo ha condannato
e condanna ad anni tre di detenzione.
TITOLO XII.
Ferita prodotta da arma incidente, e perforan-
te senza pericolo in persona di Francesco
Giaccaglia.
CONTRO
Pietro Rossi
Nel Martedì Santo 3, Aprile 4849, circa le
ore 23 | italiane Francesco Giaccaglia Fac-
chino Carbonaro recossi nella bottega di
Maria Ceria posta in contrada Borgo Fari-
na, e mentre vi entrava osservò l’inquisito
Pietro Rossi Facchino venturiero che anda-
va verso la propria casa situata in quelle
vicinanze. Trattenutosi il Giaccaglia in quel-
la Taverna ne uscì circa l’Ave M;sria per
tornarsene alla sua abitazione posta a non
molta distanza. Giunto però avanti le rase
di Bajè, e Thanappe s’incontrò con lo stes-
so Pietro Rossi senza salutarsi sebbene suo
amico: quand’ecco appena passato il Rossi
gli si fece addosso con uno stile vibrando-
gli più colpi, alcuni dei quali potè ripara-
re con un’ombrello, che aveva in mano, e
che ne fu in più punti tagliato ; ma final-
mente rimase investito nella coscia sinistra
ove fu ferito, cadendone dal dolore in ter-
ra, e fu allora soltanto, che il Rossi prose-
Considerando in genere, che dal Chirurgico giu-
rato referto si ha la dichiarazione della fe-
rita riportata da Francesco Giaccaglia prodotta
da arma incidente, e perforante senza pericolo.
Considerando in ispecie essere stabilito con te-
slimoniali deposizioni che Pietro Rossi fin è a
prima manifestasse grave dispiacere, che il
Giaccaglia coltivasse l’amicizia di un tale
Antonella (altra vittima in seguito dei si-
cari Anconitani) rimproverandolo perfino
perchè andasse associato collo slesso Anto-
nella che dal Rossi e dagli altri sicarj si
diceva una spia, onde il non aver il Giac-
caglia dato ascolto a quei rimproveri fu
sufficiente causa a delinquere in animi, co
me quello del Rossi, pronti a misfarc ed
avvezzi a versare indifferentemente il san-
gue d’innocui cittadini.
Considerando che l’incolpazione del Giaccaglia
diretta contro l’inquisito Rossi per il surri-
ferito fatto veniva da più deposizioni avva-
lorata. Due testimonj infatti narrano, che
nella sera del delitto diriggendosi a por-
ta Farina si avvidero di essere seguiti dal
Giaccaglia ; oltrepassato poi il Vicolo di
Thanappe si avvennero in Pietro Rossi pro-
veniente dalla suddetla Porta. Che falli altri
pochi passi udirono la voce del G-i
loro bene noia , che sclamava « ho J)io
ho Dio[ Mi ha fatto « voltatisi allora sul-
l’istante osservarono il Giaccaglia stesso, che
lamentando si rialzava , e Pietro Rossi
qualche passo da lui discosto , che prose-
guiva a camminare verso il Borgo: aggiun-
gendo, che tornati a rivolgere a quando a
quando lo sguardo indietro videro, che l’of-
feso si assise nei gradini fuori della porta
di sua abitazione chiamando in soccorso
la propria madre. Alle quali testimonianze,
altra faceva eco, attestandosi da un terzo
individuo, che in quella sera mirò il Giac-
caglia assalito improvvisamente da un inco-
gnito, i cui colpi sebbene sulle prime po-
tesse evitare con l’ombrello, nondimeno ri-
mase in seguito ierito, seguitando dopo
ciò il feritore indifferentemente il suo cam-
mino. I due primi testimoni poi assicurava-
no , che in quel tratto di via, e nel mo-
mento del delitto non passava alcun’altra
persona oltre il Rossi, ed il terzo concorde-
mente accertava, che presso l’offeso non os-
servò, che il solo assalitore, né altri vide che
di là transitasse, per cui è manifesto che il
feritore del Giaccaglia fosse ITnqusitoRossi,
il quale non seppe esibire alcuna prova a
sua giustificazione.
