Come ti immagini la scuola del futuro?

Immagino che sia un luogo dove coltivare la curiosità, che smetta di annichilire. Una scuola libera, aperta. Una scuola sconfinata.

Un sogno che abbiamo fatto tutti durante e dopo la pandemia, ma che sembra destinato a restare tale…

Chissà, ma se non ci si prova nemmeno…

 

Noi con Scuola Sconfinata ci proviamo. Ci rivolgiamo direttamente a chi la scuola la vive ogni giorno, a chi per sua natura guarda al futuro. Ai ragazzi, ai bambini. A loro che “la fanno facile” perché, spesso, è facile davvero. Basta guardare bene, avere cura dell’altro: a maggior ragione in scuole di periferia, un po’ dimenticate, dove è meno frequente l’aiuto dall’alto e ci si deve arrabattare. Ma, tutto sommato, è proprio arrangiandosi che si riescono a scardinare visioni e narrazioni ormai antiquate.


FUORI DALLA CLASSE – AGORÀ

Conosciamo i bambini/ragazzi della scuola media Riccardo Massa: li ascoltiamo definire lo spazio pubblico, avanzare proposte per renderlo migliore. Il parco, la piazza, il teatro, la biblioteca: luoghi che possono accogliere, che restituiscono un senso di libertà e comunità.

 

E a scuola?  “C’è l’Agorà, il nostro spazio comune”. Nato grazie a un altro progetto, ora gli studenti sono pronti a connotarlo di più, a renderlo veramente loro. Lo ri-osservano e lo ri-esplorano, stavolta con occhi nuovi: cos’hanno da dire? Su post-it elencano i lati positivi, come il verde, l’area relax, lo spazio giochi e la pista; ma anche diversi aspetti da correggere: il traffico e la sporcizia, i panettoni di cemento, la pista con qualche piccolo difetto.

Sarebbe anche piuttosto semplice renderlo più curato, verde e accogliente.

“Possiamo fare i murales, mettere un po’ di erba in più, fare un cineforum per raccogliere fondi!”, propongono.

Giusto. Andiamo oltre: visualizziamo la nuova Agorà, progettiamo quello che desideriamo.

Divisi in quattro gruppi, i ragazzi ci mostrano cosa farebbero e come: sport, gioco, ristoro, cineforum.

Lo spazio dell’Agorà è di tutti e prima di decidere è importante capire cosa pensano gli altri: un sondaggio in giro per la scuola può raccogliere gli sguardi dei bambini e dei ragazzi che la abitano.

 


FUORI DALLA CLASSE – CORTILE

Le elementari della scuola Riccardo Massa hanno come spazio comune un cortile, in cui bambine e bambini trascorrono l’intervallo ogni giorno. Anche per loro lo spazio pubblico (la piazza, il centro commerciale, il parco, lo stadio, le strade) è luogo di aggregazione, di gioco, di passaggio, reso accogliente soprattutto dalla possibilità di incontro con gli altri. Li seguiamo quando escono a fare un “sopralluogo”. Sembrano piccoli geometri mentre, armati di fogli e penne, appuntano i pro e i contro del loro cortile.

Cosa piace? Il verde, gli arredi (diverse panchine e casette in legno perché sono comode e ci si può giocare), l’ampiezza degli spazi, utili per correre e inventare nuove avventure. Cosa non funziona? Beh, il verde c’è ma è davvero poco curato… Le panchine sono quasi tutte rotte, le casette minuscole e la recinzione cade a pezzi. Servirebbe qualche attrezzatura in più, altrimenti diventa difficile fare sport o giocare come si deve. E non dimentichiamo l’ecologia! Nelle casette si fa uno spreco di elettricità insensato; se poi aggiungiamo i pochi cestini per la raccolta dei rifiuti, il cortile diventa insostenibile, pur nel suo piccolo.

“Cosa vogliamo?!”
“Vogliamo uno spazio verde e libero! Uno spazio attrezzato per le nostre attività.”
“Come lo otteniamo?!”
“Dipingiamo le panchine, mettiamoci nuovi giochi…”

Visualizzare e progettare è un’attività molto utile, a maggior ragione dopo aver messo nel calderone così tanti spunti nuovi. A ogni bambino viene dato tempo e spazio – uno “scrigno dei desideri” che raccoglie le sue idee – per lasciar andare l’immaginazione senza freni e disegnare il proprio spazio comune scolastico ideale, in cui incontrare gli amici, giocare, rilassarsi. Ogni bambino ha immagini proprie, che si incontrano con quelle degli altri.

