San Paolo e Vienna sono le città scelte dalla Fondazione Feltrinelli e dal Dipartimento DAStU del Politecnico di Milano per discutere, all’interno del ciclo di incontri “Visible Cities”, del diritto alla casa; un tema che è, oggi, al centro di molte riflessioni da parte di architetti, urbanisti e sociologi anche in seguito agli effetti della recente pandemia sugli spazi dell’abitare[1]. Le posizioni, i progetti e le azioni descritte da Tereza Herling[2], per San Paolo e Christian Schantl[3], per Vienna, raccontano di analogie e differenze nel rispondere al tema dell’emergenza abitativa nelle due città e ci consentono di trovare riferimenti e suggestioni utili per il futuro di Milano. San Paolo e Vienna sono storie interessanti proprio perché mostrano elementi di opposizione e qualche similitudine nell’affrontare il problema della casa. Entrambe le città mostrano una grande attenzione sia al recupero e all’adattamento di edifici vuoti in nuovi alloggi convenzionati, sia alla qualità degli spazi per garantire buone condizioni abitative. Mentre a San Paolo mancano iniziative politiche e sociali forti in grado di aiutare le persone che non hanno un alloggio e di supportare chi un alloggio ce l’ha, contenendo gli sfratti, Vienna rappresenta, invece, un esempio virtuoso perché ha saputo, negli anni, investire sull’abitare convenzionato attraverso nuovi progetti e sviluppando soprattutto nuove politiche a sostegno della popolazione.
A Vienna, la maggior parte della popolazione vive in affitto, come dice Schantl nel suo intervento, una condizione molto comune che permette anche alla classe media di accedere all’abitare convenzionato. Ogni anno, la municipalità e il Wiener Wohnen[4] promuovono la costruzione di nuovi alloggi sovvenzionati e, dunque, lavorano perfezionando sia i processi, sia gli strumenti progettuali, ad esempio i concorsi di architettura[5], che consentono di costruire rapidamente nuovi alloggi e di garantire una buona qualità architettonica e urbana. Il modello viennese è un esempio significativo perché ha saputo costruire una metodologia di intervento rispetto al tema del diritto alla casa, dove politiche sociali, come i programmi a sostegno della riduzione degli sfratti, si integrano con progetti di architettura che disegnano alloggi convenzionati di qualità, in quartieri accessibili e ben collegati alle principali reti di infrastrutture.
Il racconto sulla situazione abitativa di San Paolo descrive, invece, diverse vulnerabilità legate alla mancanza di infrastrutture essenziali per l’approvvigionamento idrico, alla carenza di servizi sanitari e all’assenza di normative per contenere l’aumento degli affitti. Le già precarie condizioni abitative si sono drasticamente aggravate durante la pandemia da Covid-19 che ha colpito più duramente gli abitanti delle favelas, chi occupava abusivamente edifici abbandonati e chi viveva in strada. A San Paolo, la risposta al bisogno di un’abitazione duratura e confortevole è un’emergenza sempre più forte, che viene affrontata con azioni e progetti diversi ma che, come denuncia Tereza Herling, richiederebbe un impegno politico più efficace.
Movimenti sociali, iniziative politiche dal basso, hanno organizzato occupazioni in diversi edifici della città per denunciare il diritto ad avere un alloggio dignitoso, con adeguate condizioni abitative e igienico-sanitarie, e per accedere ai finanziamenti pubblici necessari per attuare progetti di recupero e adattamento di edifici sottoutilizzati. Come sottolinea Herling, San Paolo dovrebbe investire molto di più nella trasformazione e nell’adattamento di edifici vuoti e abbandonati in alloggi convenzionati, sviluppando progetti attenti sia alla qualità abitativa della casa, sia alla qualità architettonica e urbana. Progetti che potrebbero aiutare a dare una risposta immediata all’emergenza abitativa, che potrebbero garantire condizioni di vita in spazi ben progettati, e che richiedono interventi mirati di adattamento sia dell’involucro esterno, sia nella riconfigurazione degli alloggi.
Il diritto alla casa è, a Vienna e a San Paolo, fortemente intrecciato al diritto di accedere ad alloggi a prezzi accessibili, sovvenzionati e di qualità.
Le storie di Vienna e San Paolo, così diverse tra loro, mostrano un affresco parziale e incompleto sul tema del diritto alla casa, che però permette di individuare alcuni spunti e possibili suggerimenti per il futuro di Milano. Penso che sia molto utile aprire una riflessione rispetto all’urgenza e all’attualità della questione abitativa in Italia, soprattutto a seguito della crisi economica che la pandemia ha innescato, una crisi che riguarda non solo l’economia ma, in parte, anche il modo di vivere e abitare le nostre città.