Considerando, risultare dalla fedina crimina-
le, che l’inquisito altra volta fu condanna-
to per delitto della stessa specie, onde si ha
pure a suo carico l’aggravante qualità di re-
cidiva.
Visto, e considerato quant’altro era a vedersi,
e considerarsi.
Visti gli Art. 318 §. 2. 403 e 21 del Regol.
pen.
Il Supremo Tribunale ha dichiarato, e dichia-
ra, che consta in genere di ferita senza pe-
ricolo prodotta da arma incidente, e perfo-
rante a danno di Francesco Giaccaglia e che
in ispecie n’è convinto colpevole per ispi-
rilo di parte e con qualità gravante di re-
cidiva Pietro Rossi, ed in applicazione de-
gli Art. 318 §. 2 403 e 21 dell’Editto pena-
le lo ha condannalo , e condanna ad anni
dieci di galera.
TITOLO XIII.
Conato ad omicidio mediante esplosione d’arme
comburente. Ferita prodotta da islromcnto
incidente, e perforarne senza pericolo, ma
colla gravante qi te a danno
di Giovanni Ricolti.
CONTRO
Pietro Rossi
Salvatore Rossi, e
Carlo Erniani
carcerati,
e Leopoldo Polini contumace
Il Carbonaro Giovanni Ricotti confidenzialmen-
te notiziato dal suo parente Francesco Giac-
caglia, che aveva riportalo una ferita per
ispirilo di parte, e per opera di Pietro Ros-
si detto Quagliarono, la quale si è di sopra
riferita, credette d’interporsi per rappaci-
ficarli , affinchè all’uscita dall’Ospedale del
Giaccaglia non gli fosse accaduto un mag-
giore infortunio. Parlò difatti col Rossi in-
vitandolo a bere, ma questi tram
forse l’oggetto di quell’invito lo rifiutò di-
cendogli « Non mi và beleremo un altro
giorno, e lo potremo fare quando sorte Fran-
cesca dall’Ospedale «. Un tale invito destò
dei sospetti nell’animo del Rossi, per. cui
concepì odio contro il Ricotti fin al punto
di attentare alla sua vita. Infatti il giorno
46 Aprile 4849 mentre circa un’ora prima
del mezzo dì se -ne stava alla portella, che
mette in mare denominata del macello, e
del Carbone, gli fu esplosa contro una pi-
stolettata dall’alto delle mura contigue alla
detta porlella, che fortunatamente non lo
investì avendo la palla battuto in terra, e
quindi balzata nel mare. Sospettò subito il
Ricotti, che di quell’attentato fosse autore il
Rossi con la sua comitiva; tanto più che
partitosi da quel luogo per tornarsene nel-
la sua casa, recandosi prima all’altra portel-
la della Dogana, ebbe qui ad incontrare il
Rossi, e salutatolo , ne ebbe in risposta «
se non ti ho fatto questa mattina , oggi è
per te ponendo intanto la mano nella tasca
interna della saccona, come per estrarre u-
na qualche arma. Spaventatosi il Ricolti si
diede alla fuga tornando indietro , e pas-
sando per la Loggia. Allorché passava pe-
rò per la piazza del Teatro rivide innanzi
la Dogana il ripetuto Rossi in mezzo ad un
gruppo di persone di animo non dal suo
ile con lo sguardo truce rivolte verso
di lui, per lo che affrettò il passo tenendo-
gli quella comitiva dietro sin sotto le fene-
stre di sua abitazione. Ad evitare maggiori
pericoli il Ricotti interessò un suo amico
perchè parlasse con Pietro Rossi, o Carlo
Keniani, o Salvatore Rossi per sincerarli ,
eh’ egli non era soggetto da prendersi in mi-
ra, niente avendo di che rimproverarsi re-
lativamente ad essi. L’Amico lo compiacque
parlando con Erniani, il quale mostrando-
