Università degli Studi di Milano

Dopo il crollo dell’Unione Sovietica la destra radicale europea ha spesso mantenuto una posizione piuttosto ambigua nei confronti sia dell’Occidente, identificato con gli Stati Uniti che sono profondamente legati all’Europa da un’intensa cooperazione a livello politico, economico e militare, sia nei confronti dell’Oriente e in particolare della Russia e del suo presidente Vladimir Putin.

Il filo-atlantismo dei partiti della destra radicale nella maggior parte dei paesi europei è infatti più timido rispetto a quello tradizionalmente mostrato dai partiti liberali e popolari. Per i partiti della destra radicale l’egemonia statunitense rappresenta una potenziale limitazione alla sovranità nazionale e l’enfasi sull’individualismo tipico della tradizione liberale anglosassone si trova in parte in contraddizione con la visione comunitarista e corporativista della società da loro storicamente propugnata. Dall’altro lato è impossibile non osservare in anni recenti una crescente infatuazione da parte della destra radicale in Europa per la gestione autoritaria del potere attuata da Putin, libera dai vincoli imposti dai tradizionali “pesi e contrappesi” tipici della democrazia liberale.

Questa interpretazione “illiberale” della democrazia, che pone l’enfasi su valori storicamente cari alla destra come identità nazionale, comunità, tradizione e cristianità, è stata sposata soprattutto dai leader di partiti (populisti) di estrema destra dei paesi del cosiddetto Gruppo di Visegrád (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria); ma anche leader politici dell’Europa occidentale, come Matteo Salvini e Marine Le Pen, spesso non hanno nascosto accese simpatie per il presidente russo.

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia rappresenta l’ennesima sfida all’UE e agli stati membri dopo le molteplici crisi che si sono susseguite nell’ultimo decennio e costituisce un momento storico senza precedenti per studiare le posizioni dei diversi partiti nei confronti di due dei più importanti attori internazionali, Stati Uniti e Russia, e le loro rispettive visioni del mondo. Considerate la vasta copertura a livello mediatico, l’incertezza circa la durata delle ostilità e le importanti conseguenze a livello politico, economico e sociale, la crisi ucraina si può configurare come un vero e proprio “shock informativo” al seguito del quale i cittadini si trovano maggiormente disposti a modificare le proprie convinzioni a prescindere dalla linea politica storicamente tenuta dal partito a cui si sentono più vicini o che hanno sostenuto elettoralmente. È plausibile, inoltre, che le ripercussioni dell’attuale conflitto abbiano contribuito a polarizzare le posizioni dei diversi stati attorno ai propri interessi nazionali, di cui i partiti di destra radicale si fanno storicamente difensori.

Il focus è quindi sugli elettori, in particolare dei partiti di destra radicale, e sugli atteggiamenti da loro espressi nei confronti di USA, Russia, UE e NATO nonché sulle risposte dei propri governi e dell’UE alla crisi attuale.

Nel condurre questa analisi farò uso di dati di opinione pubblica ottenuti tramite un sondaggio condotto su campioni nazionali di circa 2000 cittadini sopra i 18 anni in cinque paesi membri dell’UEFrancia, Germania, Italia, Polonia e Ungheria – tra l’11 marzo e il 5 aprile 2022, poche settimane dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Il sondaggio è stato condotto da YouGov nell’ambito del progetto di ricerca SOLID “Policy Crisis and Crisis Politics. Sovereignty, Solidarity and Identity in the Eu post 2008” che vede coinvolte Università degli Studi di Milano, Istituito Universitario Europeo (EUI), London School of Economics and Political Science (LSE) e Fondazione Giangiacomo Feltrinelli.

In generale i dati confermano un timido atlantismo da parte dei sostenitori dei partiti di destra radicale nei cinque paesi che compongono il nostro campione. Su una scala da 0 a 10 che misura il grado di fiducia nei confronti degli Stati Uniti solo in Polonia il livello di fiducia espresso dai sostenitori dei tre partiti di estrema destra (PiS, al governo e Kukiz15 e Konfederacja, all’opposizione) è superiore a 5. In Polonia, così come in Francia e in Italia il grado di fiducia verso gli Stati Uniti da parte degli elettori di destra radicale è perfettamente in linea con la media a livello nazionale tra gli elettori di tutti i partiti. Fanno invece eccezione gli elettori di AfD in Germania e quelli di FIDESZ in Ungheria il cui livello di fiducia nei confronti degli Stati Uniti è più basso rispetto alla media nazionale (solo 2,3 su un massimo di 10 tra gli elettori di AfD). Spostando l’oggetto della fiducia dagli Stati Uniti alla NATO vale la pena sottolineare che mentre in Francia, Germania e Italia non si osservano differenze, tra gli elettori di estrema destra polacchi e ungheresi il grado di fiducia nei confronti della NATO supera quello verso Stati Uniti e verso l’UE, e si colloca sopra il valore di 5, sottolineando così un giudizio più positivo che negli altri paesi verso lo scudo difensivo rappresentato dall’alleanza atlantica.

Nonostante le posizioni amichevoli prese negli anni precedenti da diversi leader di estrema destra nei confronti del presidente russo Vladimir Putin e delle sue posizioni politiche, in generale in tutti i cinque paesi del campione gli elettori di questi partiti esprimono una fiducia decisamente bassa nei confronti della Russia. Sulla medesima scala da 0 a 10 già usata per gli USA, la fiducia nei confronti della Russia va da un valore massimo di 3,75 espresso dagli elettori di FIDESZ in Ungheria sino allo 0,62 per gli elettori di estrema destra polacca. Come per la fiducia negli Stati Uniti il dato degli elettori di destra radicale in Francia, Italia e Polonia riflette la media nazionale, mentre in Germania e Ungheria, pur attestandosi comunque su valori molto bassi, è superiore alla media degli elettori.

