Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

Il centrodestra ha vinto con larga maggioranza le elezioni del 25 settembre. Seppur in termini di voti assoluti le percentuali collimano con quelle della “non-destra”, il trionfo è avvenuto nei collegi uninominali: in virtù di ciò la maggioranza si colloca intorno al 55% dei seggi al senato e al 60% alla camera.

Senza entrare nel merito del dibattito sulla proporzionalità del sistema elettorale, senza discutere meriti e demeriti dei sistemi misti e il loro effetto distorsivo nella traduzione dei voti in seggi, e abbandonando quindi l’oscuro tema della governabilità, che almeno a livello istituzionale questa volta dovrebbe essere garantita, in questo contributo si andrà a cercare di capire quali possano essere le linee di frattura interne alla coalizione del centrodestra. Forte di una maggioranza elettorale più che salda, non è altresì scontato che questo si dimostri unito dal punto di vista politico.

Le linee di conflitto sono diverse, a partire dalla posizione della Lega in politica internazionale, così come al diverso orientamento in termini di welfare e integrazione europea. In questo articolo si proverà quindi a dare una panoramica dei potenziali luoghi del conflitto, partendo dai diversi documenti programmatici e dalla campagna elettorale, nonché confrontando le questioni con la storia politica recente. La situazione fotografata è lo status quo partitico a fine settembre, prima della formazione del governo.

Politica internazionale, politica energetica

Il primo tema è l’agenda di politica estera della Lega, con particolare attenzione alle “sanzioni” e all’invio di armi in Ucraina. Discorso, quello di Salvini, che va a inserirsi in critica generale delle posizioni euro-atlantiche nei confronti della Russia. Il tema su cui si è coagulato il dissenso sono le sanzioni sul mercato del gas, le cui conseguenze economiche stanno prendendo forma in questi mesi, in particolare su alcuni comparti industriali che utilizzano il gas come materia prima, nonché sul costo delle bollette e dei possibili problemi di approvvigionamento che si prospettano per l’inverno.

Se la posizione Fratelli d’Italia è imperniata sull’atlantismo, per Berlusconi il discorso è diverso: fino al 2011 la politica estera di Forza Italia è stata improntata al dialogo con la Russia (era nota l’amicizia con Putin), tanto che il Cavaliere si è più volte fregiato di aver concluso la guerra fredda a Pratica di Mare (sic). Nonostante l’uscita di Berlusconi su Medvedčuk e sugli “uomini perbene”, FI si è accodata alle posizioni NATO: ma non è scontato che a questa posizione venga dato credito a livello internazionale. Di fatto, FDI e FI non hanno proposto deviazioni rispetto alle strategie finora adottate (invio di armi, sanzioni). La Lega ha, come noto, posizioni critiche su entrambi i temi. Circa le interazioni interne alla coalizione, rimane plastica l’immagine di Cernobbio: Giorgia Meloni, che nel momento in cui Salvini si dice contrario alle sanzioni, si mette le mani nei capelli.

Politiche sociali, pensioni, Reddito di Cittadinanza

Qui i nodi sono due: la politica pensionistica e le politiche di contrasto alla povertà. Circa il primo tema, la proposta della Lega è volta al superamento della legge Fornero attraverso l’implementazione di quota 41. L’attenzione per il tema e i conflitti interni alla coalizione di centrodestra non sono una novità. Nel 1994 il partito di Bossi fece cadere il primo governo Berlusconi proprio sulla revisione in senso contributivo del sistema previdenziale; in anni più recenti “quota 100” è stata la proposta di bandiera della Lega. Circa il Reddito di Cittadinanza (RdC), ancora la Lega, che nel 2018 faceva parte del governo che ha approvato la misura, ha posizioni diverse rispetto agli alleati.

Se infatti il partito di Salvini è più attento a “l’agenda sociale”, i suoi partner di coalizione, liberal-conservatori, sono storicamente ostili all’espansione dello stato sociale, soprattutto nei suoi profili redistributivi: e pensioni e reddito di cittadinanza sono politiche che hanno spiccati profili redistributivi. Ci aspetteremmo quindi una certa opposizione da parte di FdI e FI verso tali misure.

Andando sui programmi: quello unitario presentato dal CDX si propone di sostituire il Reddito di Cittadinanza con “misure di inclusione sociale e di politiche attive di formazione e di inserimento nel mondo del lavoro”. Interessante il modo in cui viene trattato il tema della povertà: nel programma la parola “povertà”, o il sostantivo “poveri”, non ci sono. Nel suo programma FdI parla di abolizione del RdC, mentre la Lega parla di una riforma dello stesso “mantenendo” però “la sua funzione sociale”. Tale policy per il Carroccio “ha alterato il mercato del lavoro e ha rappresentato una forma di concorrenza sleale nei confronti dei nostri ragazzi”: ci si domanda en passant se “i nostri ragazzi” debbano accettare retribuzioni inferiori alla soglia di povertà relativa; inoltre, l’idea è quella di potenziarne gli aspetti legati alle politiche attive. Su pensioni, FdI stupisce per la vaghezza, parlando di “flessibilità in uscita dal mondo del lavoro e accesso facilitato alla pensione, favorendo al contempo il ricambio generazionale”, che è poi la stessa formula presentata nel programma di coalizione. La Lega è invece più dettagliata, e spiccano soprattutto due proposte: quota 41, ovvero accesso alla pensione di anzianità al quarantunesimo anno di contribuzione; e l’abbassamento da 67 a 63 anni del requisito di accesso alla pensione di vecchiaia per le donne.