si ben istruito dei disturbi fra il Rossi
ed il Ricotti gli diede P appuntamento
pel dopo pranzo del giorno 4 7 Aprile 4 849,
e realmente il Ricotti, e l’amico si con-
dussero al luogo di convegno, ove rinvenu-
ti Carlo Erniani, Pietro Rossi, fi Salvatore
Rossi si parlò subito di andare a bere. Si
recarono tutti uniti nella bettola di un tal
Bacchiccio, ove mentre si faceano a man-
giare, il Ricotti prese a discorrere con Pie-
tro Rossi sul primo abboccamento, che ave-
va avuto con lui relativo a Francesco Giac-
caglia; e il Rossi gli significò, che aveva ricu-
sato di andare a bere con lui in quel giorno,
perchè si era insospettito, che gli avesse
preparata una qualche vendetta per il male,
che supponeva avesse fatto al Giaccaglia ;
ma il Ricotti gli faceva riflettere, che vole-
va condurlo a bere soltanto per tentare una
riconciliazione d’animo col Giaccaglia, se
ne fosse slato per caso in disgusto; Il Ros-
si se ne mostrò persuaso onde, pagatosi dal
Ricotti ciò, che si era consumato, uscirono
tutti da quella Taverna, e si condussero a
bere nell’Osteria di Mariano di Candia, dove
si unì con loro Leopoldo Polini. Usciti, l’ami-
co del Bicolli entrò in una prossima officina,
ed avendolo quegli chiamalo, gli altri del-
la comitiva soggiungessero a colui, che fos-
se andato pure dove voleva, giacché essi si
recavano a bere fuori di Porta Calamo nel-
I Osteria di Beresina, alche rispose l’amico
« adesso vengo ancor io ». Frattanto la co-
mitiva composta del Ricotti, Erniani, dei
due Rossi, ePaolini si condussero invece nel-
l’Osteria del Picchio, ove PErniani fece ve-
nire il vino, e tutti bevettero vicino alla
porta. Il Ricotti, che ardentemente desi de
rava l’arrivo del suo amico, sporse il collo,
do la faccia per guardare verso la
strada di Porla Calamo, e scorgere se veni-
va, mentre però stava ir» quell’ atteggiamen-
to s’intese un colpo nel basso ventre, ove
rimase ferito. Conosciuto il misero Ricotti
ili Starr; in mezzo ai traditori, si diede a
precipitosa fuga, il Polini, e Salvatore Rossi
i’ inseguono, e forse l’avrebbero raggiunto
se alcuni Carabinieri ascili dall’Osteria del
Dragone verso dove erasi diretto il Ricotti
acclamando ajuto, non lo avessero preso in
mezzo a loro, e condotto all’Ospedale.
Considerando, che la prova generica del conato
ad Omicidio viene in alti stabilita da più
testimoni, che trovandosi nella Portella del
Macello nel succennato giorno udirono lo
scoppio di un’arma da fuoco esplosa dal-
l’alto delle vicine mura, ove videro il fumo,
ed osservarono la palla esplosa battere in
terra vicino al Ricotti, e quindi balzare nel
mare, e dalla posi a di ascen-
dere sopra le mura stesse. Dalla O
relazione poi dei 4 8 Aprile 4 849 risulta che il
Ricotti riportasse una ferita al basso ventre
prodotta da arma pungente, e senza peri-
‘¦ onsiderando in ispecie, che l’essersi interpo-
sto il Ricotti a pacificare il Rossi col Giac-
caglia, (che aveva da quello riportato una
ferita) era sufficiente motivo nel Rossi stes-
so a concepir odio, e a meditare una ven-
detta coniro il Ricotti, attesi i principii pro-
fessati dall’inquisito, e la sua indole san-
guinaria, massimamente conoscendo da quel-
la interposizione, che il Ricotti era noti-
ziato della sua reità in quel fatto delittuoso.
