Il testo di Giffinger e Hui Lü (The Smart City perspective. A necessary change from technical to urban innovation pubblicato per Utopie, collana digitale di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli) costituisce una buona opportunità per discutere in modo ampio il tema delle relazioni tra tecnologie e società nella prospettiva dell’impatto sullo sviluppo delle realtà urbane in generale e metropolitane in particolare. Il punto di partenza è la definizione di smart city: una città si può definire smart quando gli investimenti in capitale umano e sociale, nel trasporto e nelle infrastrutture per la comunicazione favoriscono lo sviluppo economico sostenibile e il miglioramento della qualità della vita, con una saggia gestione delle risorse naturali e mediante una governanace partecipativa.
In questo senso smart non si propone come alternativo o antagonista a slow, nonostante i due termini siano stati a lungo contrapposti. Nel testo, infatti, si discutono questioni relative a quanto le nuove tecnologie e gli stili di vita smart possano incontrare un’ideologia slow. Da una parte, la città slow, come diretta emanazione a scala territoriale della filosofia slow food. Dall’altra, il concetto di smart city che sottolinea tra l’altro la crescente importanza delle tecnologie dell’informazione nel miglioramento della qualità della vita delle persone che vivono in città.
L’iniziale antagonismo ha ormai ceduto il passo a una lettura della città contemporanea che la vede proiettata verso l’integrazione delle due dimensioni. La riflessione di Giffinger e Hui Lü ci aiuta a comprendere come questo possa accadere a partire da una lettura che lavora sul lato smart. Due sono le questioni fondamentali. La prima pone il problema di quale sia l’idea di smart city sulla quale concentrare maggiormente l’attenzione. La seconda riguarda le componenti principali della smart city.
Rudolf Giffinger e Hui Lü ritengono che le nuove tecnologie siano un aspetto fondamentale dello sviluppo urbano, ma evidenziano anche che il loro impatto dal punto di vista della sostenibilità urbana può essere molto limitato.
Tale limitatezza, essendo potenzialmente dannosa nel disegno e nella comprensione delle caratteristiche principali dei processi di sviluppo urbano, incoraggia gli autori a parlare di innovazione non solo in senso tecnologico, ma in un’ottica allargata che viene definita “urbana”.
Quale l’obiettivo di questo testo? Esplorare in ogni suo aspetto il concetto di smart city investigando i suoi ambiti di influenza sia nel mondo delle pratiche sia in quello teorico. Rudolf Giffinger e Hui Lü riportano tutte le più note definizioni di smart city. Di queste ultime evidenziano le principali caratteristiche, sottolineano le mancanze, richiamando l’attenzione sui rischi e i necessari cambiamenti. Nelle conclusioni, Giffinger e Hui Lü discutono della necessità, per una città che voglia essere realmente smart, di lavorare non solo con le nuove tecnologie, ma soprattutto su un concetto di innovazione più ampio che racchiuda in sé tutte le componenti della città e sia accompagnato da processi di apprendimento place based. La proposta, dunque, consiste in un percorso per le smart city che sia maggiormente “umanizzato”. Le città possono diventare smart allorquando integrano innovazione tecnologica e innovazione sociale e sono animate da processi di mutuo apprendimento. Ovvero quando aspirano a essere human smart city.
Davide Diamantini
Università degli Studi di Milano Bicocca
Nunzia Borrelli
Assegnista di ricerca presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca
Consigli di Lettura
Per approfondire i contenuti dell’articolo, leggi l’ebook The smart city perspective. A necessary change from technical to urban innovation di Rudolf Giffinger e Hui Lü.
L’ebook di Giffinger e Lü ruota intorno alla definizione di smart city, identificata come una città che sa investire sul capitale umano e sociale con la finalità di migliorare la qualità della vita dei suoi abitanti…
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