Uno degli slogan più importanti del Sindaco Giuseppe Sala è racchiuso nelle parole «sviluppo urbanistico e tutela ambientale» (Repubblica), due caratteri fondanti dell’Amministrazione uscente, anche in relazione alla narrazione del cosiddetto “Modello Milano” (TPI). Nonostante gli effetti della pandemia siano ancora “sospesi”, è possibile infatti affermare che il Covid-19 abbia rallentato i processi di valorizzazione delle aree di riqualificazione e trasformazione senza tuttavia arrestarli (Corriere della Sera). Parallelamente, in merito alla questione della sostenibilità urbana cara alla Giunta, molteplici sono state le iniziative intraprese, dalle nuove piste ciclabili (Repubblica) al rafforzamento della sharing mobility e del sistema dei parchi.
È indubbio che l’operato dell’Amministrazione correlato alla proiezione internazionale di Milano abbia avvantaggiato la ripresa e la tenuta degli investimenti, i quali sono stati consolidati dalla city-diplomacy milanese nel network C-40 (C40ReinventingCities) e dal ruolo della metropoli ambrosiana nei Giochi Olimpici Invernali 2026, tuttavia è altresì innegabile che il tasso delle disuguaglianze interne sia cresciuto, anche solo guardando al reddito pro-capite dei suoi cittadini che passa da 17.903 euro nel quartiere Quarto Oggiaro-Roserio a 88.561 euro nel distretto Brera-Castello (Corriere della Sera). I processi di urbanizzazione hanno prodotto ricchezza diffusa per Milano ma, nonostante vi sia stato l’intento di potenziare i servizi territoriali alla persona attraverso la Strategia di Adattamento «Milano 2020» (Comune di Milano) non saranno le sole politiche urbane della “città a 15 minuti” teorizzata da Carlos Moreno (Repubblica) a salvaguardare la mixité sociale e urbana che ha determinato il successo di Milano.
Per ambire veramente allo status di global city al quale Milano punta è necessario mantenere alta l’attrattività del “sogno ambrosiano”, tutelando in particolare chi è escluso dai processi decisionali di governance. Non solo i ricercatori e gli innovatori delle diverse eccellenze cittadine fanno ormai fatica a vivere a Milano, persino per i dipendenti pubblici è sempre più complicato abitare intorno alla circonvallazione. A fronte di una domanda di prestazioni lavorative da svolgere con standard europei, dati dal ruolo internazionale citato poc’anzi, i salari continuano ad essere basati su parametri assolutamente nazionali.
Milano si colloca dunque al centro di un grande conflitto sociale composto da enormi ricchezze e povertà che si trovano a condividere la stessa dimensione urbana, una questione che si scioglierà solo attraverso ulteriori processi di sussidiarietà e decentramento collocati in un quadro di nuove competenze per la Città Metropolitana.
Analizzando per esempio il tema della fiscalità, Milano riesce a rimanere attrattiva nonostante l’assenza di zone economiche speciali entro i propri confini, al contrario di città globali come Singapore o Dubai. Tuttavia, in mancanza di una propria potestà legislativa, non è in grado di mettere in atto politiche per il lavoro o per una tassazione territorializzata che le consentirebbero di appianare autonomamente i divari interni, innestando processi virtuosi di riequilibrio e redistribuzione. In questo senso, appare singolare come una capitale finanziaria, sede della Borsa Italiana, non detenga poteri amministrativi speciali (Huffington Post) nonostante nel Capoluogo lombardo, appena prima della pandemia, si concentrava il 40% degli investimenti immobiliari a scala nazionale (Forbes). I processi di finanziarizzazione urbana sono infatti centrali nella determinazione degli asset azionari, lo dimostrano la quotazione in borsa di società di sviluppo e fondi immobiliari internazionali o i dati relativi all’impatto glocale del settore immobiliare il quale, dalla crisi dei mutui sub-prime a oggi, ha avuto un’estensione incrementale dovuta sia alla crescita fino al 60% degli investimenti nell’economia mondiale (Savills) sia alla logica di geopolitica del multiplo che descrive un continuo mutamento di attori, scopi e materialità eterogenee tali da condizionare la produzione e la circolazione del capitale immobiliare (ISPI).
