Pubblichiamo qui di seguito un estratto dal volume di Jacopo Lareno Faccini e Alice Ranzini, L’ultima Milano. Cronache ai margini di una città, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Milano 2021.
Speriamo che presto altri sappiano con strumenti più perfetti,
dare più avanzati contributi, da Milano a Palermo, a Palma di Montechiaro:
sapere non è condizione sufficiente affinché le cose cambino – e bene -, ma certamente indispensabile.
Dalla lettera di Danilo Dolci a Franco Alasia e Danilo Montaldi per la prefazione del libro-inchiesta Milano, Corea.
Siamo andatз alla ricerca di una città in movimento, dove fosse (ancora) possibile coltivare delle aspirazioni di cambiamento, dove le tensioni tra poteri e immaginari fossero vive e generative. Questo nostro cammino ci ha portatз ad attraversare luoghi ai margini delle rappresentazioni pacificate della città, in cui il fallimento delle politiche è percepibile e dove la razionalità del progetto urbanistico va in crisi. Sono territori che abbiamo più volte chiamato periferie – al plurale – in quanto distanti, più metaforicamente che spazialmente, dalle forme di governo e dai luoghi della decisionalità. Non per questo però sono territori bui, senza risorse e capacità: sono spazi del progetto e della creatività, in cui sono cresciute reti di solidarietà, percorsi di rigenerazione territoriale partecipati, spinte all’innovazione per il welfare e l’urbanistica locale. Abbiamo sempre guardato a questi luoghi come risorse cruciali per la città, cercando però di non avvalorare rappresentazioni semplificate di comunità coese e autonome. Pensiamo piuttosto che siano un patrimonio di domande in parte ancora inevase per la politica e per le politiche cittadine.
Mentre ascoltavamo quella città, negli ultimi dieci anni Milano accelerava, delineando un nuovo immaginario di città internazionale, dinamica, giovane e competitiva. Un luogo che è diventato desiderato e desiderabile per molti. Ogni volta che è stata rappresentata come il “migliore dei mondi possibili”, qualcosa in quel racconto si è però perso, è stato rimosso. Dai margini che abbiamo frequentato è difficile ignorare i trattamenti differenziali e i processi di esclusione, in alcuni casi di espulsione. In questo gioco di prospettive ci è sembrato che i discorsi, così come alcune scelte di politiche, perdessero di profondità di campo, rafforzando un racconto della città “a senso unico”, dal centro ai margini e raramente in direzione opposta. Le pagine di questo libro nascono così anche da un’insoddisfazione verso la mancata rappresentazione di alcuni processi nell’immaginario e nella narrazione di Milano. Da qui la ragione di un libro che prova a confrontarsi con i “rimossi” dal discorso pubblico, con l’ambizione di indicare una diversa pista di lavoro per le politiche.
(…) Questo libro non vuole dunque essere una denuncia, ma l’innesco di un confronto sul presente e sul futuro della città, che possa fare spazio alle tante voci e prospettive che la abitano. Su questo Milano ha ancora molta strada da fare per riconoscere come generative le espressioni di conflitto e dissenso che emergono nell’urbano plurale contemporaneo. Ascoltare le voci, osservare senza pregiudizio le differenti pratiche è, secondo noi, l’esercizio del prossimo futuro per una città più inclusiva. Per farlo, abbiamo abbracciato il concetto di margine e non quello, a noi più familiare, di “periferia”. Senza dubbio nel nostro peregrinare ci siamo allontanati dal centro geografico della città; e certamente siamo stati ben distanti dai luoghi che sono oggi rappresentativi dell’immaginario di cambiamento urbano che ha guidato lo sviluppo di Milano. Anche se molte delle periferie sono dunque certamente anche dei margini, periferia è un concetto più complesso e territorialmente più esteso. Quelli che abbiamo definito “margini urbani” sono invece soglie più circoscritte e puntuali che, secondo noi, rappresentano un momento nella città – cioè uno spazio, ma anche un tempo – di intersezione particolarmente interessante tra dinamiche inclusive ed espulsive.