Gli spazi culturali e collaborativi nei processi di rigenerazione urbana
Dopo aver incontrato Stefano Mancuso, neurobiologo vegetale, non sono mai riuscito a togliermi dalla testa che le piante sono sensibili, sociali e intelligenti.
E riflettendo sul tema degli spazi culturali e collaborativi nei processi di rigenerazione urbana non riesco a pensarli che come delle piante, quelle piante che nascono in mezzo all’asfalto, alle mattonelle, nelle crepe dei muri, che quando le guardi ti domandi come sia possibile che in un interstizio così piccolo sia nato un fico, un cappero, un pino… si vede che il seme era quello giusto, che l’esposizione era perfetta e che è bastato un granello di terra buona a farle nascere. Sono la dimostrazione che la natura non ha bisogno né della scienza né della tecnica per creare nuovi ecosistemi, va solo lasciata lavorare.
Qui proveremo a parlare di luoghi “spontanei” e “verdi”: molti ancora giovani, altri forse troppo piccoli per essere notati ma che costituiscono sicuramente una sfida decisiva per il nostro sistema economico e sociale. Cos’è che gli ha permesso di crescere? Di cosa c’è bisogno per attivare processi simili?
Il seme giusto, le persone.
Alla base di queste esperienze ci sono sempre delle persone, quelle persone che rappresentano il seme, l’embrione, il tessuto nutritivo e la testa. L’embrione è composto dal desiderio di trasformazione, dalla convinzione che con l’amore si possa cambiare ciò che non ci piace. Il tessuto nutritivo segue le necessità del nostro tempo, la capacità progettuale e il bisogno di sostenibilità economica. La testa, quella parte del seme che riesce a capire quando è il momento di iniziare e quando invece di trattenere le energie.
L’esposizione perfetta, il genius loci.
Nel nostro paese ogni latitudine e ogni longitudine ha delle caratteristiche particolari, il famoso genius loci, quel mix di capacità, attitudini e stratificazioni storiche. Gli ecosistemi più affascinanti e di successo sono quelli che riescono ad incorporare lo spirito del proprio territorio, che non scelgono un luogo ma che vengono scelti. Anche se non si possono fare generalizzazioni, vediamo che nuovi luoghi nascono all’interno di periferie urbane come in centri storici, in parchi naturali come in grandi città.
La terra buona, l’humus.
Quando parliamo di humus il riferimento è alla dimensione relazionale, a tutti quei micro organismi che per loro natura e vocazione trasmettono all’ecosistema le sostanze nutritive. Ci sono ecosistemi più o meno favoriti dall’ente pubblico, da investitori privati, dalle aziende del territorio o nati unicamente dall’iniziativa popolare, non fa nessuna differenza. Quello che determina il successo di queste iniziative è l’attitudine degli attori coinvolti a generare le giusti connessioni trasportando il loro valore verso la creazione di un nuovo ecosistema.
Uscendo dalla metafora, possiamo dire che le esperienze migliori, che si sono dimostrate realmente impattanti, sono quelle che tengono al centro della propria progettazione:
- La sostenibilità economica, perché in assenza di un buon modello di business non può trattarsi che di una buona intuizione. Senza la sostenibilità non è possibile oggi dimostrare la solidità, la replicabilità e l’impatto di queste iniziative.
- Il posizionamento strategico, rispetto ai settori di riferimento, al contesto socio economico e alla posizione geografica. Non possiamo cioè separare i vantaggi competitivi che ogni esperienza mette in campo dall’impatto sociale che essa stessa vuole generare.
- Le partnership pubblico-privato (qualunque sia la linea prevalente che costituisce l’iniziativa): in ogni caso ritorno sociale e ritorno economico sono connessi. Gli esempi più interessanti sono quelli in cui il tema viene collocato all’interno del sistema, genera nuove politiche, trasforma l’ente pubblico in un soggetto che può agire come facilitatore o mettere a disposizione l’infrastruttura.
Andare a conoscere questi luoghi, per lavoro, studio o per vacanza, significa immergersi nella trasformazione che parte dalle persone, le avvicina, permette loro di collaborare e, insieme, cambiare il territorio per essere di nuovo, a loro volta, contaminati.
In Italia esistono già dei posti così che vi consiglio di andare a scoprire, considerato anche che l’estate si avvicina e non si possono lasciar seccare le piante…
Da nord verso sud, alla scoperta della rigenerazione:
Officina lieve Borgo S. Lorenzo (FI)
Tribewanted Monestevole (Perugia)
Farm Cultural Park Favara (AG)
Riccardo Luciani
Responsabile Systemic Design Unit di Agenzia LAMA & direttore di Impact Hub Firenze
16/06/2016
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