Di recente, Maureen Dowd, columnist del New York Times, ha salutato il ritorno dei Democratici statunitensi, dopo aver fatto loro notare che le statunitensi prima sono dovute passare per una declassazione delle donne a “second-class citizens”, cioè a cittadine di second’ordine.
Negli Stati Uniti, la ricusazione della storica sentenza Roe vs Wade del 1973, ha sancito nuovamente una gerarchia tra i sessi, per lo meno sul diritto di riproduzione. Tuttavia, anche l’Unione europa ha sentito il bisogno di dotarsi di una Gender Equality Strategy per il quinquennio 2020-2025: la questione della parità di genere, infatti, taglia trasversalmente campi di interesse che non sono immediatamente agganciabili a quelle che maldestramente definiamo come “caratteristiche strutturali” delle donne. Per questo si rende necessaria l’implementazione di strategie onnicomprensive e di medio termine, provando a essere cauti nell’individuare tutte le forme più sottili e implicite di discriminazione che, quando non normate, si manifestano nelle conseguenze che hanno sulle vite delle donne.
Concentrandoci sul panorama italiano, su quali profili discriminatori hanno deciso di concentrarsi i partiti? Quanto spazio hanno dedicato le coalizioni al trattamento di un tema su cui, formalmente, c’è assoluto accordo?
Centrosinistra
Per il PD, il riconoscimento dei diritti delle donne è una condizione per la coesione sociale di un Paese che si possa definire democratico e progressista.
La parte III del suo programma delinea un “Paese a misura di donne e giovani”. Mentre nel PNRR è già inserita in via sperimentale una clausola di premialità estesa agli appalti pubblici per l’assunzione di giovani e donne, servirà anche rafforzare il Fondo per l’Imprenditoria femminile (con il PNRR sono già stati destinati oltre 400 milioni di euro alle imprese femminili) e immaginare un Piano straordinario per l’occupazione femminile che possa servire le esigenze pensionistiche, di sostenibilità e di produttività del Paese tutto; anche la Pubblica amministrazione dovrebbe impegnarsi a condurre politiche attive del lavoro a favore delle donne.
La Legge Gribaudo 162/2021 sulla parità salariale consente alle donne di denunciare le discriminazioni retributive, ma occorre un impegno alla trasparenza e al controllo per renderla effettiva. Sul tema della conciliazione vita e lavoro, il PD prevede di introdurre una parità totale nei congedi di maternità e paternità, senza specificare i tempi. Sfiorati anche i temi della violenza di genere e della salute (con riferimento a malattie faticosamente riconosciute come endometriosi o vulvodinia) e la garanzia dell’applicazione della legge 194/1978 attraverso un non ben definito “rafforzamento della rete di consultori”.
Il PD sul tema potrà beneficiare anche degli apporti programmatici della Rete Verdi-Sinistra. Nel capitolo 6, dall’evocativo titolo L’Italia che ama, i diritti civili sono interpretati come complementari a giustizia sociale e ambientale.
Il programma invoca città pulite in cui le donne possano trovare spazio – nel senso di poter abitare le città senza il timore della violenza –, e il diritto all’autodeterminazione ha tra i suoi capisaldi la parità salariale e l’interruzione volontaria di gravidanza. Il capitolo 7 è specificatamente dedicato alle donne. Al suo interno si tocca il tema del lavoro domestico e di cura, che ha gravato soprattutto sulle donne durante la pandemia, e la connessione tra povertà, violenza domestica e presenza femminile discontinua (o relegata a posizioni di ingresso) in settori specifici.
Dodici le proposte di intervento puntuali: tra più generici piani straordinari e incentivi, si menziona la corretta applicazione di una norma internazionale, cioè la Convenzione ILO 190 (che vincola gli Stati membri a impegnarsi nel contrasto a forme di violenza e molestie nel mondo del lavoro), il riconoscimento dell’indennità di caregiver, un potenziamento dell’accesso agli asili nido, il congedo di maternità obbligatorio al 100% per due mesi prima e per sei mesi dalla data del parto e un congedo per il padre che non sia alternativo a quello della madre; la modifica della l. 54/2006 art. 1 che fa dipendere la scelta dell’affido – in caso di separazione – dalla rilevazione di violenza domestica.
Sollecito anche il programma di +Europa rispetto alla parità di genere sul lavoro: l’appello è alle istituzioni e ai Comitati preposti alla garanzia di trasparenza e di uguaglianza nelle aziende, negli organi istituzionali e nei Consigli di Amministrazione, oltre alla predisposizione di uno specifico Bilancio di Genere nelle aziende. Tra gli interventi richiesti a sostegno della genitorialità, congedi per entrambi i genitori al 100% del reddito per la fase pre parto e congedi parentali complementari e facoltativi fino ai 12 anni retribuiti al 60%; previste riduzioni importanti dei costi degli asili.
Un paragrafo è interamente dedicato alla procreazione assistita nella direzione di una riforma della legge 40 del 2004 e di un avanzamento della ricerca in materia. Il partito di Emma Bonino propone il superamento del monopolio pubblico dell’aborto, l’estensione dell’aborto farmacologico nei consultori e nei servizi di medicina generale, e la garanzia da parte delle regioni di una presenza adeguata di personale non obiettore.
Movimento 5 Stelle
Più sintetico il Movimento 5 Stelle, che per le donne auspica la parità salariale, l’opzione di uscita anticipata dal lavoro e la pensione anticipata per le mamme lavoratrici, l’equiparazione dei tempi di congedo di padri e madri, la proroga dello sgravio contributivo al 100% per l’assunzione di donne disoccupate e ulteriori sgravi per l’assunzione di donne in gravidanza, il rafforzamento del Fondo per l’imprenditoria femminile. Ancora più scarna la proposta di Impegno Civico: vaghi auspici di maggiore partecipazione al lavoro e incremento di alcuni servizi (quali?) che incentivino la compatibilità tra natalità e lavoro.
