Quando Martin Luther King fu ucciso il 4 aprile 1968 era impegnato in un progetto che si sarebbe dovuto concretizzare di lì a pochi giorni: la Poor People’s Campaign, marcia per i diritti dei poveri che avrebbe dovuto portare a Washington, presso le sedi del Governo e del Congresso, migliaia di persone dagli stati del Sud e dalle più grandi città del Nord per chiedere posti di lavoro, indennità di disoccupazione, un più alto salario minimo e opportunità educative per adulti e bambini. Dopo la desegregazione e il diritto di voto, King credeva infatti che gli afroamericani non avrebbero ottenuto la piena cittadinanza senza la sicurezza economica.
La marcia dei poveri — poi realizzata ad un mese dalla morte di King — fu un punto di svolta nella politica del movimento per i diritti civili anche per il suo carattere interrazziale: non si rivolgeva solo agli afroamericani, ma ai poveri di tutto il Paese e l’organizzazione trovò ben presto sostegno tra i leader di gruppi di nativi americani, messico-americani, portoricani e delle comunità di bianchi indigenti.
La povertà era considerata da Martin Luther King uno dei tre mali che affliggevano la società americana, insieme al razzismo e al militarismo. In occasione del suo più controverso discorso contro la guerra in Vietnam, il 4 aprile del 1967, dopo aver accusato il Governo di essere «il più grande fornitore di violenza al mondo», King denunciò che l’impegno militare nel Sud Est asiatico aveva causato lo svuotamento finanziario dei programmi della «War on Poverty», promossa quattro anni prima dal Presidente Lyndon B. Johnson. King si appellò all’istituzione di un reddito annuale garantito e sottolineò l’importanza del movimento sindacale come primo «anti-poverty program».
Ad ispirarsi oggi proprio alle parole di Martin Luther King sull’importanza dell’azione sindacale unita alla battaglia dei diritti civili è l’iniziativa Black Workers Matter, promossa dal think thank progressista Institute for Policy Studies e attorno alla quale si sono riuniti la National Association for Advancement of Colored People, l’AFL-CIO e altri sindacati nazionali, alcuni rappresentanti del movimento Black Lives Matter, attivisti religiosi e per i diritti civili ed esponenti del movimento Fight for $15.
L’obiettivo è far sì che i lavoratori neri ritornino al centro del movimento sindacale e provino a risollevarne le sorti, dato che ormai solo l’11% dei lavoratori fa parte di un sindacato. La potenziale centralità degli afroamericani è dovuta alla loro maggiore propensione ad unirsi a un sindacato. E al fatto che permangono degli squilibri nella società americana. Dei 46 milioni e mezzo di poveri nel Paese nel 2015 (14,8% della popolazione), i più colpiti, con percentuali doppie rispetto ai bianchi, sono gli afroamericani e gli ispanici. Come cinquant’anni fa i poveri si concentrano negli stati del Sud, dove vive più della metà dei neri e i sindacati sono pressoché assenti. La disoccupazione tra gli afroamericani è dell’8,8%, mentre per i bianchi solo del 4,3%. Il quadro sembra parlare da sé: le discriminanti razziali sono probabilmente ancora oggi troppo laceranti per far rivivere il sogno di Martin Luther King di un movimento contro la povertà veramente interrazziale.
01/04/2016
Beyond Vietnam
Discorso di Martin Luther King a Riverside Church, New York, 4 aprile 1967
The Other America
Discorso di Martin Luther King alla Stanford University, 14 aprile 1967
DAL PATRIMONIO
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