L’aggressione di Putin nei confronti dell’Ucraina sembra in effetti aver contribuito drasticamente a un calo di fiducia nei confronti della Russia.

Mentre gli elettori di destra radicale polacchi nel giugno 2019, un mese dopo le elezioni europee, esprimevano già un grado di fiducia verso la Russia piuttosto basso (2,78), gli elettori ungheresi e italiani esprimevano in media un valore superiore a 5 sulla scala da 0 a 10, mentre i loro corrispettivi in Francia e Germania si attestavano intorno al 4, superando in quest’ultimo paese il grado di fiducia negli USA. Gli elettori di Fratelli d’Italia (FdI) risultavano nel 2019 i più forti sostenitori della Russia di Putin (6,39) seguiti dagli elettori di FIDESZ (5,84) e da quelli della Lega (5,42).
È stato poi chiesto ai rispondenti di esprimere, sempre su una scala da 0 a 10, la propria soddisfazione circa l’operato del proprio governo in merito all’invio di armi in Ucraina e alle sanzioni economiche nei confronti della Russia. In Italia gli elettori di Lega e FdI esprimono, in linea con la media dell’intero elettorato, un debole grado di soddisfazione su entrambi i fronti attestandosi a un valore intorno al 5. In Francia e soprattutto in Germania gli elettori di destra radicale si dicono invece molto più insoddisfatti della media nazionale, in particolare riguardo alle sanzioni nei confronti della Russia. Infine, in Polonia e Ungheria gli elettori dei partiti di estrema destra al governo, FIDESZ e PiS, sono molto più soddisfatti rispetto alla media nazionale con valori tra il 7 e l’8. È interessante però notare come i governi polacco e ungheresi stiano fornendo risposte diametralmente opposte alla crisi; mentre il primo risulta essere in prima linea nell’invio di armi all’esercito ucraino e nel condannare l’operato della Russia, il secondo ha deciso di non inviare nessun tipo di aiuto militare all’Ucraina, nemmeno indirettamente, e minaccia costantemente di opporre il veto in seno al Consiglio dell’Unione Europea a sanzioni nei confronti della Russia che possano compromettere la stabilità economica dell’Ungheria. Queste differenze sono confermate anche dagli atteggiamenti degli elettori di destra radicale nei confronti dell’eventuale stop all’importazione di gas dalla Russia. Mentre il 63% degli elettori di PiS in Polonia ritiene che si debba interrompere immediatamente le importazioni di gas, il 46% dei sostenitori del partito di Viktor Orbàn ritiene che le forniture dovrebbero proseguire nonostante il conflitto in corso. È importante sottolineare come anche quasi il 42% di elettori di AfD in Germania, altro paese europeo fortemente dipendente dall’importazione di gas dalla Russia, sia contrario allo stop alle forniture.

Chiudiamo infine analizzando le opinioni nei confronti del ruolo dell’UE in questa crisi. In merito alla richiesta di adesione all’UE presentata dall’Ucraina si riscontra una forte polarizzazione tra gli elettori dei partiti di destra radicale. Mentre in Polonia tra i sostenitori di PiS quasi il 40% ritiene che l’UE debba adottare una procedura speciale e tempi ridotti per valutare l’ingresso dell’Ucraina nell’UE, in Italia la maggioranza degli elettori di Lega e FdI ritiene che si debba seguire la procedura ordinaria e valutare attentamente se l’Ucraina rispetti effettivamente i requisiti richiesti per l’ingresso nell’UE.

Infine, il 47% degli elettori del partito di Marine Le Pen in Francia, il 57% degli elettori di FIDESZ in Ungheria e il 72% degli elettori di AfD in Germania ritiene che l’Ucraina non debba essere ammessa nell’UE.

Si riscontra infine una tendenziale disponibilità alla creazione di un esercito dell’UE con valori superiori a 5, su una scala da 0 a 10, tra gli elettori di destra radicale in Polonia e Ungheria e valori superiori a 6 in Francia e Italia. Risultano invece molto più scettici gli elettori di AfD in Germania.



Da questa veloce ricognizione dell’elettorato di estrema destra in cinque paesi membri dell’UE possiamo trarre alcuni importanti spunti di riflessione. Primo, le opinioni dei sostenitori di questi partiti sul rapporto tra Occidente e Oriente sembrano apparire in molti casi più smussate rispetto alle posizioni tenute pubblicamente dai leader politici. Secondo, il conflitto in Ucraina ha modificato in maniera rilevante le posizioni degli elettori di destra radicale raffreddando i tradizionali rapporti di vicinanza con la Russia di Putin. Terzo, come era facile ipotizzare, in un momento di crisi, le posizioni dei sostenitori dei partiti di estrema destra riflettono in buona parte la difesa degli interessi nazionali. Tuttavia, fattori contestuali come la vicinanza geografica alla Russia, la passata eredità socialista e la dipendenza dal gas russo da soli non sono sufficienti a spiegare tutte le differenze riscontrate tra gli elettori di destra radicale in particolare all’interno del Gruppo di Visegrád, comunemente presentato come un blocco omogeneo di paesi egemonizzati dai partiti di destra radicale al governo. In conclusione vale la pena sottolineare che le opinioni degli elettori, essendo state registrate solo qualche settimane dopo un evento drammatico come l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, sono sicuramente influenzate da emozioni quali paura e incertezza verso il futuro. Bisognerà aspettare quindi l’evolversi del conflitto per capire come le posizioni degli elettori dei diversi partiti di destra radicale si sedimenteranno nel tempo.

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