Da almeno vent’anni il nodo della digitalizzazione della produzione documentaria (in ambito pubblico e privato) rappresenta una delle questioni oggetto di maggiore attenzione (non solo in Italia) da parte del legislatore, dei governi e delle comunità professionali di riferimento. Si è a lungo ritenuto che smaterializzare la produzione cartacea avrebbe cambiato radicalmente la qualità e l’efficienza della pubblica amministrazione. Si è affidato alla trasmissione digitale e soprattutto ai sistemi di posta elettronica il compito di ‘snellire’ i flussi di lavoro e di comunicazione. Si è ritenuto che anche la democrazia avrebbe tratto grande giovamento dall’uso massivo di ICT al fine di assicurare rapidità del processo decisionale e trasparenza.
I cambiamenti positivi non sono certo mancati naturalmente, ma allo stesso tempo il nodo originario non solo non si è sciolto, ma si è tradotto in una miriade di questioni aperte che la normativa italiana ed europea di questi anni hanno affrontato molto parzialmente con conseguenze non positive in termini di coerenza della gestione, sostenibilità degli investimenti e incertezza nelle linee di sviluppo da seguire.
Non vi è dubbio che molte questioni hanno bisogno di una impegnativa riflessione interdisciplinare e vanno ben al di là della dimensione tecnica che qui si intende affrontare. Tuttavia, poiché l’ambiente digitale produce documenti e archivi anche al di là delle intenzioni esplicite di chi ne è l’autore e che tali memorie permangono ben oltre la volontà di chi le ha elaborate originariamente, come insegna la vicenda delle e-mail di Hillary Clinton, non sembra irrilevante che un po’ di chiarezza venga fatta al più presto almeno sul fronte della formazione e conservazione dei documenti.
La questione interessa in primo luogo il settore pubblico ma anche le imprese che avrebbero bisogno di un sistema qualificato di gestione informatica dei documenti per la loro stessa sopravvivenza e che invece sembrano oggi incontrare – almeno nel nostro Paese – difficoltà maggiori e dimostrano un alto grado di inconsapevolezza. Interessa in misura crescente (anche se nessuno se ne occupa) i singoli individui e le loro memorie personali sempre più a rischio di sopravvivenza anche nel breve periodo. Questioni come la conservazione del fascicolo sanitario elettronico o del fascicolo previdenziale elettronico (solo per fare qualche esempio) non possono certo essere lasciate inevase sia in termini di infrastrutture digitali che dal punto di vista di una specifica e diretta assunzione di responsabilità da parte pubblica.
Si tratta di aspetti strategici che richiedono di prospettive di medio e lungo periodo per essere affrontati con la ragionevole possibilità di risultati concreti e implicano la presenza di
- un quadro normativo chiaro e consolidato,
- un piano nazionale di medio periodo (almeno un decennio di investimenti),
- un’amministrazione archivistica con un organico adeguato sia in termini di quantità di funzionari e dirigenti tecnici che per quanto riguarda i profili di competenza,
- un modello sostenibile e qualificato per la tenuta e conservazione delle fonti digitali a breve e medio termine.
Sono tutte condizioni imprescindibili che, tuttavia, dipendono dal rispetto di un requisito fondamentale: un grado sufficiente di consapevolezza circa la criticità e la centralità dei problemi qui ricordati da parte di una classe dirigente che finora non ha certo brillato per lucidità e coerenza in questo ambito. Basti pensare alle continue modifiche della legislazione di settore (ancora in corso dopo vent’anni) e alle riforme incessanti che hanno certamente indebolito le amministrazioni competenti.
La funzione documentaria ha l’indubbio difetto di richiedere per il suo esercizio investimenti di natura infrastrutturale e di lunga durata senza assicurare immediata visibilità a chi li garantisce. Ha tuttavia il pregio di consentire di per sé (se affrontata con cura e competenza) che la memoria delle istituzioni, delle organizzazioni e delle persone possa trovare strumenti certi di salvaguardia anche nel mondo liquido e contradditorio della ‘post-verità digitale’.
Mariella Guercio
Presidente dell’Associazione nazionale archivistica italiana – ANAI