Il tema dei conti pubblici è centrale in ogni campagna elettorale, ma in questa fase di incertezza economica e politica assume un significato ancora più importante.
Quando si parla di conti pubblici, bisogna sempre tenere in considerazione anche il contesto europeo. Perché?
Da un lato l’Italia ha un proprio ministero dell’Economia, che si occupa di gestire la politica fiscale. Dall’altro, condivide la stessa moneta (l’euro) con gli altri 18 Paesi dell’Eurozona, la cui politica monetaria è coordinata dalla Banca centrale europea.
Questa costruzione istituzionale ha delle fragilità intrinseche ancora irrisolte. Nonostante negli ultimi quindici anni si siano susseguite ben quattro crisi (finanziaria, dei debiti sovrani, pandemica, energetica), non è stato ancora raggiunto un equilibrio istituzionalmente stabile fra il livello nazionale (dove si decide quanto spendere e quanto tassare) e il livello europeo (dove si decidono i tassi di interesse).
Ne consegue che l’equilibrio delle finanze pubbliche italiane è strettamente connesso a ciò che avviene a livello europeo. Venerdì 9 settembre la Banca centrale europea ha aumentato i tassi di interesse dello 0,75%: il più grande incremento dalla creazione dell’euro. Nella situazione attuale, questa decisione (attesa ormai da qualche settimana) avrà ripercussioni negative non solo sulle famiglie e sulle imprese (che pagheranno tassi più elevati sui prestiti), ma anche sugli Stati più esposti ai mercati finanziari, come l’Italia, per l’appunto.
Appare chiaro che la tenuta dei conti pubblici italiani è sempre più a rischio. È con queste insidie che si devono misurare le promesse e le campagne elettorali dei partiti.
Destra
All’interno della coalizione di destra, le varie forze politiche hanno punti di vista diversi sui conti pubblici.
Fratelli d’Italia tiene una posizione più classicamente conservatrice. La sua leader Giorgia Meloni ha affermato più volte che la stabilità dei conti pubblici è una priorità, sottolineando in un’intervista a Reuters che sarà “molto attenta” nella gestione delle finanze statali. Meloni, inoltre, si è detta contraria a un nuovo scostamento di bilancio per finanziare il sostegno del governo nella crisi energetica. Secondo Meloni, fare più debito può essere solo una extrema ratio, dato l’alto debito pubblico dell’Italia. Queste dichiarazioni sono da leggere anche come tentativi di accreditarsi agli occhi dei mercati e delle istituzioni internazionali.
La Lega, al contrario, sostiene che un ampliamento delle spese pubbliche e una riduzione delle tasse siano quanto mai necessarie. Il segretario Matteo Salvini ritiene che nella situazione attuale lo scostamento di bilancio sia “assolutamente necessario”, anche al fine di evitare di dover spendere di più in futuro quando la crisi sarà più profonda. Inoltre, la misura-bandiera del programma economico della Lega, la cosiddetta flat tax, verosimilmente amplierà di molto il deficit statale.
A sostenere una politica fiscale più espansiva è anche Forza Italia, che propone, ad esempio, l’aumento delle pensioni minime e di invalidità a mille euro al mese per tredici mensilità.
Centrosinistra
Nel dibattito pubblico, il raggruppamento guidato dal Partito democratico punta a distinguersi dagli altri presentandosi come garante delle istituzioni e del posizionamento internazionale dell’Italia. È naturale, perciò, che la coalizione guidata da Enrico Letta si sforzi di mantenere una posizione più cauta sul tema dei conti pubblici. È da leggere in tal senso anche la candidatura nelle liste del centrosinistra di Carlo Cottarelli (direttore dell’Osservatorio conti pubblici italiani, ora autosospeso a ragione della campagna elettorale), un economista notoriamente liberista, seppur con qualche venatura “sociale”.
In realtà, però, le proposte del programma del centrosinistra implicano un notevole aumento di spesa pubblica e tassazione da parte del governo. Misure come la riforma fiscale verde, il Piano Sud 2030 e la dote ai diciottenni richiedono un notevole sforzo da parte del bilancio pubblico.
Come evidenziato dallo stesso Osservatorio conti pubblici di Cottarelli, “la spesa totale associata all’implementazione di queste misure [è] in piccola parte coperta dalle entrate aggiuntive indicate nel piano, e, per la restante parte, da finanziare con coperture non definite”.