Considerando, che l’offeso Ricotti nella sua
incolpazione narra , che avvenuta contro
‘ lui 1′ esplosione della pistola dall’ atto del-
le mura, e partitosi conseguentemente da
quel luogo incontrò il Rossi, che ponendosi
la mano nella tasca interna della saccona,
gli disse adirato « se non ti ho fatto questa
mattina, oggi è per te », il quale incontro,
ed espressione immediatamente narrò il Ri-
cotti a due individui, che unisoni ne fanno
deposizione. E questo incontro fu ammesso
dall’inquisito, sebbene cercasse di persuade-
re, ch’egli fosse stato chiamato dal Ricotti,
e che avendogli domandato, che volesse,
quegli si die subitamente alla fuga, e ciò
con evidente mendacio , poiché appariva
fuori del credibile, che dopo averlo chia-
mato il Ricotti, questi si ponesse a fuggire
per essergli stato naturalmente, e semplice-
mente chiesto qual cosa volesse.
Considerando, che da quanto presentavano gli
atti, niun indizio risultava o che tra il Ri-
cotti, ed altri individui fosse accaduto alcun
diverbio, o intercedesse per qualsiasi ragione
inimicizia, od odio da poter rinvenire o di-
versa causa, o altro autore del tentato Omi-
cidio, restava altronde provata, come ap-
presso si vedrà, la reità del Rossi nella fe-
rita irrogata al Ricotti stesso nel giorno se-
guente a modo, che non poteva esitare il
Supremo Tribunale a riconoscere l’inquisi-
to responsabile di quel conato di Omicidio.
Considerando quanto alla ferita a danno della
stessa persona, che l’aver la comitiva de-
gl’ inquisiti Pietro, e Salvatore Rossi, e Carlo
Erniani detto all’Amico del Ricotti dopo
l’apparente conciliazione, che s’incammina-
va a bere nell’Osteria di Reresina, laddove
si condusse invece in quella denominata di
Picchio, palesava che un qualche disegno
avessero fatto sulla vita del Ricotti, volendo
con quell’ inganno allontanar la presenza
dell’amico, eh’erasi momentaneamente al-
lontanato da loro.
Considerando che n iti ammet-
tono di essere stati insieme al Ricotti nella
Bettola sunnominata del Picchio, più testi-
moni presenti nella stessa Osteria dichiara-
no di averli visti in un istante fuggire, ed
aver subito udito al di fuori un grido di
dolore, e quindi un correr di persone, per
cui ritennero che un qualche delitto fosse
stalo commesso.
Considerando, che per il deposto di un testi-
monio, e per confessione dell’Inquisito Sal-
vatore Rossi è provato, che il Ricotti ri-
mase ferito entro la suddetta Osteria. Che
poi il ferimento accadesse per opera degl’in-
quisiti lo dimostra, ì” essere stato veduto da
più testimonj il Ricotti fuggire da quel
luogo, ed inseguirlo Salvatore Rossi, ed il
contumace Polini, che pur faceva parte di
quella riunione.
Considerando, che nell’essere stabilito per le
premesse prove che il ferimento* del Ri-
cotti fu opera solo degli accusati, non man-
cano ragioni per ritenere che Pietro Rossi
ne fosse reo principale e complici gli altri
coinquisiti. Imperocché primieramente niun’
interesse, o cagione di sdegno passava tra il
Ricotti, e Salvatore Rossi, e Carlo Erniani.
Era inoltre d’aggiungersi, che l’Erniani al-
l’udire l’amico del Ricotti che lo pregava,
a voler inlerporsi per ottenere una pace tra
il Ricotti stesso, e Pietro Rossi, si mostrò
già pienamente informato (secondochè era
provato in atti) di ciò, che era avvenuto
tra quelli, il che, attesa la stretta amicizia,
che univa i coinquisiti socii della lega San-
guinaria, era manifesto argomento che non
altri, che Pietro Rossi glie lo avesse pale-
sato. Non potea perciò ammettersi, che Sal-
vatore Rossi, e l’Erniani si accordassero, ed
eseguissero quella vendetta, senza che Pietro
Rossi li avesse istigati, e vi avesse la prin-
cipal parte, come quegli, che il giorno in-
nanzi aveva tentato di toglier di vita il Ri-
visto, e considerato quant’ altro era a vedersi,
e considerarsi.
