Il nesso tra città, cultura e turismo è oggi chiamato in causa da nuovi itinerari, luoghi e servizi che consentono l’incontro, e forse l’ibridazione, di residenti e turisti. L’economia della cultura ha continuato a svilupparsi, negli ultimi vent’anni, favorendo il cambiamento delle sue basi di ancoraggio dal patrimonio costruito e dalle risorse culturali tangibili verso forme di cultura più simboliche e suscettibili di reinterpretazione creativa di tipo diffuso. Questa trasformazione ha importanti implicazioni per l’articolazione del turismo nello spazio, perché il contenuto delle sue esperienze diventa più immateriale, focalizzato su incontri culturali e creativi possibili in una serie di contesti eterogenei, in contrasto a quanto accade nel turismo culturale mainstream.
Dall’incontro tra varie tipologie di popolazioni urbane, professionisti del turismo, associazioni culturali, fornitori di servizi intermedi emerge una nuova costellazione di pratiche a cui è possibile associare un inventario di iniziative che mettono al centro la co-produzione dell’esperienza turistico-culturale. Lo stesso profilo degli attori coinvolti appare più sfumato e rimesso in gioco da processi simultanei di “produzione” e “consumo” di eventi, esperienze e luoghi, basati sul consumo collaborativo supportato da dispositivi digitali di ultima generazione. Oltre ai casi più noti legati all’avvento della sharing economy e che si limitano ad appoggiarsi a forme di platform capitalism (leggasi Airb&b), questo ambito offre anche la possibilità di far conoscere piccoli progetti turistico-culturali portatori di innovazione sociale, aprendo l’interstizio per la messa in discussione della classica dicotomia turismo/residenzialità. È il caso a Milano del più recente progetto Piacere, Milano che, durante il periodo di Expo, ha avuto per obiettivo quello di far incontrare abitanti e visitatori per una cena o per una visita inedita della città, oppure di Mygrantour, che consiste in una serie di passeggiate multiculturali guidate da cittadini di origine migrante.
Alla luce di una rinnovata relazione tra turismo, città e cultura, appare ragionevole che si apra uno spazio di possibile intervento per la politica pubblica con l’obiettivo di:
- sostenere il capacity building di queste iniziative, che ad oggi stentano a camminare sulle proprie gambe (il pubblico è limitato e il finanziamento è legato ad iniziative a pioggia, poco in grado di dare continuità ai progetti);
- legittimare le competenze transdisciplinari, transettoriali, transgenerazionali che servono a sostenere e indirizzare in maniera inclusiva il rinnovamento della relazione tra città, cultura e turismo, offrendo anche la possibilità di generare nuovi sbocchi occupazionali;
- favorire la comunicazione online e offline di questi progetti perché è sulla capacità di comunicare all’interno e all’esterno le visioni che li accompagnano che si basa la possibilità di far diventare queste iniziative di interesse collettivo;
- monitorare i nuovi tipi di servizi offerti perché, pur a fin di bene, non si limitino a riprodurre sguardi stereotipati sulle città.
Oggi come oggi c’è un vuoto di politiche che riescono a far convogliare città, cultura e turismo in maniera innovativa e integrata; è tuttavia nell’ambito definito da questa triangolazione che si apre la possibilità di nuove coalizioni di attori secondo un approccio territoriale-relazionale basato sull’accoglienza.
Chiara Rabbiosi
08/04/2016