Università degli Studi di Palermo

Già l’inizio dell’attuazione dei piani Garanzia Giovani – i programmi europei di promozione dell’inserimento lavorativo dei giovani realizzati attraverso stage  finanziati dalle diverse Regioni italiane – ha fatto registrare dubbi sull’efficacia di questi interventi, in particolare, sulla loro capacità di innescare nei giovani ricerche attive  del lavoro. Le successive attuazioni regionali hanno confermato l’esistenza di alcune Regioni più virtuose – come ad esempio la Valle d’Aosta, il Piemonte o l’Emilia Romagna – che hanno attivato anticipatamente i piani, riuscendo a promuovere processi efficienti di differenziazione istituzionale e di altre che, invece, hanno incontrato difficoltà e i cui risultati in termini di occupabilità generata sono modesti.

Le attuazioni, inoltre, evidenziano una sorta di inerzia architect-569361_960_720istituzionale, di tendenza a riprodurre, nonostante le innovazioni istituzionali che strutturano i piani, i tradizionali meccanismi di promozione dell’occupazione fondati sulle relazioni personali, sulle reti parentali e amicali  che il sociologo statunitense Mark Granovetter, in un articolo del 1985 dal titolo  “La forza dei legami deboli”, opponeva alle relazioni sociali non previste,  alle quali,  invece, riconosceva capacità di generare, in maniera duratura, nuova occupazione.

L’analisi sociologica delle diverse attuazioni regionali conferma la necessità di contestualizzare le analisi delle politiche. L’inserimento lavorativo dei giovani si rivela efficace, se inserito in una strategia regionale per il lavoro elaborata muovendo dalla condizione lavorativa dei giovani che risiedono nella Regione (tassi di disoccupazione, n. di giovani neet, livello di scolarizzazione dei possibili beneficiari, ecc.) e dalla realtà economica delle imprese (dimensioni aziendali, ampiezza relativa dei diversi settori economici, specializzazioni richieste, ecc.).

I piani garanzia giovani, in molte Regioni italiane, sono stati deludenti poiché non sono riusciti a far nascere relazioni lavorative nuove, potenzialmente generatrici di investimenti, sia da parte dei lavoratori che da parte delle aziende.

L’analisi sociologica dei piani e, in particolare, la possibilità di effettuare analisi comparative con le politiche per il lavoro in corso di elaborazione in Francia permette di identificare nella connessione tra la domanda e l’offerta di lavoro l’ambito di intervento, anche in Italia, più fecondo per innovare e rendere più efficaci i processi di policy.

In Francia, l’obiettivo di connettere la domanda e l’offerta di lavoro è stato recentemente assunto da aziende che nella costruzione di piattaforme digitali sulle quali inserire le richieste delle aziende e dei lavoratori hanno individuato il mezzo per rendere immediatamente fruibili tutte le informazioni inserite, per effettuare analisi comparative tra le richieste e le offerte disponibili e per rendere efficiente l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro. Il sito Le Bon coin è uno dei siti che indica questo genere di innovazione. Iniziative simili non sostituiscono le funzioni dei Centri per l’impiego, dei Poles d’emploi, esse appaiono complementari rispetto ai Centri per l’impiego, ed hanno, in primo luogo, il fine di partecipare in maniera innovativa alla costruzione dei mercati del lavoro, di renderli più dinamici, meno formali e più efficienti e, secondariamente, quello di promuovere processi di differenziazione istituzionale nelle funzioni dei Centri per l’impiego.

Fiorella Vinci
Università degli Studi di Palermo


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Leggi il riassunto del Decalogo sull’Huffington Post dal titolo Cari policy maker, ecco a voi il Decalogo della Jobless Society

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