 

Si uniscono in tre gruppi ed emergono coincidenze: più relax (un’amaca, un proiettore, pochi e semplici arredi per godersi i momenti di pausa in tranquillità); più sport (che sia il campo da basket, un luogo per tornei sportivi o persino una piscina, l’importante è sfogarsi con il movimento: l’energia dei bambini è smisurata); più gioco, perché è il modo migliore per imparare a relazionarsi, ma le aree attrezzate sono poche; più natura (l’erba, gli alberi, persino gli animali sono necessari alla formazione, volendo anche per esperienze laboratoriali).

La scuola è di tutti e per portare avanti questi progetti è una buona idea chiedere alle altre classi: il sondaggio rivela che il relax, la condivisione di interessi e l’attività fisica sono le prime cose che si vogliono migliorare.

La scuola è di tutti e per portare avanti questi progetti è una buona idea chiedere alle altre classi: il sondaggio rivela che il relax, la condivisione di interessi e l’attività fisica sono le prime cose che si vogliono migliorare.


DENTRO LA SCUOLA – L’AULA

Con i ragazzi dell’Istituto Carlo Porta abbiamo ragionato sullo spazio interno, in particolare quello dell’aula. Con il mazzo di Dixit – gioco che, di per sé, promuove la fantasia anche grazie alle illustrazioni sulle carte – abbiamo rotto il ghiaccio e creato un momento d’ascolto e di confronto reciproco. Da qui i ragazzi, attraverso un proficuo brainstorming, si sono chiesti cosa vuol dire “scuola”, non solo come spazio fisico, ma soprattutto come esperienza.

La prima parola che mi viene in mente quando penso a “scuola” è…

Ma anche…

“Un ambiente educativo, dove stringere nuove amicizie, dove imparare il rispetto.” Alcune sensazioni legate alla scuola, però, non sono positive: emergono parole come “blocco”, “ansia”, “noia”, “stress” e “non comprensione”. Ancora di più, ça va sans dire, dopo il lockdown e il distanziamento obbligato. Si può rimediare, di sicuro; si può immaginare una scuola che sia un porto sicuro e un trampolino per le potenzialità di ognuno.

Per farlo, i ragazzi si sono divisi in tre gruppi e hanno osservato più attentamente lo spazio, appuntando cosa piace e cosa non piace, il tutto corredato da vari “perché”.

Ecco cosa piace: la LIM, i caloriferi, la disposizione dei banchi, i PC, l’ampiezza dell’aula, la raccolta differenziata, i compagni. Cosa non piace? Lo stato d’abbandono in cui versano gli arredi e le pareti, la poca igiene e la mancanza di un’illuminazione adeguata.

Per fare un sunto, possiamo raggruppare i bisogni dei ragazzi in tre macrocategorie: cura, equilibrio e socialità.

Dopo essersi concentrati sulle aule, spostano l’osservazione sulla scuola in generale, che purtroppo, ai loro occhi, è ancora uno spazio di negazione e limitazione. C’è la necessità di ridisegnare uno spazio comune in cui rilassarsi, svagarsi e confrontarsi, a cui dare forma insieme.

È fondamentale ascoltare, senza interrompere, le voci di studenti e studentesse. Gli adulti, spesso, faticano a pensare azioni concrete, ritocchi semplici ma efficaci che possono fare la differenza, forse perché già troppo assuefatti dalla narrazione del “così vanno le cose”. È, quindi, proprio accogliendo le opinioni di chi riesce ancora a essere ottimista che si può trovare la chiave per aprire nuove porte.

 

DENTRO SÉ STESSI – GLI STEREOTIPI

A proposito di “narrazione mainstream”, Scuola Sconfinata ha voluto poi toccare il tema della scuola di periferia: come viene vista e quali stereotipi la penalizzano? Connotare una scuola come “di periferia” è, purtroppo, frequentemente inteso in senso dispregiativo, come se le persone e l’istruzione promossa in quei luoghi fossero di seconda o terza categoria solo a causa della distanza che li separa dal centro città.

 

Per rompere il ghiaccio, viene fatta una presentazione un po’ particolare: ogni ragazza/o si immedesima nella persona alla propria destra e si presenta come fosse lei o lui, indicandone una caratteristica. L’esercizio, oltre a dare il via alla discussione, crea empatia e permette di introdurre un altro “gioco” che chiamiamo Chi salveresti?

 

Si dice ai ragazzi: “Immaginate che domani la terra scompaia e che il vostro gruppo sia incaricato di scegliere 7 persone – tra le 11 elencate di seguito – da inviare su un nuovo pianeta per costruire un’altra civiltà. Ecco le persone candidate a partire per il nuovo pianeta, a voi il compito di sceglierne sette: musicista, cuoca, insegnante, venditore ambulante, falegname cieco, dottoressa, poliziotto armato, atleta, poeta, ragazza con figlio, architetto”.