“Vista la Circolare della Segreteria per gli af-
fari di Stato interni dei 23 Maggio 4 844
Num. 53982 non che gli Artic. 403 e 4 3
dell’Editti) penale.
Il Supremo Tribunale ha dichiarato e dichia-
ra, che consta in genere di Conato prossimo
ad Omicidio con esplosione di arma com-
burente, e di ferite senza pericolo a danno
di Giovanni Ricotti, e che in specie n’ è
convinto colpevole come reo principale Pie-
tro Rossi e come complici Salvatore Rossi,
e Carlo Erniani, o Argnani, tutti però per
spirito di parte, ed in applicazione della
Circolare della Segreteria di Stato 23 Mag-
gio 4844 numero 53982 col concorso degli
Artie. 403 e 4 3 dell’Editto penale ha con-
dannato e condanna Pietro Rossi ad anni 4 5
di galera, Salvatore Rossi, e Carlo Erniani
ad anni nove di galera per ciascuno.
TITOLO XIV.
Ferita prodotta da istromento pungente di
qualche pericolo di ?y|^ in persona di
Lazzaro Mancinelli per ispirito di parte.
Salvatore Rossi
Poco dopo il ferimento di Giovanni Ricotti,
già riferito, recavasi nelle ore pomeridiane
dello stesso giorno 47 Aprile 4849 il contu-
mace Leopoldo Polini con un incognito nel-
la bottega di Marianna Mancinelli, posta
fuori di porta Calamo, e mentre facevasi il
ridetto Polini a cacciare con parole ingiu-
riose alcune donne, che ivi trovavansi, l’al-
tro incognito introducevasi in un contiguo
locale guardando per ogni dove, come se
carcasse qualche persona. La Mancinelli,
che ben conosceva la opinione di brigante
attribuita al proprio marito Lazzaro, anche
perchè nulla aveva somministrato per l’innal-
zamento dell’albero della libertà non tardò
di concepire con tutta ragione i più siavi
sospetti pel narrato contegno del Polini, e
del suo compagno. Ed in vero smaniosa di
prevenirne il marito, che in quel momento
trovavasi in Città, si recò immediatamente
in traccia di esso circa un quarto d’ora
prima dell’Ave Maria. Appena ebbe ingres-
so a porta Calamo s’avvide, che Lazzaro suo
Marito veniva dal vicolo di S. Biagio, ed
allorché era passato avanti la Posta delle
Lettere, e diretto verso Porta Calamo, os-
servò che quel medesimo incognito che po-
c’anzi erasi recato alla sua bottega col Po-
lini, staccandosi da un gruppo di persone,
che stavano ferme in quel luogo, si fece ad
inseguirlo, e non appena raggiuntolo gli vi-
brò un colpo alle spalle con uno stilo. Non
mancò colei di coraggio e gridando « Gesù
mio cosa fate ? Lazzaro non dà fastili io ad
alcuno » l’afferrò nel petto, ma dovette sul
momento lasciarlo perchè con io stilo che
ancora imbrandiva facevale atto di ferirla,
e così l’aggressore si diede alla fuga.
Considerando che a stabilire la genera.» prova
del deliilo si Im la C! irur; :ra giurata rela-
zione del 47 Aprile 4849 da cui risultatile
la ferita del Mancinelli alla regione inferio-
re sinistra del dorso vicino alla spina fu
prodotta da strumento incidente, e giudicata
di qualche pericolo di vita.
Considerando in specie che la moglie del Man-
cinelli nell’assicurare che l’individuo entra-
to col Polini nella sua bottega fu quel des-
so che ferì il suo marito, ne descrive la
figura ed il vestiario esattamente, quale ve-
stiario ammette l’Inquisito che lo indossava
nel predetto giorno ; nel che si accorda pa-
rimenti la incolpazione data dal Mancinelli.