Politica europea, Green Deal e politica industriale

In questa nuova fase della storia politica dell’Unione Europea, le posizioni pro-austerity hanno ceduto il passo al green keynesianism e ad una maggiore flessibilità in tema di politiche fiscali. Se il discorso è tale per gli investimenti, ci si chiede però se lo stesso valga per la spesa corrente. Sarà interessante capire come l’istituzione guidata da Ursula Von der Leyen risponderà alla revisione strutturale della Fornero, adottata proprio sulla spinta di Bruxelles, anche se come si è visto nel 2018 una maggioranza coesa dovrebbe essere in grado di portare a termine i suoi impegni programmatici, quale che sia il loro impatto sulla spesa pubblica. Circa invece gli investimenti e il discorso sul green keynesianism, mentre FI non discute il Green Deal, il documento del nuovo corso di politica fiscale di Bruxelles, gli altri due componenti della coalizione sono critici sia circa l’impianto delle politiche sia circa gli obiettivi da conseguire, seppur non questionando la logica di fondo, volta alla mitigazione dell’impatto antropico sul cambiamento climatico, via la riduzione delle emissioni di CO2.

Riprendendo quanto scritto in un precedente articolo, e consci di una pacchia che sta volgendo al termine, Fratelli d’Italia nel documento prodotto a Maggio per la conferenza programmatica considera l’European Green Deal come un documento “pretenzioso e massimalista” che danneggia “le nostre imprese”; gli obiettivi sul clima sono “irrealistici” e costituiscono un “aggravio insostenibile per il sistema produttivo italiano”. Nel programma elettorale i toni si addolciscono. Tuttavia, la prospettiva industrialista è sottesa nella due diciture “Realizzare gli obiettivi della transizione ambientale ed ecologica del PNRR salvaguardando il sistema produttivo colpito da anni di crisi, con particolare attenzione alle filiere industriali di difficile riconversione” e “difendere e tutelare gli interessi del sistema industriale e produttivo nazionale”. La Lega è in continuità: il Green Deal è un “piano di politica industriale desueto e inappropriato per il contesto che si sta vivendo”. Ancora, in comune con Fratelli d’Italia vi è la posizione sulle negoziazioni del pacchetto “FIT for 55”: qui si parla di “attenuarne o procrastinarne le misure dall’impatto sociale più dirompente, come la messa al bando del motore a scoppio nel 2035 e l’inclusione dell’edilizia e del trasporto su strada nel sistema per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra nell’Ue (ETS)”.

Se la stagione dell’austerity sembra aver ceduto il passo al green keynesianism, così sembra che al sovranismo sia succeduta una maggiore moderazione. Tuttavia, la linea di conflitto nel centrodestra ricalca la contrapposizione tra euroscettici ed europeisti, nonostante sia è osservabile il riallineamento di tutti i partiti all’interno della cornice europea, a differenza di momenti della storia recente in cui si è parlato di uscire dall’UE e dall’euro.

Conclusioni e possibili prospettive

A fronte di queste possibili linee di conflitto, nel momento in cui si scrive sembrano in corso i preparativi per allargare la coalizione al centro: Calenda ha dato una sorta di disponibilità al supporto dell’attività governativa del CDX. Azione e Italia Viva andrebbero a rinsaldare le posizioni centriste, in una certa continuità con Forza Italia, con cui peraltro hanno condiviso alcuni elementi della classe dirigente (Carfagna, Gelmini). Ciò è interessante se si considerano le posizioni liberiste del terzo polo, in particolare sul tema redistributivo. Questo allargamento interesserebbe per assurdo l’agenda sociale, riportando, con una “mossa del cavallo” tanto cara a Renzi, l’asse verso destra.

Per quanto riguarda la leadership leghista, ci si aspetta un’apertura alla discussione interna, ma un cambio a livello di segretario appare poco probabile, considerato come Salvini abbia potuto strutturare le liste (bloccate) a suo piacimento. La storia recente del PD insegna come i gruppi parlamentari abbiano una vita autonoma rispetto alla segretaria e che i conflitti tra questi due gruppi possano risultare in un gioco a somma zero.

Linee di conflitto percorrono poi la coalizione di CDX su questioni di politica estera ed europea. Sul primo tema, la posizione della Lega, disallineata rispetto alla totale chiusura rispetto alla Russia spinta da NATO, USA e UE, è vista con sospetto sia dagli altri partiti sia dagli osservatori internazionali, anche in virtù di certe “relazioni pericolose” portate avanti da Salvini negli anni precedenti al 2018 con la Federazione di Putin. Calenda ancora appare come un ottimo sostituto per Salvini, considerando quanto siano limitati gli spazi di autonomia nei confronti dei partner strategici in tema di politica estera.

Sul secondo tema sembra invece che lo spazio di manovra sia maggiore, soprattutto circa la revisione degli obiettivi ambientali delineati nell’European Green Deal. In questo campo Lega e Fratelli d’Italia condividono le medesime posizioni, ma Forza Italia, e in prospettiva Azione/IV, hanno posizioni più morbide in tema di politica europea. Su questo sarà interessante capire se e come saranno in grado di dettare l’agenda a Bruxelles, così come se il CDX si presenterà compatto alle negoziazioni.

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