Ricercatrice Fondazione Feltrinelli

Scopri il programma del Festival Che Storia!


Luoghi, ovvero passeggiate nella storia, alla ricerca degli spazi simbolo delle culture e delle comunità milanesi, delle zone del conflitto e della contestazione urbana, dei laboratori di cultura e socialità dal basso, nei tracciati imprevisti di storie non raccontate, spesso taciute.

Così, nelle cinque diverse passeggiate di storia che proporremo, due sono intorno a temi «scottanti»: proporremo una passeggiata sui luoghi della Repubblica Sociale, ovvero dell’ultimo fascismo a Milano; e una nei luoghi delle emigrazioni dalle colonie e/o dalle ex-colonie italiane, non solo per raccontare il loro percorso di emancipazione «in salita», ma anche per prendere la misura della ritrosia a farsi carico del nostro colonialismo, che spesso ci siamo raccontati come il frutto di «italiani brava gente».


Obiettivo delle passeggiate è anche quello di condurre i partecipanti là dove esplosero i conflitti e le contestazioni urbane, dove presero piede esperimenti di socialità dal basso, dove comunità diverse provarono a costruire culture e contro-culture.


Fonti. Laboratori aperti per pubblici diversi: giovani e meno giovani, famiglie e “curiosi della storia”. Le visite alle mostre e nell’archivio della Fondazione Feltrinelli, eccezionalmente aperto al pubblico, per un viaggio nel patrimonio e nella storia del ‘900, ma anche per prendere confidenza con le parole, gli oggetti che hanno veicolato emozioni e mosso persone.

Due i momenti per i più piccoli che saranno esperienze di ascolto e di emozione. Io sono Adila è un racconto che propone una storia reale, attuale, fortemente connesso al tema della rimozione delle barriere materiali verso l’uguaglianza.

Tutto cambia, è un racconto sul cambiamento e l’osservare il mondo e la vita quotidiana attraverso nuove prospettive.

Persone. Storie di vita che proporremo attraverso un racconto, dove l’esposizione orale è arricchita da media e linguaggi differenti. Una lezione di storia “aumentata” che sappia non solo raccontare, ma anche stupire e intrattenere. Video, audio, ritagli, immagini, fonti documentali si mescolano alle parole dei narratori, dando vita a una forma-racconto coinvolgente.

Lo scopo è affrontare tematiche ad ampio raggio, muovendo da un personaggio – e da un tema, o un evento – che consentono di ricostruire la macro-realtà di un quadro storico complessivo.


Quest’anno le persone raccontate saranno due: Jean Paul Sartre (1905-1980) e Maria Grazia Cutuli (1962-2001).


Denunciare il potere è l’idea che ci farà da timone per riflettere su Sartre. Un impegno che mette le persone sempre di fronte a bivi: come raccontare la verità? Con quali parole? Rinunciando a che cosa? Facendo compromessi intorno a che cosa?

Fare inchiesta è invece la parola chiave con cui ricostruiremo la storia di Maria Grazia Cutuli, giornalista de “Il Corriere della Sera”, uccisa dai talebani in Afghanistan nel novembre 2001. Perché cercare la verità, soprattutto in un quadro di guerra, significa raccontare interessi, violenza – spesso gratuita –, affari, mercato nero. Raccontare la guerra non è più trasmettere l’epos del guerriero, bensì significa scrivere e costruire una controinchiesta, chiedere che i responsabili rispondano a un’opinione pubblica ora informata. Anche per questo Maria Grazia Cutuli ha pagato con la vita.

Ma ci chiederemo anche: che cosa rimane della storia, dopo?


Donald Sassoon ci proporrà uno scavo nel cantiere del calendario civile dell’Europa (quando le date diventano giornate festive? Chi le propone? Perché? Quali date non entrano mai? La sua sarà la lezione inaugurale delle nostre giornate, sabato 4 novembre pomeriggio alle 18.30.