Considerando che mentre il Rossi ammette di
essersi trattenuto nell’ora del delitto vicino
alla posta delle lettere due testimonj pre-
senti all’accaduto depongono di aver vedu-
to , che il feritore del Mancinelli si staccò
da una riunione di persone che stava in-
nanzi la Posta delle Lettere, e vibratogli un
colpo di stilo, fece ritorno verso il luogo,
d’onde si era mosso, descrivendolo in tut-
to coerentemente a Salvatore Rossi. Altro
deponente poi precisamente narrava, che ri-
conobbe Salvatore Rossi, che slaccatosi da
un crocchio di persone , tra le quali vide
Leopoldo Polini, si fece d’appresso al Man-
cinelli , e tirato fuori uno Stilo gli die un
colpo, che gli produsse una ferita ; per lo
che era posta ad evidenza la specifica col-
pabilità dell’inquisito. L’essere poi il Man-
cinelli ritenuto di principii avversi al libe-
ralismo, l’appartenere il Rossi alla più volte
mentovata lega, e il non avervi alcun in-
dizio in atti, che altra cagione avesse po-
tuto originar quel delitto, induceva a rico-
noscerlo commesso soltanto per ispirito di
parte.
Visto, e considerato quant’altro era a vedersi,
e considerarsi.
Visti gli Art. 348 §. 4 e 403 del Regolamento
penale.
Il Supremo Tribunale ha dichiarato e dichia-
ra che consta in genere di ferita con qual-
che pericolo di vita a danno di Lazzaro
Mancinelli, e che in specie n’ è convinto
colpevole per spirito di parte Salvatore Ros-
si, ed in applicazione degli Articoli 348 §. 4
e 4 03 dell’Editto Penale lo ha condannato e
condanna ad anni quindici di galera.
Tutte le pene temporanee dovranno decorrere,
e respettivamente espiarsi a forma delle vi-
genti leggi.
Ha in fine condannato e condanna tutti gl’in-
dividui colpiti da condanna all’emenda de’dan-
ni verso le parti offese, e loro eredi da lì-
quiJarsi a forma di legge, ed al pagamen-
to delle spese processuali ed alimentarie da
tassarsi da chi di ragione.
Ordina in ultimo che tutte le suddette pene
capitali dovranno eseguirsi nella Città di
Ancona, luogo dei commessi delitti.
A. SIBILIA Presidente
A. NEGRONI
C. BORGIA
S. VITELLESCHI
L. FIORANI
T. CARLETTI
R. Castelli Cancelliere
dall’Udienza di Nostro Signore
del 3. Agosto 4852.
Il S. Padre per grazia speciale si è degnato
commutare ad Odoardo Murray la pena del-
l’ultimo supplizio , cui è stato condannato
per gli Omicidii nelle persone di Pacifico
Angelucci, Nazzareno Bellomo, ed Alessandro
Tittoni, nella galera in vita.
// Segretario della S. Consulta
A. MATTEUCCI
ROMA 4852. ? Nella Tipografia della Reverenda Camera Apostolica

Condividi
Estremi cronologici: 1851 dicembre 17
Segnatura definitiva: MRI1159, MRI1160, MRI1161, MRI1162, MRI1163, MRI1164, MRI1165, MRI1166
Descrizione fisica: cc. 8
Dimensioni: 43X60 cm
Colore: bianco e nero
Autore: Sibilia Antonio
Tipografo (ente): Tipografia della Reverenda Camera Apostolica, Roma
Lingua della documentazione: italiano
Note: Data di emanazione. Il manifesto è costituito da 8 fogli stampati su un solo lato destinati ad essere affissi uno sotto l'altro. I fogli che compongono il manifesto sono numerati. Nota manoscritta sul verso dell'ultimo foglio del manifesto: 1852 Politici Ancona di più delitti.
Descrizione del contenuto: Incipit: Il secondo turno del supremo tribunale composto dagli Illmi e Rmi Monsignori...
Extent_const: 8
Extent_qt: cc.