Partiti di Centro
A garanzia della tutela dei diritti civili, Renew Europe propone l’istituzione di un’Autorità Nazionale Indipendente per la Tutela dei Diritti Umani. Molto puntuali le proposte al paragrafo “Pari Opportunità”, che rispondono all’evidente ritardo del Paese rispetto ai parametri del Gender Equality Index che ci tiene lontani dalla media europea (dati confermati dal Gender Diversity Index of Women on Boards and in Corporate Leadership realizzato da European Women on Boards).
Dal fronte Renzi-Calenda arriva l’endorsement per la Certificazione della parità di genere già approvata con legge n. 162/2021, la proposta di rendere strutturale (quindi non legato ai fondi PNRR) e potenziato il Fondo per l’Imprenditoria Femminile, potenziamenti dei crediti agevolati. In supporto alla conciliazione di lavoro e maternità torna il Family Act: tra i numeri presentati, un sostegno al reddito erogato, rispetto alla retribuzione mensile, in una percentuale decrescente a seconda del numero dei figli; incentivi per la formazione e il reskilling durante il periodo di maternità e sostegno alle imprese per la sostituzione della lavoratrice nel periodo di gravidanza, in una cornice di rafforzamento del welfare aziendale.
Sul tema congedi, si propone l’aumento del congedo di paternità a 1 mese, l’indennità è posta al 100%, congedi flessibili suddivisi tra padre e madre e variamente retribuiti in percentuale (meno mesi ma meglio retribuiti, per esempio). Previste forme incrementate di lavoro agile in caso di genitori con bambini piccoli a carico. Sul tema del contrasto alla violenza, si vogliono aumentare i centri antiviolenza e migliorarne le funzionalità, incentivando momenti di orientamento lavorativo e supporto psicologico. Si richiede anche continuità con l’Agenda Draghi in tema di vigilanza e denuncia, e il rafforzamento del Reddito di Libertà per le donne ospitate in case rifugio. Silenzio selettivo è posto sull’interruzione di gravidanza.
C’è nel dibattito pubblico una crescente sovrapposizione tra voto per una donna ed esercizio di femminismo: ma è sbagliato sovrapporre la vittoria individuale all’avanzamento della condizione femminile sul doppio binario delle libertà da (e di) un ideale univoco di maternità, famiglia, femminilità.
Spiega Franco Palazzi che desiderare una società non-patriarcale, e quindi la negazione dello stato delle cose, non equivale a immaginare una società femminista. Si tratta invece di rendere politicamente possibile la negazione di una situazione contingente e portatrice di ineguaglianze.
Centrodestra
La coalizione di destra, almeno su questo tema, è del tutto allineata (ricordiamo che Forza Italia ha presentato esclusivamente l’accordo quadro di programma per un governo di centrodestra).
Per “risollevare l’Italia”, intesa come “Nazione sovrana e spiritualmente forte”, il programma di Fratelli d’Italia considera la famiglia il cemento imprescindibile.
Per questo ogni elemento a sostegno della natalità è fortemente incentivato, comprese “campagne di comunicazione e informazione di natura medica sul tema della fertilità”. Formalmente, la Legge 194/1978 trova pieno riconoscimento nel programma di Giorgia Meloni, ma con un posizionamento saldo a sostegno delle donne che intendono portare a termine le gravidanze e delle neomamme. Restano ferme le posizioni contro la maternità surrogata.
Al dodicesimo punto compare il proposito di contrastare il divario retributivo ed espliciti riferimenti al “tetto di cristallo” (metafora della scarsità di donne in posizioni apicali) e alla pink tax sui prodotti (quali?) destinati soprattutto a rispondere a esigenze femminili. Unanime accordo sulla necessità di inasprire le norme contro la violenza domestica e di genere, con esplicite menzioni di matrimoni forzati e mutilazioni genitali.
Anche nel programma della Lega “famiglia” e “patria” si agganciano. Fondare il Paese sulla famiglia significa favorire la natalità, prevalentemente attraverso incentivi fiscali (per esempio l’eliminazione della Tampon Tax sui pannolini, condivisa con il programma di +Europa), sussidi e potenziamento di servizi come gli asili nido o l’istituzione dell’Albo di puericultrici di Stato.
Lo slogan “cultura della vita”, scomparso dagli altri due programmi, resta nel programma della Lega, che propone anche il computo di 1 annualità figurativa e l’anticipo della pensione per ogni figlio avuto (“opzione donna”) e l’equiparazione dei congedi parentali. La legge 194/78 è citata soltanto in relazione all’art. 2, nella parte in cui permane uno spiraglio a dissuadere le donne dalla richiesta di abortire.
In tema di lavoro, auspicata la proroga della decontribuzione per le imprese che assumono donne, sostegno della parità salariale, incentivi tramite cofinanziamento statale per lo studio delle discipline STEM da parte delle donne. Più radicali le misure a contrasto della violenza di genere, quali la possibilità di garantire la scorta alle donne vittime di stalking, l’arresto in flagranza per chi non rispetti le misure cautelari, la costituzione di sezioni di tribunale specializzate nel giudicare reati di questo tipo. Molto specifiche anche le proposte in tema di salute: garantite alle donne giornate di screening per patologie come il papilloma virus o il tumore mammario.