Le disuguaglianze generate dalle storture della globalizzazione che oggi caratterizzano Milano sono comuni a quelle di Barcellona e Berlino, due città al centro del progetto “Ok Europe” curato da Fondazione Feltrinelli nelle quali tuttavia le leve decisionali dei sindaci sono molto più ampie e dove si stanno compiendo scelte strutturali per la salvaguardia del “diritto alla città” (Treccani). A Berlino il 26 settembre si è votato un importante referendum sull’espropriazione di circa 240 mila appartamenti di grandi società immobiliari da rimettere sul mercato a prezzi calmierati in risposta a dinamiche incontrollate di gentrificazione che hanno reso sempre più complicato rispondere alla domanda abitativa dei berlinesi (EuroNews). A Barcellona la Sindaca Ada Colau ha imposto ai costruttori che il 30% dei nuovi appartamenti venga venduto a costi accessibili per agevolarne l’acquisto da parte delle fasce di cittadinanza più deboli, inoltre la legge del rent cap (CatalanNews) approvata lo scorso anno dal Parlamento della Catalogna ha definito affitti a prezzi calmierati in 60 Municipalità della regione autonoma con “mercati immobiliari tesi”, inclusa la Capitale ovviamente. A Milano, il costo medio d’affitto si è innalzato in modo esponenziale negli ultimi anni (Fanpage), innestando fenomeni di espulsione delle famiglie milanesi verso la prima e la seconda fascia di comuni dell’hinterland. Contemporaneamente, a livello italiano l’accessibilità alla residenza libera e convenzionata è ancora fortemente limitata da regole stringenti di erogazione dei mutui da parte delle banche, solo il 29% sui nuovi acquisti (Gregory Fuller) al contrario dei paesi scandinavi dove i mutui superano il 60%. Infine, nonostante vi sia l’intento di destinare una parte del comparto residenziale delle nuove trasformazioni urbane milanesi per l’housing sociale e l’edilizia convenzionata, l’iniziativa pubblica municipale e regionale si è impegnata soprattutto nella gestione del patrimonio ALER/MM attuale mentre sarebbe necessario mettere in campo nuove politiche strutturali per la casa attraverso l’ausilio del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Un’ulteriore criticità sul piano amministrativo di Milano riguarda invece la questione del decentramento delle competenze ai 9 Municipi, i quali, nonostante rappresentino un importante presidio territoriale in termini di servizi al cittadino, sono svuotati di risorse economiche e poteri decisionali autonomi. Sebbene il dibattito elettorale sta coinvolgendo la questione dell’identità dei Municipi e il loro rapporto con il Comune, si può osservare un disallineamento demografico e politico tra le entità decentrate e i comuni della prima fascia dell’hinterland che potrebbe essere sanato da una revisione costituzionale in grado di conferire potestà legislativa alle Città Metropolitane, soprattutto in uno scenario nel quale la fase di ricostruzione post-pandemica sta innestando fenomeni di regionalizzazione globale (CentroStudiPIM).
Infine, se le città continueranno ad attrarre conoscenze e competenze e se il processo di internazionalizzazione di Milano è destinato a proseguire, allora il futuro del Capoluogo lombardo sarà soprattutto determinato dalla propria capacità di assumere scelte strutturali (GliStatiGenerali), poiché la pandemia lascerà effetti duraturi e la stessa narrazione del “Modello Milano” andrà reinventata (Repubblica). In particolare, per tenere viva la partecipazione e la cittadinanza attiva milanese è necessario che la prossima Amministrazione rafforzi il carattere popolare di Milano, garantendo una maggiore mixité sociale, nuovi spazi per la socialità, l’emancipazione delle esperienze di mutualismo dal basso e intervenendo tempestivamente sul costo degli affitti e degli immobili che dovranno avere una reale proporzionalità rispetto ai salari.