La Francia all’Italia
LA FRANCIA ALL’ITALIA
Ricavato dall’ Ami de la Religion del 27 Novembre 1848.
Jeri il Papa era prigioniero; oggi forse egli è fuggitivo! Il capo
de’ suoi ministri ha dovuto soccombere sotto il pugnale di un
vile assassino; una truppa forsennata assediale porte del Quirinale;
un’ ora sola è conceduta al sommo Pontefice per risparmiare 1′ incendio
alla sua dimora e il massacro a’ suoi servi fedeli; egli delibera sotto
il cannone della guardia civica e sotto le minacce della
moltitudine che grida : Viva la repubblica ! Il suo segretario intimo è
ucciso alla finestra del Quirinale, e le palle vanno a colpire
il muro nella camera stessa del Papa ! si canta nelle contrade di
Roma e Livorno la gloria del sacro pugnale, del pugnale democratico
che ha trucidato l’infelice conte Rossi! Si decreta un empio
trionfo all’assassino; si accendono fuochi di gioia, si fanno passeggiate
con fiaccole in onor suo: orde selvaggie corrono la città
santa, e la forzano a luminarie come in un giorno di festa! Infine,
all’autorità del Sovrano legittimo di Roma, del supremo Capo della Chiesa,
è succeduto il trionfo sanguinoso della sommossa, e il
ministero dell’assassinio. Noi gli diam questo nome: altro non
ve ne sarà nella storia per uomini che hanno osato imporsi al Pontefice ,
sotto la protezione degli stessi pugnali che hanno scannato il suo ministro !
Tale si è oggi giorno la condizione della capitale del mondo
cristiano !
Ecco dunque dove riuscir dovevano tante grida ipocrite di libertà,
tante esigenze turbolente, alle quali non bastavano gl’innumerevoli benefici
e le concessioni senza limiti del più benigno,
del più paterno de’ monarchi ! Ecco dunque che significavano quelle
perfide ovazioni, quel tumulto trionfale, che voci imprudenti
avevano 1′ ardire di chiamare sommosse di amore ! Nulla adunque
ha giovato al grande e nobile Pio nono di essere il più generoso
dei Pontefici e degli uomini ! Oggi giorno , tradito dagli uni, minacciato
e perseguitato dagli altri, abbandonato da tutti, egli non
raccoglie in compenso de’ suoi sacrifizi e del suo amore se non la
più orribile ingratitudine che giammai fosse. Ah! ora si eh’ egli
può ripetere ai Romani quelle parole già da lui raccolte, in una
congiura solenne, dal cuore istesso del suo divino Maestro : Popule
meus, quid tìbi feci ? 0 mio popolo, che ti ho fatto ?
A quest’ ora medesima si verifica quel profetico presentimento
che gli faceva dire, in mezzo ancora de’suoi primi trionfi, ch’egli
non si facea veruna illusione, che Roma rassomigliava forse per
lui a Gerusalemme: che il venerdì santo non era lontano dal giorno delle
palme; e che il popolo, sempre facile ad esser trjtscinato
dapertutto e sempre lo stesso ne’ suoi entusiasmi o ne’ suoi furori
farebbe ben presto succedere ai gridi dell’ Hosanna lo spietato
Crucifigatur.
Ma, cosi a Roma come a Gerusalemme, sopra il suo trono 0
tra le catene, nel Vaticano o nell’ esilio, Re coronato di gloria 0
Martire coronato di spine, non avendo più alla mano che uno
scettro di canna, egli è del pari venerabile e caro a’nostri cuori.
Noi e’ inganniamo : i suoi infortunj lo rendono più grande e più
augusto agli occhi nostri ; essi aggiungono alla nostra venerazione
un amore più ardente e più profondo; essi danno, se è permesso
dirlo, alla sua maestà qualche cosa d’incomparabile e di compito.
Sì, da un capo all’ altro del mondo cattolico , un commovimento
elettrico scuoterà le anime , risveglierà la fede addormentata nei
cuori più indifferenti, e come al tempo delle prime persecuzioni,
come a’ giorni della cattività del Principe degli Apostoli, le preghiere
di tutte le Chiese ascenderanno al trono di Dio, ed i miracoli della
fede e della speranza cristiana non tarderanno a sfolgorare in faccia
a tutta la terra.
