Nel corso degli ultimi due decenni il rapporto tra le persone ed il lavoro è mutato radicalmente a causa dei profondi cambiamenti, generati dalla rivoluzione digitale, che hanno investito il mondo del lavoro.

La rivoluzione digitale ha ridefinito svariati settori produttivi creando nuovi beni e servizi da un lato e quindi figure professionali, e contribuendo dall’altro a estinguere alcuni  mestieri tradizionali.

Prima di questa rivoluzione il lavoro coinvolgeva, per la maggior parte della popolazione, porzioni  di tempo definite, prevedibili e nettamente separate dal tempo privato e personale e da quello collettivo. Oggi i confini tra questi tempi risultano più sfocati, oggi i percorsi di vita si confondono sempre più spesso con i percorsi di carriera, le passioni con le competenze professionali, il tempo libero e ricreativo con il tempo lavorativo, la serenità dell’esistenza sociale e relazionale con l’affermazione lavorativa, la casa e lo spazio privato con il luogo di lavoro.

A questi cambiamenti si sono affiancate anche radicali modifiche delle norme che governano il mondo del lavoro, modifiche che hanno contribuito a configurare l’esperienza dei lavoratori sempre più come eterogenea, fluida, instabile, spesso costituita da un mix di frammenti diversi, di lavori autonomi e semiautonomi, talvolta temporanei, basati sul paradigma della flessibilità, su forme di auto-impiego e auto-imprenditorialità.

In un’accezione più ampia è possibile affermare che il progresso tecnologico ha prodotto una società più ricca ed avanzata, ma che allo stesso tempo vede cambiare con una velocità e imprevedibilità sempre maggiore gli assetti che definiscono l’inclusione o l’esclusione dal mondo del lavoro e la possibilità di redistribuzione favorendo principalmente i soggetti con i più alti livelli di istruzione e formazione con competenze gestionali, legate in larga misura alla finanza e ai sistemi informatizzati e tecnologici. Questi cambiamenti hanno fino ad oggi generato, nella maggior parte dei casi, sperequazioni e una polarizzazione sempre più evidente tra soggetti inclusi ed esclusi dal mondo del lavoro.

In questo scenario le categorie utilizzate nel corso del ‘900 risultano essere sempre meno efficaci per rappresentare la realtà, questo genera cambiamenti sostanziali su tematiche quali la tutela dei diritti e il concetto di rappresentanza. Si fa quindi sempre più viva la necessità di definire nuove categorie, non più fondate su un paradigma statico e sulla nozione di posto di lavoro ma su un paradigma invece più dinamico che implichi la mobilità professionale e la transitorietà.

Anche i luoghi della produzione sono stati fortemente modificati dalle dinamiche che hanno caratterizzato il mondo del lavoro a partire dall’inizio degli anni ’90. Un buon esempio di questo cambiamento lo forniscono i fenomeni “manifattura 4.0” e più in generale “industria 4.0”. Il progresso tecnologico, infatti, ha da un lato accelerato la scomparsa di determinate professioni ma, dall’altro, accelerato la creazione di nuove. Questo ha imposto sia la necessità di formare nuovi profili coerenti e in linea con le competenze richieste dall’economia e dal mercato sia la necessità di plasmare luoghi lavorativi che sfruttino al meglio le opportunità offerte dalla rivoluzione tecnologica fornendo gli strumenti necessari a queste nuove professioni per esprimersi al meglio e quindi, in ultima istanza, rispondendo alle esigenze dei lavoratori.

Alla luce di questo scenario appare evidente come nei prossimi anni sarà necessario comprendere a fondo le caratteristiche del rinnovato rapporto tra uomo e macchina, inteso in senso ampio, coinvolgendo quindi aspetti quali la tutela dei diritti e l’innovazione dei luoghi di lavoro. Bisognerà comprendere se e come questo rapporto possa essere modellato trovando nuovi punti di equilibrio dinamici che tengano in considerazione l’accelerazione delle dinamiche innovative e la valorizzazione delle attitudini e delle competenze, aspetto centrale per la definizione del ruolo dell’uomo all’interno della società. In sintesi: è possibile fornire risposte alle tensioni generate dall’innovazione tecnologica partendo dalle esigenze delle persone?

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