Due lettere del generale Zucchi

DUE LETTERE
DEL GENERALE ZUCCHI
A S. E. il Sig. Ministro Galletti.
Eccellenza
Rispondo alla lettera che Ella si è compiaciuto scrivermi
il 30 dello scorso mese. Siccome mi dice, che è un italiano
che scrive con franchezza ad un altro italiano, e tale essendo
io sempre stato, così, come è mio costume, rispondo con fran-
chezza e lealtà, tale essendo sempre stata la mia guida, quindi
ora in tale guisa io le parlerò.
Secondo i principii, che ella ha sempre manifestato, io
non dovea mai credere, come non ho creduto, che ella po-
tesse dividere coi tristi, che bene a ragione così li chiama,
dubbii su i miei principii, che mai smentii, e ne diedi io credo
in ogni tempo ed in tutte le circostanze prove. In quanto alla
disapprovazione, che ella ha diviso con quelli che trovarono
dure le misure prese verso Garibaldi, ne attribuisca il motivo,
che a lei non erano note le intenzioni di lui, e di quelli che
lo dirigevano a questa volta, che ora però sono abbastanza
palesi ,le quali non erano nientemeno, che di suscitare la ri-
volta in Bologna, indi unirsi in Comacchio al Masina, pas-
sare il Po, mettere in piena insurrezione quei paesi, attaccare
i tedeschi, che ciò accadendo era certa l’invasione di queste Pro-
vincie dal nemico. I speculatori persuasi di riuscire nelle loro
tramo, lanciarono qui Garibaldi coi suoi seguaci di tutto sprov-
veduti, contando di trovar delle risorse nel saccheggio, per
cui fui obbligato di dargli trecento scudi, mantenimento e
mezzi di trasporto sino a Ravenna, ove colà arrivati, avea
data la sua parola d’ onore di subito imbarcarsi per Venezia.
E questa parola come fu mantenuta? Si fermò unendosi al
Masina, e dopo d’ esservisi fermati alcuni giorni facendosi
mantenere dal Comune, si portarono assieme a Forlì, ove
rimasti quivi alcun tempo, sempre a carico del paese, cercando
di movere la popolazione alla rivolta, vedendo che la città
cominciava a stancarsi della loro presenza, .hanno preso la
via di Cesena e Rimini, dicen’do che andavano in Ancona
per trovarsi sicuri ad ogni evento e difendervisi, esigendo
sempre nella loro marcia mantenimento e paga. Tutto questo
deve essere a quest’ ora noto a V. E. avendo ella presente-
mente 1′ alta polizia nelle sue mani, sino dal momento che
Garibaldi mise piede nello Stato Pontificio, esistendo i rapporti
su di ciò inoltrati al Ministero ; quindi sono certo, conoscendo
quanto le stia a cuore il bene e la tranquillità dello Stato,
che se si fosse trovato alla mia piazza, avrebbe prese misure
più energiche delle mie. Ora domando a lei, signor Ministro,
se uno Stato che sia ben governato, possa e debba tollerare
degli avventurieri che altra mira non hanno che il disordine,
mettere a contribuzione ovunque vanno, e dirigendosi a loro
capriccio? Un governo che soffre tali cose, mostra la sua
debolezza e mancanza di coraggio per impedirle, o sotto mano
le protegge. Qui non v’ è alternativa.
Esprimendosi, che mai potè fare argomento, che io vo-
lessi pormi in contraddizione al governo, sebbene vi fosse chi
lo dicesse e lo scrivesse, e che ella non lo credette giammai,
pensò giustamente e da pari suo, non però in quanto al pen-
sare, che il mio silenzio col governo potesse accreditare simili voci.
Come sig. Ministro? Cosa dovea io scrivere? Si pretendeva forse
che io dovessi applaudire a quanto era accaduto in Roma ? ed
anche qui fare partecipare le truppe al disordine, rendendole
insubordinate, indegne del nome di militare d’ onore come si
è fatto in Roma? Se mai questo si aspettava da me, era non
conoscermi, quindi altro non avea a fare, che aspettare ordini
ed istruzioni dal ministero , il quale intanto col suo silenzio ap-
provava quanto i fogli di Roma dicevano, tutto ciò che si
può dire di. più oltraggiante contro la mia persona, e final-
mente poi 11 Ministro delle armi mi scrisse il 24 una lettera
sotto la quale mise la sua firma, certo senza leggerla , ciò che
non avrebbe fatto , se I’ avesse letta , a meno che non si aves-
se il progetto d’insultarmi , scrivendomi poi un’ altra lettera
poQo dopo, in termini molto più convenienti col pregarmi di
rendermi a Roma per meco consultarsi. Vi sono degli uomini,
purché conservino i loro impieghi, che si lasciano persuadere, e
dimenticano gl’insulti; ma io Eccellenza, sono di tempera assai
diversa, non curo impieghi, elogi, adulazioni, curo il mio
onore, obbligando anche così quelli che non mi amano, co-
me quelli anche che scrivono contro di me a dovermi stimare.
