Leggere in pubblico la Costituzione vigente nel proprio Paese qualche volta diventa l’atto di protesta più radicale per dire: il potere sta violando la legge. Ma il potere risponde accusando di tradimento chi compie quel gesto. Chiedete a Olga Minsk.
Olga Minsk nell’estate 2019 in piazza a Mosca legge, come segno di protesta, gli articoli della Costituzione russa in tema di libertà, di diritto al voto, di fronte a dei poliziotti in tenuta antisommossa.
Questa storia dice molto, non solo delle forme di protesta, ma anche delle possibilità che stanno, nel tempo presente, tanto nella forza della parola letta, quanto nelle conseguenze possibili della parola ascoltata. Non vale solo in Russia e non riguarda solo i regimi dittatoriali.
L’esperienza di ascoltare in uno spazio aperto la lettura della Costituzione, o di altri testi fondanti l’etica pubblica, è diventata un’esperienza sempre più diffusa. Ma non è solo un’esperienza, è anche il percorso in cui spesso il testo ascoltato (politico, civile, letterario…) recitato o anche semplicemente restituito nella sua ritmicità consente di «sentire» altri significati, anche perché spesso la parola ascoltata e recitata conta per la tonalità adottata, per il timbro di voce, per la pausa.
La pratica di ascoltare la lettura di testi classici, o di testi ritenuti formativa per la coscienza pubblica (dai testi letterari della Bibbia alla lettura dei versi epici antichi, medievali o anche moderni, o della poesia civile…) è aumentata verticalmente negli ultimi anni.
Parallelamente andavano diradandosi, si eclissavano o venivano meno, altre forme dell’agire, stare insieme o altre forme della socialità. Per esempio, i luoghi della socializzazione politica, propri del partito di massa, il ritrovarsi per discutere, capire, e dunque farsi un’opinione informata, hanno subito una contrazione, o comunque riguardano il tempo vissuto di un numero sempre più ristretto di persone. Un tipo di esperienza non più avvertita, da sola, come formativa. Così non è, invece, per l’esperienza dell’ascolto.
La lettura ad alta voce, in un luogo pubblico, ovvero l’esperienza della lettura ascoltata, più che performance, si presenta come esperienza collettiva dove conta l’emozione condivisa, la possibilità di partecipare con il corpo, di essere collettività in quell’atto: un atto pubblico di cui sentirsi parte.
Ha scritto Byung-Chul Han nel suo Infocrazia (Einaudi) che il futuro possibile della democrazia non consiste nel cliccare, nel mettere like e postare, ma soprattutto nell’ascolto.
Ascoltare è tornata a essere un’esperienza di apprendimento, dopo che abbiamo per intero compiuto il ciclo dall’analfabetismo alla lettura individuale e silenziosa. È durato l’intero ciclo del Novecento.
All’inizio ascoltare e leggere era l’unica via perché milioni di persone apprendessero. Poi l’impegno per imparare a leggere e a scrivere era il segno dell’emancipazione della liberazione.
In due o tre generazioni l’obiettivo è stato raggiunto. Leggere è diventato il veicolo per apprendere, «farsi un’idea», trovare da soli, comunque senza l’intervento dall’alto, una strada per capire.
Ma poi lentamente questa strada ha mostrato dei limiti. La lettura ad alta voce, in uno spazio pubblico, all’aperto o in luogo dedicato ha ripreso lentamente un suo ruolo e si è accompagnata, non come atto sostitutivo, alla lettura individuale in silenzio.
Quella lettura ascoltata in pubblico è diventata un’esperienza, talvolta segna «un prima» e «un dopo». E tuttavia quella lettura ascoltata non si presenta come un rito. Si va ad ascoltare non solo per provare un’emozione, insieme ad altri, ma anche per apprendere. In quel caso più che «ascoltare» quella scelta indica la volontà, la decisione di «mettersi in ascolto».
Quella decisione significa fare un passo indietro rispetto alle proprie convinzioni consolidate e ammettere che si può ancora imparare, che non si tratta di confermare ciò che già si sa, ma si dà alla voce altrui una possibilità di «giro di tavolo», non con diffidenza, ma, almeno, con curiosità. Non alla ricerca di un’opinione che ci convinca, ma di una riflessione che ci trasmetta la possibilità di saperne di più, o di sentire qualcosa di diverso.
“Udire è un fenomeno fisiologico; ascoltare è un atto psicologico” ha scritto molti anni fa Roland Barthes. E aggiungeva: “l’ascolto si apre a tutte le forme di polisemia, di sovradeterminazione, di sovrapposizione, disgregando la legge che prescrive l’ascolto unico.”
Forse anche per questo– per ritornare al punto da cui siamo partiti– consapevolmente o meno, Vladimir Putin ha pensato che fosse meglio considerare Olga Misik un pericoloso pervertitore dell’ordine esistente.
In copertina: Olga Misik, frame da #Piùlibri19, “Leggere la Costituzione a Mosca”.