Politecnico di Milano

Chi studia i fenomeni urbani si rende conto da tempo che molti cambiamenti sono poco percepiti, nel senso che hanno una conseguenza nello spazio e nel modo di funzionamento della città differito rispetto a quando i fenomeni di innovazione e cambiamento si manifestano.

È così per la crescita delle disuguaglianze, la penetrazione della digitalizzazione in ogni attività, la compromissione del suolo e il cambiamento climatico, che hanno nelle città e nel continuo processo di urbanizzazione la loro principale causa.

In un recente seminario, Saskia Sassen sosteneva che stiamo attraversando un cambiamento epocale di cui intuiamo alcuni aspetti, difficili da vedere, li avvertiamo solamente, appaiono di quando in quando, ma non siamo in grado di capirli. Dobbiamo scavare per comprenderli. Poco è cambiato dall’esterno: le case, gli uffici e le infrastrutture sono ancora lì come prima, ma molto è mutato all’interno di esse, di qui la nostra difficoltà. Sassen sosteneva poi che uno degli aspetti del cambiamento è la durezza con la quale, per esempio, nella società americana, avvengono i processi di esclusione. Ma aggiungeva a queste considerazioni un punto che mi ha colpito. La brutalità con la quale certi processi di sfruttamento delle persone e dell’ambiente avvengono ha a che fare con le enormi distanze possibili in America: si sfruttano vasti territori e città e poi si abbandonano, i ricchi non vedono come vivono i poveri e quindi possono non curarsene.  Aggiungeva che l’Europa, che non ha questa possibilità di distanziamento e una storia molto più lunga, ha sviluppato una maggiore capacità di cura e di coesione.

È ancora vero? Era forse così in passato, quando la distanza era soprattutto spaziale, oggi che prossimità e distanza sono ridefinite attraverso la digitalizzazione di ogni attività potremmo non vedere quei fenomeni che stanno cambiando la città anche se sono vicini.

Sembra che questa nostra “realtà aumentata”, come viene spesso definita, abbia diminuito la nostra capacità di vedere ciò che è fisicamente prossimo e quindi di reagire per contrastare fenomeni di ingiustizia e disarticolazione del rapporto tra urbs e civitas, tra ville e cité (Sennett), città fisica e comunità urbana.

Alcuni esempi. L’e-commerce sta sostituendo progressivamente, ma con una certa rapidità, il commercio tradizionale. Una sostituzione avvenuta nel tempo, che ha contribuito alla crisi del commercio di vicinato e ora anche di alcuni luoghi della grande distribuzione. Il fenomeno non si è ancora dispiegato completamente, ma ha avuto un salto con la pandemia. Quando Amazon ha iniziato a vendere attraverso Internet era una semplice libreria on line che vendeva anche l’usato, difficile allora prevedere che sarebbe diventato il colosso planetario che è oggi, cui si affiancano eBay e centinaia di altre iniziative di commercio elettronico.

Ci sono effetti di perdita della vitalità urbana in molte zone dove il commercio locale garantiva la vita sulla strada; ci sono effetti di crisi di un settore del ceto medio che è sempre stato una componente importante della struttura sociale del Paese, con uno scivolamento verso la povertà; esplode la logistica urbana con camioncini che girano tutto il giorno in città con la proliferazione di lavori poco qualificati e sottopagati. Una trasformazione profonda della città e della società che allontana e rende individuale l’atto del comprare e del vendere.

Molte funzioni urbane hanno subìto lo stesso processo di silente trasformazione. AirBnB è nata come occasione di scambio di appartamenti tra persone che potevano valutare la reciproca affidabilità, ma progressivamente è diventata la più grande immobiliare del pianeta. L’effetto sul mercato delle abitazioni è stato rilevante soprattutto nelle città attrattive e ha favorito progressivamente l’espulsione di una popolazione a reddito medio-basso che si rivolgeva all’affitto. Ci sono intere parti di centri storici, ma non solo, che sono state acquistate da investitori solo per affitti brevi con un impatto negativo anche sul settore alberghiero.

Lo sharing di veicoli, iniziato lentamente e in forma sperimentale, ha progressivamente preso piede nelle città, con i suoi aspetti positivi di riduzione del numero di automobili possedute dalle famiglie, ma anche producendo fenomeni di esclusione e di differenziazione fra interno ed esterno della città stessa.

La finanziarizzazione ha investito l’intera economia globale ed è un fenomeno comprensibile solo a chi ne conosce i codici. Molto è stato scritto circa la rivoluzione che ha creato in quella che era la costruzione del valore nel sistema capitalistico dell’origine (Mazzuccato, il valore di tutto); si potrebbe dire che grazie alla digitalizzazione e alla sua forma immateriale, qualunque funzione, dalla residenza agli uffici fino alle infrastrutture è diventata oggetto di speculazione finanziaria. Fino all’estremo di grandi fondi finanziari che investono in complessi edilizi lasciandoli vuoti per poterli meglio scambiare sul mercato finanziario.

Il cambiamento climatico e più in generale i problemi dell’ambiente generano lenti processi destinati a trasformare le città. Precipitazioni estreme, ondate di calore, inquinamento dell’aria, dell’acqua e dei suoli, innalzamento dei mari, sono fenomeni diventati sempre più importanti con conseguenze rilevanti sull’economia e sulla necessaria riorganizzazione dello spazio. Il cambiamento climatico spinge le migrazioni dai paesi che soffrono la siccità, e ci sono autorevoli posizioni che sostengono che ciò è collegato con le origini della pandemia.

La pandemia da Covid-19 ha cambiato molte cose con la grande sospensione delle attività nelle città. Uno degli aspetti forse più significativi è stata la scoperta dell’esistenza di una massa di persone che svolgono lavori essenziali al funzionamento della città, lavoratori spesso invisibili, e che nella percezione comune sono considerati ai gradini più bassi del corpo sociale.

Badanti, addetti alle pulizie e ai rifiuti, infermieri, rider per la consegna di cibo e di ogni altro bene a domicilio: una neo-plebe secondo Paolo Perulli.

Potrei continuare con l’elenco di fenomeni complessi che stanno cambiando profondamente la città e la società che ospita. Il passaggio all’immateriale di molte relazioni ha reso difficile vedere alcune trasformazioni, ma alla fine tutto ritorna nello spazio dove stanno i corpi delle persone.

La capacità di riconciliare urbs e civitas, ville e cité, città fisica e comunità urbana richiede un lavoro di scavo, che deve partire dalla nuova ricombinazione tra spazio fisico e spazio virtuale, relazioni di prossimità e relazioni a distanza. Un lavoro di analisi e di resistenza nei confronti delle derive che portano ad accentuare disuguaglianza e disgregazione, ma anche di scoperta di tutti quegli episodi di innovazione sociale capaci di reagire a quelle derive.


Foto di Aleksejs Bergmanis.
Condividi
La Fondazione ti consiglia
pagina 129313\