Ma ci chiederemo anche: ci sono storie che non si raccontano o che ci raccontiamo solo con molte difficoltà? Per esempio, quando parliamo di libertà per Patrick Zaki, di quale paese reale parliamo? Quanto sappiamo dell’Egitto, della violenza, della inesistenza della libertà, dell’esilio? Sappiamo poco e quel poco lo sappiamo male.

Proponiamo di saperne di più con Fuga dall’Egitto, un testo teatrale che racconta quei giornalisti, sindacalisti, artisti, medici, poeti, politici e attivisti per i diritti umani che minacciati di repressione e tortura in Egitto, a causa delle loro idee, sono stati costretti a scegliere la via precaria e dolorosa dell’esilio, dopo il ritorno dei militari al potere.


La nostra proposta di storia sarà soprattutto molti modi per vivere storie di donne e uomini. Tutti noi abbiamo incontrato il racconto della storia nei manuali scolastici. Ce ne è rimasta, spesso, un’immagine arida, fatta di vincitori e sconfitti, di storia-battaglia.


La storia ci invade tutti i giorni, esce dalle notizie che ascoltiamo e ci chiede di farci una ragione di ciò che vediamo, di dare un ordine al nostro presente. Accade sempre più spesso e noi ogni volta scopriamo che il presente ci butta indietro nel tempo per trovare il tempo generativo del nostro presente, quando hanno iniziato a modificarsi i dati, i linguaggi, le immagini, i gusti, le preferenze che lentamente hanno dato forma a chi siamo noi oggi.

Ciascuno di noi, con la propria storia famigliare, abbiamo sperimentato che le versioni di fatti che ci sembrava di conoscere in dettaglio andavano ripensate. Una condizione a cui raramente siamo arrivati in autonomia. Più spesso quella riapertura di una finestra nel passato era dettata da cose che altri ci raccontavano, da altri punti di vista diversi dal nostro che di quello stesso episodio esprimevano, a loro volta, un punto di vista, un’emozione e conservavano una memoria diversa se non opposta. Improvvisamente quel punto d vista diverso dal nostro ci apriva nuovi mondi, ci riportava al bivio delle scelte, ci obbligava a riconsiderare le molte possibilità che a quei bivi si erano presentate e che non coincidevano con l’ordine della storia che ci raccontavamo. In breve, si trattava di aprire i conti con la storia che abbiamo ereditato dai nostri genitori o dai gruppi politici, culturali, sociali.


La storia, dunque, non è un racconto per sempre, immutabile. Quando ci capita di renderci conto che dobbiamo congedarci dalla versione precedente, spesso è per abbandonare una condizione di confort ed entrare in una zona di disagio.


È naturale che abbiamo molte resistenze. Possiamo farlo con rabbia, con noia, con fastidio, ma anche con la voglia di saperne di più, con l’intenzione di scoprire che cosa ci circonda che spesso abbiamo guardato senza curiosità e ora ci racconta storie di vita di altre e di altri.

“Che storia!” nasce da questa condizione un cui prevale la curiosità più che il rimpianto. Per questo abbiamo pensato che non basta raccontare le storie o che qualcuno ci venga a raccontare una nuova versione.

Vogliamo saperne di più, ci siamo detti e abbiamo provato a raccogliere questo bisogno e a dargli gambe per camminare proponendo momenti e format diversi che hanno il fine di non darci una storia verticale coerente, omogenea ma di trasmetterci le inquietudini, le perplessità, le scelte problematiche, i conflitti.

Il racconto di storia è emozione, crescita insieme, preoccupazione di costruire un linguaggio comune, almeno una base minima condivisa.

Diventare cittadini non è un dato burocratico ma è un percorso in cui una delle prime cose da fare è prendersi cura non solo di sé ma anche degli uomini e delle donne con cui ci è capitato, e ci capita, tutti i giorni e ogni giorno di sperimentare insieme cose, di vivere emozioni, di litigare, di condividere progetti di futuro. Di un futuro che non sia solo la ripetizione di un eterno presente.

Per tutti, per tutte e per tutte le età.


Il festival Che Storia! è realizzato in partnership con Gruppo Unipol,in collaborazione con Comune di Milano e Fondazione Cariplo.Media partner Rai Radio 3 e Radio Popolare.
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