Attraverso questo breve contributo, proverò a delineare tre punti per lavorare, oggi, sul tema del diritto all’abitare a Milano, partendo da quanto discusso da Tereza Herling e Christian Schantl, e mettendo al centro della riflessione il ruolo del progetto di architettura quale principale strumento di intervento.
Il primo punto riguarda la possibilità di intervenire sul patrimonio esistente in stato di abbandono, o sottoutilizzo, che può essere adattato per realizzare nuovi alloggi convenzionati. Un ruolo determinante, in questo processo, può essere giocato dagli architetti e dalle loro capacità di innovazione; il caso di San Paolo, infatti, racconta di come edifici occupati siano stati trasformati in alloggi grazie alle competenze messe in campo dagli architetti coinvolti in queste operazioni. Attraverso l’adattamento degli spazi interni o l’inserimento di nuove volumetrie, edifici oggi senza una funzione potrebbero aiutare Milano a rispondere all’emergenza abitativa. Rafforzare il ruolo dei concorsi di architettura è un’azione altrettanto significativa nel promuovere la costruzione di alloggi convenzionati; il concorso è uno strumento che, se ben costruito e gestito in tutte le sue fasi, può garantire la scelta e lo sviluppo di progetti di qualità in tempi rapidi e con costi contenuti.
Il secondo punto riguarda l’aggiornamento delle politiche economiche e urbane a sostegno dei cittadini che chiedono un alloggio. Serve immaginare nuove alleanze tra Comune, architetti e urbanisti, cittadini e governo che possano aiutare la popolazione nell’accedere ad alloggi convenzionati e nel creare forme comunitarie di sostegno, favorendo nuove forme di accesso al credito con possibili enti finanziatori pubblici e privati.
Il terzo punto riguarda l’aspetto sociale e le tensioni che spesso nascono intorno al tema del diritto alla casa dove persone in difficoltà lamentano mancanze di cura e di attenzione da parte della municipalità e dello Stato e reclamano, come forma di dignità, il diritto alla casa e a decenti condizioni abitative. Milano deve lavorare sulle prospettive di vita dei suoi cittadini, comprendendo i rinnovati bisogni legati a nuovi modi di vivere e abitare e supportando la condivisione di spazi a favore della riduzione della dimensione degli alloggi operando, inoltre, sulla riduzione dei tempi per ottenere l’uso di un alloggio convenzionato. La risposta progettuale, dove il ruolo degli architetti è determinante, deve orientarsi a fornire soluzioni rapide, a costi contenuti, per aumentare la disponibilità di alloggi convenzionati di buona qualità. Per questi aspetti, i progetti e le politiche della città di Vienna appaiono di grande interesse e, per molti versi, un esempio da cogliere per Milano. In particolare, un fronte fondamentale riguarda gli strumenti progettuali che supportano la crescita e lo sviluppo di architetture destinate all’edilizia sociale. A Vienna, la costruzione di alloggi convenzionati, che avviene prevalentemente grazie a concorsi di progettazione, è un modo per rispondere sia alla forte domanda abitativa sia, soprattutto, alla necessità di dare forma a progetti di qualità: architetture per l’abitare convenzionato costruite con grande attenzione alla varietà tipologica dei singoli alloggi, alle finiture e ai dettagli costruttivi. L’esempio di Vienna insegna come, attraverso progetti di qualità e politiche a sostegno del social housing, sia possibile ridurre il numero di persone senza casa, migliorandone le condizioni abitative.
Oggi Milano può guardare al modello viennese e alle sue strategie. Lo può fare controllando, con rigore, i processi e le fasi di sviluppo dell’edilizia sociale, a partire dalle scelte di localizzazione fino ai dettagli progettuali, implementando i concorsi di progettazione e supportando architetture per l’abitare capaci di superare i modelli tradizionali, più flessibili, nella definizione delle tipologie abitative, e capaci di guardare con attenzione alla sostenibilità ambientale e tecnologica.
[1] Le riflessioni, raccolte in questo saggio, sul diritto e l’accesso alla casa a San Paolo e Vienna e sulle prospettive future per la città di Milano partono dal dialogo tra Tereza Herling e Christian Schantl del 12 maggio 2021 promosso nel ciclo “Visible Cities” dalla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e dal dipartimento DAStU del Politecnico di Milano.
[2] Tereza Herling è architetto, urbanista e attivista che lavora nella città di San Paolo.
[3] Christian Schantl è Responsabile delle Relazioni Internazionali del Wiener Wohnen, il dipartimento per le case popolari, a Vienna.
[4] Wiener Wohnen è il dipartimento che gestisce gli alloggi convenzionati a Vienna.
[5] Dal 1995, Vienna sviluppa concorsi (developer competition) dove le cooperative devono presentare progetti dettagliati (dalla definizione del progetto architettonico alla gestione del processo di costruzione) per accedere a finanziamenti pubblici.
Foto di Caio Pezzo su Unsplash.