Non posso che ringraziarla del ripregarmi che ella fa di ren-
dermi a Roma, ma ritengo che il Sig. Ministro dell’ armi le
avrà fatto conoscere le ragioni per le quali io non vi venga.
V. E. sia però ben certa e persuasa, e seco lei lo siano
gli altri Ministri, che qui rimanendo non mi metto in con-
traddizione al Governo , come si è voluto credere , o far mo-
stra di crederlo, che tutto quello che faccio, lo faccio aperta-
mente , e senza mistero, che travaglio con zelo senza animo-
sità, e cercando tutti i mezzi a mantenere 1′ ordine ed ubbidi-
re a quanto mi ordina il Governo di Sua Santità’, senza fa-
re osservazioni, salvo quelle che posso credere convenirsi a
mantenere 1′ ordine e ìa’quiete, che ella mi dice, essere la
cosa, che sopra tutto stia a cuore al Governo.
Eccellenza! Non so se tutti quelli coi quali ha a trattare,
e che seco lei corrispondono, le parlino senza maschera, e
così schiettamente come le ho fatto io? Questa è la mia ma-
niera , né mai la cambierò.
Ho 1′ onore ec.
Rologna 5 dicembre 1848. Zuccm.
A S. E. il Sig. Ministro Conte Campello.
Signor Conte Campello
Non vi sono che i vili, che osano d’insultare quando sono
lontani ed al sicuro. Gli ordini che lei ha mandati a tutti i
capi dei corpi diffidandoli d’ obbedirmi, non riconoscendo pun-
to quanto io avea operato, minacciandoli in caso di contrav-
venzione di dichiararli ribelli e traditori, è la cosa più indegna
che si possa commettere. Perchè ella non ha avuto il corag-
gio di scrivermi francamente, come fanno gli uomini leali ,
che io più non comandava, darmi ordini, ed istruzioni come
io gliele domandava ? Le scrissi che rinunziava il comando al
Generale Latour, in attenzione di ulteriori sue disposizioni.
Ma viste le presenti circostanze, credetti necessario di ritenere
il comando, e credo che questo sia stato utile avendo fino
ad ora conservato la quiete, e 1′ ordine nella città a malgrado
di tante provocazioni dei malevoli fatte al popolo, eccitandolo
alla rivolta , cosa che- pare sia di aggradimento di V. S. ;
e la prova ne sia le di lei istruzioni date ai corpi e fatte co-
noscere ai militari, che ad altro non tendono che a mettere
il mal umore nelle truppe autorizzando così la disobbedienza
e V insubordinazione. Io le dissi uh’ altra volta, che fra le
persone educate, ed in particolare quelli che occupano posti
distinti, vi è una maniera di ordinare, ma sempre con dignità,
e fare sentire a chi può avere dispiaciuto al governo, le cose
in modo conveniente, senza mai insultare come ha fatto lei,
che così facendo si è degradato. Io poi la prevengo, che spero
e’ incontreremo qualche giorno^ e che a voce mi spiegherò
più chiaro di quello che faccio presentemente, e cric le do-
manderò conto del modo inconveniente come si è condotta e si
conduce verso di me, e che spero, che buon grado o mal-
grado vorrà rispondermi.
Se mai vuole fare stampare questa lettera, lo faccia pu-
re, ma senza cambiare una sillaba.
9 Dicembre 1848.
Bologna
Firm. Zuccm

Condividi
Estremi cronologici: 1848 dicembre
Segnatura definitiva: MRI0435
Descrizione fisica: c. 1
Dimensioni: 46,5X32 cm
Colore: bianco e nero
Autore: Zucchi, generale
Lingua della documentazione: italiano
Note: Data e luogo di emanazione. Le due lettere riportate nel manifesto sono datate una 5 dicembre 1848 l'altra 9 dicembre 1848.
Descrizione del contenuto: Incipit: A S. E. il Sig. Ministro Galletti. Eccellenza Rispondo alla lettera che Ella si è compiaciuto scrivermi...
Extent_const: 1
Extent_qt: c.