Il potere dei capitali erratici transnazionali e la loro corsa in fuga da regimi fiscali ritenuti sfavorevoli, da un lato. La forza contrattuale di gruppi multinazionali nel settore farmaceutico di fronte a poteri deboli come quello della Commissione europea, dall’altro. Questi due temi sembrano tra loro apparentemente poco legati, ma segnalano due importanti questioni della gestione economica del sistema contemporaneo. Ovvero le problematiche che, al mutare dei contesti, coinvolgono Stati diversi tra di loro nel mediare con poteri economici multinazionali dotati di notevole forza e legati, al contempo, a precise radici statali. Problematiche che richiamano a discorsi importanti sull’esercizio reale della sovranità, sul rapporto tra politica ed economica e sul concetto di equità nell’era della globalizzazione.
James Galbraith, economista statunitense, e Manon Aubry, eurodeputata del partito “La France Insoumise” dal 2019 e capogruppo della Sinistra Europea, saranno gli ospiti del primo incontro della Fondazione Feltrinelli e da prospettive diverse hanno avuto modo di sottolineare queste aporie e queste problematiche e di valutare quanto, in prospettiva, riguardino un continente, l’Europa, che nel rapporto con i grandi potentati economici interni e stranieri ha avuto un atteggiamento non completamente lineare sul fronte fiscale, commerciale, concorrenziale. E che come Unione Europea ha conosciuto un difficilissimo inizio della campagna vaccinale legato al medesimo problema che riguarda la difficoltà nel frenare la competizione fiscale e il peso dei grandi capitali sul tessuto economico veterocontinentale: l’incapacità di imporre logiche politiche e precise dottrine di sovranità statuale o continentale su gruppi multinazionali dalla precisa connotazione identitaria, afferenti in larga parte al sistema statunitense e, per quanto riguarda i vaccini, anche al mondo anglosassone. Dunque portavoce di precisi interessi nazionali rivelatisi a più riprese non pienamente collimanti a quelli dei Paesi europei o dell’Unione Europea come complesso.
Galbraith appoggia la svolta del presidente Usa Joe Biden sul fronte della politica economica, che include assieme a un ampio pacchetto di stimolo del welfare, di rilancio delle infrastrutture e di spesa pubblica proposte volte a tassare globalmente i capitali delle multinazionali, rompendo lo “scudo fiscale” garantito ai grandi gruppi dall’amministrazione Trump.
Galbraith vede nel suo comportamento una svolta radicale; un segno incoraggiante che indica come sia stata finalmente appresa la lezione dei molti fallimenti in materia di politica economica, delle precedenti amministrazioni, indipendentemente dalla loro etichettatura politica.
Su Foreign Policy Galbraith ha recentemente rilanciato l’idea della necessità di un cambio di passo in tal senso salutando l’idea che l’opinione politica a stelle e strisce possa finalmente svoltare rompendo molti dogmi economici tradizionali. Sottolineando con una punta d’ironia che nessun legislatore o presidente, a prescindere dall’orientamento politico, avrebbe mai davvero voluto o potuto realizzare l’idealtipo decantato di “un’economia di mercato, governata da regolamentazioni il più leggere possibili sotto un regime di basse spese, tasse minime, bilanci in pareggio e totale disponibilità privata di capitale e terreni”.
La Aubry, dall’altra parte dell’Atlantico, ha invece caricato più volte la Commissione per le sue inefficienze nel controllo della campagna vaccinale e, dunque, dei rapporti con quei poteri finanziari associati all’industria farmaceutica internazionale. Secondo la Aubry la logica di mercato e di libero scambio ha prevalso. Il problema di fondo è, a suo parere, che la salute non è considerata un bene comune, ma un prodotto come un altro sul mercato. Perché ciò accade? A nostro avviso per le carenze dell’Unione Europea nel definire una linea chiara di condotta per il comportamento delle multinazionali. Nella sanità come nella tecnologia accade che potentati esterni al Vecchio Continente possano muoversi a piacimento sfruttando l’impronta economicista dell’Ue, la sua scarsa assertività strategica, la sua leggerezza di fronte alle dinamiche geopolitiche. L’Unione Europea è oggetto delle dinamiche internazionali e gli Stati membri, solo in parte, ne sono soggetto.
Intervistata da Left, la Aubry è stata chiara: “resa miope dai suoi dogmi”, la Commissione li ha creduti inossidabili e ha fondato la campagna vaccinale su “libera concorrenza, legge del profitto, legge del mercato”. Così ha ceduto alle esigenze dei grandi produttori: nessuna trasparenza sui contratti, nessuna regolamentazione dei profitti, nessuna responsabilità in caso di problemi”. Un’onestà intellettuale molto inferiore a quella che gruppi dichiaratamente intenti a perseguire profitti e guadagni hanno mostrato: di recente, ad esempio, Frank D’Amelio, direttore finanziario di Pfizer, è intervenuto alla Global Healthcare Conference della britannica Barclays ponendo sul tavolo dati che segnalano pari al +41% le prospettive operative della crescita dei ricavi di Pfizer nel 2021 e indicano nel 25% il ritorno stimato sui vaccini anti-Covid.
“Se siamo incapaci di stabilire regole per i laboratori farmaceutici, saremo altrettanto incapaci di stabilire regole per le grandi imprese inquinanti in materia ambientale. È in gioco il ruolo della politica di fronte alle sfide imposte dalle multinazionali”
ha rincarato la dose l’Aubry parlando con L’Espresso. Il nuovo vento che soffia da oltre Atlantico ci ricorda che la strada per il contenimento di queste sfide passa per l’esercizio del primato della politica e della sovranità, da intendersi non in senso esclusivo ma bensì inclusivo. Come manifestazione del potere delle collettività, a livello nazionale o di organizzazioni come l’Ue, di poter promuovere la propria sicurezza di fronte a qualsiasi tentativo di subordinazione. Gli Usa, Stato compiuto, sanno utilizzare questo potere di coercizione laddove necessitano di cambi di passo in materia di governance dell’economia.
L’Unione Europea come insieme, e i singoli Stati in larga misura, è ancora lontana da questa prospettiva. Che si parli di grandi capitali o di vaccini, la sfida è chiara: l’alternativa si può riscoprire solo con la coscienza di un’incisiva azione politica. Capace di offrire soluzioni articolate a problematiche e sfide di taglia globale.