Anche se ormai da 11 anni la data canonica del 7 novembre (anniversario della rivoluzione d’Ottobre) è stata sostituita in Russia, come festa nazionale, da quella del 4 novembre come Giorno dell’Unità Popolare (a ricordo della cacciata dalle truppe polacche da Mosca nel 1612, che pone fine alla cosiddetta epoca dei “torbidi” e prelude all’avvento della dinastia dei Romanov), il 1917 rimane comunque una delle grandi date che scandiscono la storia russa, come il 1812 (invasione di Napoleone e sua cacciata), il 1861 (emancipazione dei servi), il 1941-45 (grande guerra patriottica).
Il Febbraio e l’Ottobre vedono il succedersi di due diverse prospettive di abbandono della vecchia Russia, prodotte entrambe dall’impatto della guerra e portate avanti da forze diverse: quella di un nuovo ruolo e consenso nazionale attraverso una radicale trasformazione politica e nel solco dell’alleanza con le potenze dell’Europa occidentale e degli Stati Uniti, quella della costruzione, a livello internazionale e poi sempre più nazionale, di una nuova società, volgendo le spalle alla guerra degli Stati e conducendo una nuova guerra contro tutte le forze che, in modi anche molto diversi, si oppongono al nuovo potere.
Le due rivoluzioni russe sono la risposta a processi in corso in tutte le società europee e pongono alcune delle questioni di lunga durata.
Ne indico alcune:
le conseguenze della guerra sul piano economico-sociale, del rapporto Stato – società, della mobilitazione culturale a livello di avanguardia e di massa;
la rinascita di un mito internazionalista e pacifista che sembrava morto nell’agosto 1914 e la proiezione della Russia sulla storia mondiale come mai prima di allora;
l’avvio di processi di nation e state building in tutte le grandi compagini imperiali sconvolte dalla guerra;
la ridefinizione degli equilibri tra i diversi Stati e le diverse zone dell’Europa in funzione della nuova presenza, minaccia e attrazione dello Stato sovietico;
l’importanza assunta dalla propaganda, dalla diplomazia culturale e dalla costruzione delle immagini, che oltrepassano i confini, promuovono nuove forme di comunicazione ed entrano nelle dinamiche e nei conflitti dell’altro;
la dialettica secolare tra interdipendenza e isolazionismo. La guerra e la rivoluzione lasciano di fronte all’Europa due diverse Russie, quella sovietica e quella dell’emigrazione, e rapporti diversi con l’una e con l’altra, oltre che tra di esse e con i propri passati.
La Russia dopo la guerra e la rivoluzione non sarà più o almeno principalmente (tranne che per i nostalgici delle proprie ossessioni) quella “sotto gli occhi dell’Occidente” di Joseph Conrad (1911) con i suoi rivoluzionari tenebrosi e ambigui e con le provocazioni della polizia zarista. Essa sarà ancora di più al centro dell’attenzione europea, avrà un ruolo decisivo nell’Europa minacciata dal nazismo, ma il suo impatto e i suoi intrecci saranno sempre più globali; nello stesso tempo, come l’Europa e insieme e oltre i rapporti con questa, essa sarà sempre più condizionata dai processi mondiali.
Il confronto tra Russia ed Europa si propone dunque come uno dei temi che invitano a ripensare e a ripercorrere la storia dell’Europa come storia di lunga durata. Non solo tenendo come data iniziale quella delle due rivoluzioni (febbraio e ottobre 1917) che in occasione del centenario è prevedibile che occuperanno il centro della scena, ma anche riprendendo in mano quel processo che si avvia a metà del XIX secolo, quando con la liberazione dei servi, quel confronto si propone come strutturale nella storia dell’Europa contemporanea.
Andrea Panaccione
Università di Modena e Reggio Emilia