Università del Piemonte Orientale

Terremoto politico o replay di quanto avvenuto 5 anni fa? Il risultato del primo turno delle elezioni presidenziali francesi sembra prestarsi a questa doppia interpretazione. Se guardiamo ai piazzamenti, non vi sono state particolari sorprese: Macron e Le Pen erano accreditati dai sondaggi come i più probabili sfidanti al ballottaggio e anche l’ottimo terzo posto di Mélenchon era pronosticabile, soprattutto alla luce della debolezza degli altri candidati di sinistra.

Una volta che, però, consideriamo le percentuali ottenute da tutti i candidati ci rendiamo conto che il 10 aprile ha scosso la scena politica francese. Non solo i due partiti che l’hanno dominata dal dopoguerra sono quasi spariti, ma si è formata una proposta ancora più di destra rispetto al Rassemblement National senza che questo abbia indebolito Marine Le Pen.

Visto che vi sono già molte analisi che hanno provato a spiegare i risultati e le loro conseguenze, questo contributo vuole focalizzarsi sul modo in cui i principali media italiani di destra (“Il Giornale”, “La Verità” e “Il Secolo d’Italia”) hanno discusso e presentato il risultato di Le Pen. Il mio obiettivo non sarà quello di valutare la correttezza di simili analisi, ma se sia riscontrabile una comune chiave di lettura e se questa possa avere delle ricadute sul modo in cui la destra italiana vuole organizzarsi in vista delle prossime elezioni politiche.

I volti del sovranismo

Pur nelle loro differenze tutti i giornali considerati convergono nel presentare il risultato di Le Pen come la conferma che la crisi del sovranismo fosse un’illusione costruita un po’ ad arte da chi non si riconosceva in questa visione del mondo. Quanto è successo in Francia mostra, secondo questa prospettiva, come il nuovo cleavage politico popolo/élite abbia soppiantato la tradizionale contrapposizione destra/sinistra. L’utilizzo di una chiave di lettura tipicamente populista non porta solo a identificare Macron come il rappresentante dell’élite e Le Pen/Mélenchon come sostenuti dal voto popolare, ma evidenzia anche come il fronte repubblicano, che ha sempre battuto i Le Pen nei precedenti ballottaggi, risulti indebolito e la partita di domenica prossima più aperta di quanto non si potesse immaginare.

Per quanto tutti convergano su questa chiave interpretativa, vi sono differenze rispetto a quale sia la cifra di questo momento sovranista:

  1. La svolta moderata di Le Pen e il populismo come nuovo mainstream. Questo elemento viene in particolare messo in luce da “Il Giornale” e ha delle ricadute sia sul modo in cui viene descritta la strategia politica di Le Pen che su come viene presentato Macron. Se quest’ultimo, infatti, è sempre il presidente dell’élite, si mette anche in evidenza come abbia preso decisioni che hanno generato caos e instabilità (gilet gialli e no vax) e che sono per questo problematiche. I valori da difendere sono quindi la pace sociale e la tutela degli interessi di chi ha visto la propria condizione economica peggiorare negli ultimi anni (i perdenti della globalizzazione). La svolta moderata di Le Pen, almeno secondo questa chiave di lettura, è ciò che le dà una chance di vittoria al secondo turno perché la mette nella condizione di provare a conquistare parte del voto che ha sostenuto Melenchon facendo leva sul fatto di rappresentare gli stessi interessi e di non venire percepita come una candidata di estrema destra.
  2. Una identity politics sovranista. Per quanto non sia questo il linguaggio adottato negli articoli, risulta abbastanza evidente come in particolare “La Verità” non dia tanto peso alla svolta moderata di Le Pen, ma metta in luce come la frattura populista implichi una netta contrapposizione tra blocchi sociali che si riconoscono in valori nettamente diversi. Questa chiave di lettura rafforza ancora di più l’idea che Macron sia il rappresentante dei pochi, ma sostiene che il successo di Le Pen dipenda dal fatto di proporre politiche che sono simboliche per chi si contrappone al presidente in carica (meno vincoli nella gestione della pandemia e rigore rispetto alla questione migratoria) e possono formare l’identità di questo blocco sociale.
  3. Il vero sovranismo è di (estrema) destra. Pur confermando l’idea che Macron sia il rappresentante dell’élite, questa prospettiva che viene soprattutto portata avanti dal “Secolo d’Italia” mette in luce come la svolta moderata di Le Pen risulti un limite. La crisi delle tradizionali proposte politiche non sarebbe dettata dal fatto che siamo all’interno di un contesto post-ideologico ma dipenderebbe dalla necessità di sviluppare proposte maggiormente radicali per risponderei ai problemi dei cittadini. Realizzare questo obiettivo richiede una cornice ideologica chiaramente di destra come quella che è stata portata avanti da Zemmour.

 

Il sovranismo italiano

Per quanto sia impossibile tradurre il dibattito relativo al risultato di Marine Le Pen nel contesto italiano, il modo in cui questo è stato analizzato dai media qui considerati ci permette di trarre alcune parziali conclusioni.

È chiaro, come giustamente sottolineato da Giorgia Serughetti, che un vento conservatore sta caratterizzando la politica contemporanea e che questo è declinato seconda una qualche versione del sovranismo populista. Tutto ciò implica uno slittamento verso destra del conservatorismo e una conseguente normalizzazione di posizioni che sarebbero state considerate come di estrema destra fino a una decina di anni fa.

Il successo di questa cornice è, almeno in parte, dovuto al fatto di riuscire a unire politiche fortemente identitarie e posizioni maggiormente legate alla tutela degli interessi di alcuni gruppi sociali. Questo efficace collage di posizioni, che ispirano politiche molto diverse tra loro, non potrà che caratterizzare anche l’agenda della destra italiana vista anche la pluralità di soggetti politici che la compongono.

Per quanto questi aspetti permettano di evidenziare una certa continuità tra il sovranismo d’oltralpe e quello italiano, vi sono due elementi che segnano la significativa diversità tra questi due contesti: la leadership sovranista è contesa e non vi è un chiaro nemico.

Se nel caso francese la leadership del campo sovranista è stata contesa solo per alcuni mesi da Zemmour, la contrapposizione tra Lega e Fratelli d’Italia sembra destinata a segnare la campagna elettorale e non è detto che porti a una qualche convergenza. Perché poi la logica populista possa funzionare deve essere identificato un chiaro rappresentante degli interessi dei pochi. Anche se è plausibile che la destra tenti di attribuire al PD questo ruolo, una simile mossa ha basi meno solide rispetto a quella messa in atto da Le Pen perché il PD non ha espresso l’attuale presidente del consiglio e quest’ultimo è sostenuto da gran parte dei partiti di destra.

Se quindi è indubbio che il vento sovranista stia soffiando anche in Italia e che il dibattito politico abbia subito un chiaro slittamento a destra, la logica populista non sembra riuscire a rendere conto del contesto politico italiano. Resta da capire se questa sia una nostra specificità o se metta in evidenza i limiti di una simile chiave di lettura.

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