Nel marzo 1944, nel pieno della guerra di Liberazione, viene pubblicato tra i “Quaderni dell’Italia Libera” editi dal Partito d’Azione l’opuscolo I partiti e la nuova realtà italiana. (La politica del C.L.N.).
> Scarica l’allegato
Dietro lo pseudonimo di Carlo Inverni si cela il vero autore: Vittorio Foa.
Lo scritto, uno dei più rilevanti e significativi del periodo più critico della recente storia italiana, pone in luce con lucidità e rigore alcuni dei problemi che avrebbero caratterizzato la Resistenza, la nascita della nuova Italia democratica e, per certi versi, anche lo sviluppo della vita politica repubblicana.
Al centro delle riflessioni di Foa c’è la paura che le vecchie istanze conservatrici e reazionarie colluse con il fascismo, che avevano portato al crollo dell’8 settembre 1943, nelle quali si poteva intravedere «il vecchio stato che tenta di risorgere», riuscissero nel tentativo di tornare a galla imponendo agli italiani una restaurazione che avrebbe solamente abbandonato il nome del fascismo mantenendone la sostanza.
In quelle 52 paginette vi è anche un’articolata analisi critica delle forze più conseguentemente antifasciste del Comitato di Liberazione Nazionale che erano impegnate in prima fila nella lotta per cacciare l’occupante tedesco, compresa una coraggiosa autocritica ad alcune posizioni dello stesso Partito d’azione. Significative le pagine in cui Foa, di fatto, illustra con anticipo la causa del rapido esaurimento che avrebbe caratterizzato la vita dell’azionismo una volta finita la guerra: la convivenza di istanza programmatiche diverse e divergenti dalle quali emergeva un programma «enigmatico».
Ma è sui possibili sviluppi di una nuova vita democratica che, forse, il lettore di oggi può trovare le pagine più stimolanti di questo opuscolo, quando Foa sottolinea che «la rivoluzione si crea da sé stessa i propri organi di potere» perché «è il processo stesso della volontà delle masse che crea la nuova classe politica» e che «il processo di sviluppo della democrazia si afferma nell’atto stesso [in cui] si edifica».
Qui Foa allude alla possibilità, poi tramontata, che dal vivo della drammatica esperienza bellica potesse sorgere un sistema democratico alimentato dall’attivismo delle masse popolari e dai loro autonomi organi di rappresentanza, da un profondo rinnovamento della struttura e delle funzioni dei partiti nel loro rapporto con le masse, al di fuori dei consueti processi rappresentativi. Un’ipotesi di autogoverno dal basso e dalle periferie capace di istituzionalizzarsi in una forma di democrazia più diretta che potesse scongiurare il compromesso con le vecchie forze egemoni nell’Italia liberale.
In filigrana è così già possibile individuare tra le righe di questo opuscolo del 1944 il braccio di ferro tra le spinte al rinnovamento e l’inerzia della conservazione che avrebbe caratterizzato tanta parte della storia repubblicana.
20/10/2016