La risposta sembra facile e, divisi in gruppi, i ragazzi e le ragazze mostrano le loro liste motivate. Solo al termine dell’esposizione, però, vengono rivelate le storie dei diversi personaggi. Per esempio, il venditore ambulante è laureato in ingegneria ed è un bravissimo agricoltore; il poliziotto armato è padre di tre figli e non ha mai usato la pistola; la dottoressa si occupa di alimentazione ed è specializzata in cure contro l’acne…

Venire a conoscenza delle storie di ognuno, al di là delle etichette, permette di aprire una discussione su quanto gli stereotipi condizionino le scelte, anche quelle ragionate e motivate. Porta i ragazzi a riflettere su loro stessi, sulle persone che li circondano e che pensano di conoscere. Pensano anche, però, a come gli altri abbiano spesso attribuito loro caratteristiche che non sentono veramente proprie e che magari li hanno condizionati sin da bambini. La scuola, la zona in cui vivono, le famiglie da cui provengono: tutti elementi che vengono giudicati e che li stigmatizzano. Il problema è ampio, poiché è la città stessa a marginalizzarli. Ma grazie a questi esercizi, grazie all’intervento di Scuola Sconfinata, potrebbero riuscire a scrollarsi di dosso questi pensieri polverosi. E magari lo faranno pure tutti gli altri.

 

L’ultimo gioco, la Mappa delle Identità, è un’attività individuale e porta a compimento il percorso precedente. Ciascuno disegna la propria mappa, compilandola con le informazioni su di sé. Qualcuno preferisce astenersi: è legittimo farlo, le sensibilità vanno sempre rispettate.

Quello che emerge è, di nuovo, l’impossibilità di definirsi con una sola caratteristica, e la difficoltà di farlo persino con molte. Ora c’è più consapevolezza tra di loro: sanno che le proprie identità (e quelle degli altri) non sono assimilabili a tratti esteriori. E questo fa tirare un sospiro di sollievo.

Nel secondo incontro della fase di ascolto con Scuola Sconfinata, il focus si sposta dalla dimensione personale a quella, per così dire, comunitaria, per individuare soprattutto gli stereotipi legati alla scuola. Simile al “gioco” precedente, viene creata una carta d’identità della loro scuola, la Rosa Luxemburg. Quali sono i punti presenti in questo documento? 5 cose che piacciono, 5 cose che non piacciono, 5 cose che si vorrebbero, 5 parole chiave che identificano la scuola. Inoltre, ciascuno scrive 3 episodi significativi accaduti nella scuola.


Viene fuori che gli aspetti positivi sono davvero molti, più di quelli negativi, e che la visione che si ha dall’esterno è decisamente distorta. Alla faccia di chi la addita, come per insulto, una “scuola di periferia”.

 


ATTORNO ALLA SCUOLA – IL QUARTIERE

Con le bambine e i bambini della scuola Luigi Cadorna, l’obiettivo di Scuola Sconfinata è stato quello di uscire dalle mura dell’edificio per scoprire le risorse educative che il quartiere attorno offre.

Si inizia con l’approfondire la conoscenza del percorso casa-scuola, illustrato dai disegni dei bambini stessi. Quali sono i punti significativi che incontrano nel tragitto e cosa li colpisce? Si compone, alla fine, una mappa collettiva che allarga la prospettiva dello spazio.

Cos’è per loro, esattamente, il quartiere? “Quartiere è… case e giardini collegate vie” rispondono i bambini e, dopo un controllo sul dizionario, aggiungono anche “nucleo autonomo per storia e tradizioni”. È allora il momento di scoprire di più sulla zona San Siro, attraverso gli occhi degli alunni della Luigi Cadorna. Partire da Google Maps permette di comprendere meglio l’organizzazione dello spazio e di individuare i posti più belli: insieme scoprono che sono moltissimi i punti di interesse e di svago a cui sono affezionati. Il quartiere è, allora, anche un luogo famigliare, dove potersi incontrare e stare insieme, dove spendere il tempo libero.

 

Non solo a memoria, ma anche con l’esplorazione attiva si può ricostruire la mappa. Divisi in quattro gruppi, i bambini escono per prender nota di vari aspetti. A ogni gruppo viene chiesto di concentrarsi su un senso specifico: vista, olfatto, udito, tatto. È così che gli stimoli raccolti ci raccontano di strade vive, con molti elementi positivi e stimolanti. Riusciamo, grazie alle loro parole, a immaginarci meglio la quotidianità del quartiere e a immergerci in quelle vie.

 

 

Al termine dell’esperienza, gli alunni sono felici e riconoscono il valore dell’esperienza. È stato bello stare all’aperto, scoprire in prima persona, imparare con gli amici, divertirsi. La loro speranza è di poterlo fare nuovamente e che tutte le classi della scuola possano vivere la stessa avventura.