Per noi, figli della Chiesa, approfittiamoci di queste grandi e
tremende lezioni. Quali colpi dovrà dunque scagliare Iddio, se
questi non bastano ? Questo è l’ultimo scoppio del fulmine che
romoreggiava da gran tempo sopra le nostre teste ; non sarebb’esso
abbastanza forte per farsi intendere a’più sordi, e il suo sinistro
bagliore non sarebbe sufficiente ad illuminare i più ciechi ? Che
poteva di più la Previdenza per disingannare gli uomini illusi, i
quali da otto mesi applaudiscono a tutte le rivoluzioni che mettono
a soqquadro 1′ Europa ; i quali non hanno giammai avuto parole amare
se non pe’Sovrani, quando osavano difendere, noi nont
vogliam dire la lor potenza, ma i loro giorni; i quali nel loro cieco
ed appassionato entusiasmo pe’ demagoghi di ogni paese , consolavansi
dei delitti che spaventano il mondo , dicendo che le grandi trasformazioni
sociali non si operano senza laceramenti, e che
tale si è la legge dolorosa de’ nuovi tempi che si preparano, come
se le condizioni supreme ed inviolabili di ordine e di esistenza per
le umane società potessero giammai essere tramutate ; come se la legge
eterna che protegge la vita, la proprietà, la famiglia dell’ uomo,
come se la gran legge dell’ autorità e del rispetto essere potesse
un momento sospesa ; come se i precetti apostolici sopra la
cristiana sommissione potessero giammai sparire di mezzo, ad un
popolo, senza abbandonar questo popolo a tutti li trionfi della
forza brutale e a tutti i delirj dell’anarchia.
Ma lasciamo questi pensieri : non formiamo tutti che un cuore ed
un’anima per far pervenire al glorioso vinto del Quirinale,
al nostro Padre venerato ed amato le testimonianze unanimi dei
nostri affetti e de’ nostri dolori . . . Qualunque sia la terra ospitaliera
che lo abbia ricevuto, benedetta sia quella terra! i Cristiani la
visiteranno un giorno come una terra consacrata : e se Dio
avesse voluto ch’essa fosse la terra di Francia, il suolo della nostra
patria esulterebbe sotto i suoi passi, e noi saluteremmo il suo
arrivo come la benedizione del nostro avvenire ! e da questo momento ,
in qual siasi luogo 1′ angelo del Vaticano lo abbia condotto , prostrati
in ispirito, e nell’ effusione del più tenero cuore
noi baciamo i suoi piedi come avremmo baciato quelli di Pietro
all’ uscire del carcere Mamertino !
RIcavato dall’ Univers del 27 Novembre 1848.
gLI annali dell’ Europa non offrono forse uno spettacolo
più ignominioso e spaventevole, pella sua stessa universalità, di
quella lunga traccia di sangue che segna dappertutto il movimento
del 1848, e che dalle barriere di Parigi, dove il generale de Brea
cadde prigione e trucidato, si prolunga sotto i cadaveri mutilati del
principe Lichnowslcy, del generale Auerswald, dei conti di Lamherg
e di Latour, fino a Roma, dove Pellegrino Rossi, vigliaccamente
colpito alle spalle, ha gloriosamente espiato ogni sua colpa, morendo
per la libertà e l’onore della S.Sede. Dapertutto la violenza,
la crudeltà, 1′ assassinio sotto la più ignobile sua forma ; e quel
eh’ è anche più vergognoso dell’ assassinio , l’indifferenza delle moltitudini
forviate pel sangue innocente, l’apologia dello scannamento,
la consacrazione di ciò che il giornalismo toscano chiama il pugnale
democratico !
« Questi misfatti, degni dovunque dell’esecrazione degli uomini
dabbene, lo sono più che altrove a Roma, pel carattere specialmente
augusto del potere che n’ è l’oggetto e del Pontefice immortale che
ne subisce l’oltraggio.