All’interno del centrosinistra, tuttavia, ci sono alcune importanti differenze. Il Pd, politicamente al centro della coalizione, ha ai fianchi due alleati molto diversi. Il fianco sinistro (l’Alleanza Verdi-Sinistra) spinge per maggiori investimenti pubblici sulla transizione verde. Il fianco destro (+Europa) ha un programma a sé stante, dove pone l’accento sull’”equità generazionale”, affermando che fare nuovo debito pubblico significa mettere un peso sulle future generazioni: una versione young-friendly delle politiche di austerità, oltre che una semplificazione fuorviante della questione del debito pubblico.
Movimento Cinque Stelle
Il programma del Movimento Cinque Stelle prevede un forte impegno di risorse pubbliche, coerentemente con la svolta “a sinistra” impressa al partito negli ultimi mesi dal suo presidente Giuseppe Conte.
Le proposte di alleggerimento fiscale e contributivo (come il cashback fiscale, la cancellazione dell’Irap, il taglio del cuneo fiscale e il piano Decontribuzione Sud) implicano una riduzione delle entrate statali. Allo stesso tempo, altre proposte chiave (come la Pensione garanzia giovani e il piano di edilizia residenziale pubblica) renderebbero necessario un consistente aumento della spesa pubblica, da coprire con maggiori tasse o con debito pubblico (ma d’altronde questa è una costante nei programmi di tutti i maggiori partiti).
Il punto distintivo del programma dei Cinque Stelle rispetto alle altre forze politiche è che le misure da loro proposte sembrano connotare una visione di politica economica particolarmente attenta alle fasce sociali più deboli.
Ne è un esempio chiaro la proposta di un netto rafforzamento del Reddito di cittadinanza, che invece altre forze politiche vogliono abolire (Fratelli d’Italia), ridurre (Terzo polo), oppure riformare in senso migliorativo ma solo timidamente (Pd).
Centro
L’alleanza fra Azione e Italia Viva (chiamata anche Terzo polo) si colloca al centro fra le forze politiche. Le proposte economiche di Carlo Calenda e Matteo Renzi sono inquadrabili in una cornice liberale con caratteristiche “macroniane”. Significa che da un lato viene riconosciuta la superiorità del mercato nell’allocazione delle risorse, ma dall’altro si ritiene che sia comunque fondamentale il ruolo “strategico” che può giocare il governo.
Non a caso, l’8 settembre il front-runner della coalizione Carlo Calenda si è detto favorevole a uno scostamento di bilancio per fronteggiare la crisi energetica: bisogna stanziare maggiori risorse pubbliche, anche a debito, ”altrimenti chiunque vincerà governerà sulle macerie del Paese”.
Passando al programma, i piani di spesa pubblica del Terzo polo hanno fra le priorità sanità e istruzione. La riduzione delle tasse sarebbe realizzata soprattutto attraverso una riforma dell’Irpef e l’introduzione di nuove facilitazioni alla crescita dimensionale delle imprese.
Le proposte economiche della coalizione hanno come punto di riferimento ideale il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), nel cui solco aspirano a inserirsi. Il programma dei centristi, però, si limita a rimarcare la necessità di una “svolta federale” dell’Unione europea, senza prevedere nessuna strategia chiara né per di creare una capacità fiscale comune a livello europeo, né per negoziare un nuovo Recovery Fund.
Dunque, è chiaro che le misure proposte dal Terzo polo ricadrebbero interamente (almeno per ora) sul bilancio pubblico italiano, a differenza di quelle del Pnrr, che era un progetto europeo, finanziato in buona parte da fondi europei.
Conclusioni
Il 5 settembre, Tito Boeri e Roberto Perotti hanno scritto su Repubblica un articolo dal titolo eloquente: “Una spesa pubblica senza più freni. Così i partiti promettono la luna”.
Che nessuna coalizione abbia in programma un’analisi dettagliata delle coperture è senz’altro vero, ma è anche scontato. Come ha notato ironicamente Mario Seminerio, in un certo senso, è più serio ammettere che “nessun programma elettorale contiene mai le coperture”, piuttosto che indicare nei programmi elettorali coperture vaghissime (come fatto da varie forze politiche).
Lo scandalo non è certo che in campagna elettorale si facciano promesse costose. I conti “veri” sui soldi pubblici da spendere si fanno quasi sempre dopo aver contato altri numeri: quelli in Parlamento. Semmai, è stupefacente come nessuno discuta seriamente del problema più grave di oggi: come affrontare il mix letale della crisi energetica (che diminuirà le entrate fiscali e renderà necessari nuovi aiuti pubblici) e dell’aumento dei tassi di interesse (che renderà più costoso indebitarsi per il governo). È qui, a monte, che bisogna intervenire.