Contemporaneamente. Trasformare il presente reinventando il passato
L’innovazione è il processo che consente di segnare uno scarto rispetto alle pratiche del passato, mantenendo la linea di continuità con ciò che dal passato ereditiamo. Non è la rottura, ma nemmeno la conservazione o il ripristino. In questo senso tradizione e innovazione coabitano. La tradizione non è il passato, ma è la metamorfosi nel passato di pratiche, credenze, opinioni in un equilibrio sempre instabile ed è ciò che conserviamo del passato, selezionando ovvero scartando. L’innovazione è lo stimolo ogni volta a rimettere in discussione quell’equilibrio precario, per ridefinirlo. Il presupposto, perché entrambe si parlino, è che non siano in guerra col tempo percepito come agente corruttore del passato, distruttore della tradizione.
Rilevare che l’innovazione “vive” di elementi che stanno nel passato, ma non è la continuazione del passato, significa riconoscere che le pratiche, le credenze, i contenuti di ciò che chiamiamo identità e a cui diamo il riconoscimento di tradizione, non sono immutabili nel tempo. Non si recupera il passato, o si rimane fedeli al passato congelandolo. Quando si riscopre qualcosa del passato, lo si rivalorizza, è perché a differenza del passato recente, l’attualità fa riemergere una parte del passato che torna utile nel tempo presente. In quel momento scatta la variabile “ideologia” che lo presenta come eterno. Ma eterno non è.
Si consideri il paesaggio, qualcosa che descriviamo come eterno, ma che è il prodotto storico più intriso di interventi che ci sia. Il paesaggio non è un dato, è un risultato. Per essere più precisi: il risultato più naturalmente artificiale di qualsiasi società umana. Non vale solo per il nostro rapporto con il passato, ma vale anche per ciò che nel presente facciamo pensando di predisporre un futuro, in forza di una operazione culturale e mentale che facciamo rispetto al passato. Tradizione implica possedere una storia, descrivere il processo che nel tempo stabilisce il consolidamento di una identità e avere consapevolezza, contemporaneamente, che essa non è un prodotto naturale, è un prodotto artificiale.
“Contemporaneamente” è la parola chiave. Perché il tempo, non è corruzione, ma trasformazione. Ovvero: ibridazione, contaminazione, metamorfosi. Il tempo è una variabile importante, e nel tempo ciò che chiamiamo tradizione significa conseguenza e azione di incontro, coabitazione, con culture e pratiche diverse. Il tempo modifica la nostra identità, la nostra visione del passato, il nostro essere, ma anche il nostro fare. Modifica ciò che valorizziamo di quel passato, ritrovandolo, più spesso forse scoprendolo per la prima volta. L’effetto è una reinvenzione del presente, coerente e conseguente con quel “nuovo passato”. Il tutto per dare una qualche forma “autentica”, “fondata sulla tradizione” a un futuro che si presume non sia diverso dal presente. Anzi ci si adopera perché non lo sia. Nel frattempo il tempo agisce. A nostro dispetto, e per nostra fortuna.
David Bidussa
Fondazione Giangiacomo Feltrinelli