* Si freme in pensando a qual grado dovette il male infiltrarsi
ed infettare anche il cuore dell’ Italia , sicché i Romani abbiano
potuto così, gli uni abbandonar vilmente il loro generoso Sovrano,
gli altri armarsi di un ferro sacrilego contro colui che, pel suo coraggio,
il suo dedicamento, l’angelica sua bontà, avea impresso
alla riforma politica de’ suoi Stati ed all’ emancipazione dell’ Italia
come il suggello della santità e della grandezza. ? Per qual mai
ferale decreto della Provvidenza la città eterna meritò di aggiugnere
questa pagina eternamente obbrobriosa a’su|à annali ! Si arrossisce
al sapere che Roma, la città degli eroi e dei Papi, fu quella che die
vita a quelle miserabili guardie civiche, da prima impassibili testimonii
dell’ assassinio, poi autori o complici della cospirazione che riuscì alla
replica del io agosto, contro al Palazzo
Apostolico, difeso da ottanta vecchie guardie, ed asilo del comun
padre di tutt’ i fedeli.
« Ecco dunque dove dovevano andare a finire quelle acclamazioni senza fine,
quelle dimostrazioni passionate, quella popolarità
incomparabile di cui si vide circondato Pio IX ne’ primi tempi del
suo pontificato ! Ecco a qual eccesso d’ingratitudine e di bassezza
dovea discendere codesto popolo italiano , inebriato dalle adulazioni
e pervertito dalle calunnie de’ suoi scrittori più di voga !. . .
» Ma nondimeno accanto all’ indignazione ed al dolore , serbiamo ne’nostri
cuori il maggior posto per l’amore, la fiducia e l’ammirazione.
La santa Chiesa Romana è accostumata a simili prove ;
né mai ad esse soggiacque né soggiacerà. Pressoché ad ogni pagina
della sua storia s’incontra la vittoria apparente ed effimera del male.
Le porte dell’ inferno la nimicarono sempre, ma giammai non
prevalsero né proveranno contra di lei.Non v’ha cristiano un pò3
edotto degli annali ecclesiastici che non resti colpito dall’analogia
che presenta l’attuai posizione del Vicaiio di Cristo con quella di
Pasquale li, allorquando l’Imperatore Arrigo V tenendolo cattivo in
Sutri, credette di poter strappargli la concessione delle investiture
minacciando di far sgozzare sotto i suoi occhi i cardinali e tutti i
fedeli del di lui seguito. Pasquale II cedette per risparmiare tante
vite innocenti ; ma dieci anni dopo , Arrigo V, umiliato e vinto alla
sua volta , trattava a Worms col successore di Pasquale, e colla
sua disfatta convalidava l’indipendenza della Chiesa.
« Non è più oggigiorno contra gl’imperatori ed i re, ma si
contra i popoli smaniti o depravati che il Papato è condannato a
difendere il sacro deposito che gli è affidato. Pio IX. e degno di
quest’augusta missione, egli che amò tanto il pòpolo, che tanto
fece, forse più d’ogni al%) Papa,,per soddisfare ai bisogni legittimi
de’suoi sudditi. Pio IX, più forte di Pasquale II, ha già protestato
contro il giogo che mani ingrate ed intrise di sangue gli
hanno imposto. Noi forse lo vedremo fuggiasco come S. Gregorio
VII, bistrattato come Bonifaccio VIII, o martire come S. Pietro
e cinquant’ altri suoi predecessori. Ghecchè gli avvenga, il suo posto
6arà glorioso infra tutti. Lo si vedrà sempre fido a’ suoi principi,
degno dei Santi che con lui portarono quella corona di spine che
ricopre la tiara. Egli è, e sarà sempre la maggior speranza, la più
gran consolazione del secolo tristo in cui viviamo. Noi salutammo
la di lui esaltazione, ed esultanti unimmo la nostra voce umile ed
oscura, ma pur sincera e disinteressata, ai plausi di quel popolo
che lo tradisce, di quell’Europa che forse lo dimentica. Oggidì che
egli è segnato di un non so che di finito che la sventura aggiunge
alla virtù:, ci sentiamo inondati da un torrente di rispettosa tenerezza,
e gli serbiamo nei nostri cuori, come nell’ammirazione della posterità
cristiana, un asilo dove nessuna ingratitudine potrà
ferirlo, nessuna codardia oltraggiarlo.
MODENA, dai tipi della R. D. Camera.