Maschio o femmina? Domanda eternamente ripetuta a colei che è in dolce attesa. Cercando di evolvere dal sistema binario che caratterizza il nostro mondo dai tempi dello yin e dello yang, la madre in fieri balbetta una sottospecie di risposta, come a significare che lei e il compagno non sono interessati a saperlo prima del parto.

Perché balbetta? Perché dai tempi dello yin e dello yang il mondo è diviso. Bianco da una parte, nero dall’altra. Sole da una parte, luna dall’altra. Maschi da una parte, femmine dall’altra e così via… Affermare di non essere interessati al sesso del nascituro, è come dire di non essere interessati alla divisione impostaci dalla notte dei tempi.Epperò mica si può affermare una roba del genere a cuor leggero. Esistono le conseguenze. Specie quando le parole generano azioni senza pensiero, il che purtroppo si verifica di continuo.

L’abbiamo vista tutti la luna di giorno. Sappiamo che un puntino nero si ritrova nello spazio bianco e che il nero e il bianco sono parte del tutto. Veniamo al mondo grazie all’unione di un maschio e di una femmina quindi siamo maschio e femmina insieme. Tuttavia continuiamo ad abbassare la testa di fronte a questa sorta di dogma della divisione, grazie al quale ci differenziamo in madame o monsieur perfino alla toilette.

Esistono le rivoluzionarie del bagno pubblico! Sono donne di mezza età con le scarpe da montagna in uno stop all’autogrill, entrano nel bagno degli uomini senza bussare, incuranti di potersi trovare di fronte a uno con il golden fish in mano. Oppure studentesse a cui scappa forte la pipì, ridono tra loro, sbirciano dall’altra parte incoraggiandosi reciprocamente, e via verso la libertà.  In ogni caso sempre madame, mai monsieur a chiedere asilo politico all’altra metà del cielo.  Come mai?

Nel mio peregrinar lungo la via del teatro, incontro il pubblico dopo lo spettacolo o durante i laboratori. Indago da qualche secolo su identità di genere e sessualità, ma quando chiedo la differenza tra maschio e femmina, il 99,9% degli interpellati pensa immediatamente a quell’unica differenza su cui fondiamo la nostra sempiterna divisione dell’universo: i cosiddetti organi genitali. Quando poi chiedo la differenza tra uomo e donna, tutto tace.

Chi fa teatro sa bene che l’inconscio si vede, e anche il non detto.

Ebbene, pur essendo cambiata la domanda, quasi tutti, d’istinto, pensano di poter dare la stessa risposta: i cosiddetti

Molti di noi infatti, utilizzano la parola maschio come fosse sinonimo di uomo e la parola femmina come fosse sinonimo di donna. Diamo così tanto per scontata la differenza di genere che non ci interroghiamo nemmeno sulle parole a fondamento del tempio che ci separa da sempre. Tant’è che dobbiamo superare quel silenzio comune perché una timida voce si levi dal fondo e dica –  Maschio e femmina riguardano la biologia, uomo e donna la cultura. – Io faccio sì con la testa e rispondo entusiasta – Bene! –  ma in cuor mio so che non è così semplice e che anche questa volta non ce la caveremo con una definizione.

Il corpo è importante, e probabilmente è vero che anche le parole lo sono, altrimenti in principio non sarebbe stato il verbo ma qualcos’altro, no?

Prendiamo questo piccolo pezzo scritto. Ha avuto inizio con una domanda: Maschio o femmina? La prima parola scritta è Maschio a cui inevitabilmente segue femmina.  Maschio in questo caso gode pure della lettera M maiuscola, che alimenta potere. Per il nostro cervello la M maiuscola occupa più spazio della m minuscola, quindi è più forte. Magari fa ridere perché sembra troppo ingenuo, ma noi siamo ingenui. Tutti. Ignoriamo il mistero che circonda ogni parola. Non sappiamo neppure a che altezza si trovi il nostro fegato e se il cuore stia a sinistra come dicono o al centro come di fatto è.

Avrei senz’altro potuto scrivere: Femmina o maschio? Sarebbe stato tutto diverso. Ma sarebbe sembrato anomalo rispetto al parlato comune. Non dimentichiamoci delle conseguenze, anche quelle inerenti alla collocazione delle parole all’interno di una frase. Avreste tutti pensato sotto sotto, che a mettere la Femmina per prima, per giunta con la F maiuscola non potevo che essere trans-femminista. Scrivo avreste tutti pensato e non avreste tutte pensato, perché la lingua italiana lo impone. Come se il femminile dovesse sempre starsene in disparte, in uno spazio meno evidente.

Così come per le parole anche per i nostri corpi lo spazio concesso è significativo. Lo sappiamo bene noi reduci da lockdown pandemici, quando immersi nell’universo online ce ne stavamo sepolti vivi nei nostri mausolei domestici. Ma al di là di qualsiasi virus, c’è sempre qualcuno che può stare qui e qualcun altro che deve stare lì. Qualcuno che può farsi aprire una porta semplicemente bussando e qualcun altro che non riesce a trovare il passe-partout. Qualcuno convinto di avere un potere perché considera la parola fallo sinonimo della parola pene e qualcun altro, che deve costantemente ricordarci che fallica è la forma dello scettro e lo può impugnare pure un’imperatrice. Altrimenti Dio prima di diventare tale non sarebbe stato una Grande Madre.

Le parole non esistono senza lettere, senza uno spazio in cui mettersi in relazione, creando un pensiero. Pure noi, per dirci vivi, abbiamo bisogno del nostro alfabeto, e non è fatto solo da organi genitali, ma anche da mani, occhi, labbra, fegato, cuore, papille gustative, neuroni sensoriali, gesti da compiere mettendoci in relazione, nuovi spazi da occupare, insieme, per dar vita ad un pensiero…

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