I seguenti estratti sono tratti da Ricomporre i divari. Politiche e progetti territoriali contro le disuguaglianze e per la transizione ecologica, a cura di A. Coppola, M. Del Fabbro, A. Lanzani, G. Pessina e F. Zanfi, Il Mulino, Milano 2021, pp. 14, 41, 42, 43, 44, 227, 233.

Il volume è stato pubblicato con il contributo del Progetto d’Eccellenza «Fragilità Territoriali» del Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano. Si ringrazia la casa editrice per la gentile concessione.


Questo volume si inscrive in un tentativo di riorientarne le pratiche al perseguimento di crescenti livelli di uguaglianza socio-spaziale nel contesto della ormai non più rinviabile transizione ecologica. Perseguire questo obiettivo nelle città e nel territorio italiano ed europeo, ormai a valle di una stagione di espansione generalizzata dell’urbanizzazione, implica il rilancio, ma anche l’aggiornamento di battaglie antiche della cultura urbanistica e allo stesso tempo la promozione di nuovi percorsi di azione e di ricerca [Russo 2014].

Percorsi che implicano una necessità di agire insieme ad altri soggetti, attribuendo quindi un ruolo cruciale alla cura dei rapporti con altri soggetti in funzione del raggiungimento degli esiti desiderati. E soprattutto partendo mettendo in evidenza come sia rilevante, proficuo e originale parlare di strategie territoriali in relazione alle disuguaglianze. Di fronte alla lunga transizione verso una sempre maggiore integrazione delle economie nazionali in ambito europeo e globale, e alle drammatiche accelerazioni provocate dalle crisi, concentrarsi sull’elaborazione di strategie territoriali è rilevante proprio al fine di mitigare le disuguaglianze. In altre parole, forzare un cambiamento brusco potrebbe produrre conseguenze anche in termini di disuguaglianze sociali disfunzionali per la transizione stessa e la competitività del sistema. Tale transizione va quindi accompagnata, programmata e gestita e nel caso delle società europee ciò vuol dire in parte rilevante gestire e programmare traiettorie di sviluppo di città e territori, in cui le crescenti disuguaglianze così come le crescenti opportunità derivanti da una maggiore mobilità siano equilibrate, anche per le singole comunità locali.

Da questo punto di vista, alcune proposte avanzate rappresentano i punti di riferimento principali per il campo delle strategie territoriali in Italia, e si collocano agli estremi di un ipotetico continuum tra luoghi marginali e luoghi centrali. Da una parte, abbiamo quindi i margini socio-ambientali dell’Italia, territori sottoposti a processi di «periferizzazione» [Lang, Henn, Ehrlick e Sgibnev 2015] e presi a oggetto d’intervento, nell’ultimo decennio, dalla Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI). Gli autori mettono in evidenza alcuni modi in cui questa importante esperienza può proseguire, mirando a «ricostruire dei collegamenti tra filiere economiche e patrimonio ambientale» e facendo leva su sperimentazioni già in corso per affrontare il problema della parcellizzazione della proprietà fondiaria; su un crescente riconoscimento inter-territoriale dei servizi ecosistemici; sull’introduzione di dispositivi regolativi che sostengano le filiere corte. All’estremo opposto, le città e i sistemi metropolitani, aree «forti» a livello aggregato, ma all’interno delle quali sono presenti disuguaglianze e squilibri con una loro propria dinamica, che spesso si riproducono nel tempo mostrando una considerevole rigidità ai cambiamenti.

In questo ambito, alle importanti esperienze delle politiche area-based condotte in Italia e in altri paesi europei, è seguito più di recente nel nostro paese il Programma di interventi Pon Metro, che ha introdotto diversi aspetti originali nella governance multilivello delle politiche per le aree urbane. Gli autori partono da questo rilevante bagaglio di conoscenze per delineare i caratteri di un nuovo ciclo di politiche su scala urbano-metropolitana, centrato sulla creazione di posti di lavoro e di economie locali orientate alla transizione ecologica dei «quartieri», puntando sulla riqualificazione fisica e infrastrutturale degli insediamenti, per offrire occasioni di riqualificazione professionale alle popolazioni residenti, spesso a rischio di esclusione sociale. Molti dei contributi sollecitano quindi un rilancio radicale della discussione sulle ragioni della riforma istituzionale provinciale e metropolitana [Lanzani 2014] e ciò, non in virtù di un astratto funzionalismo (per cui spazi economici e spazi amministrativi dovrebbero coincidere), bensì nell’ottica di poter meglio indirizzare i percorsi di sviluppo del territorio, rafforzando altresì il ruolo delle autonomie locali.

La questione delle disuguaglianze e quella territoriale risultano essere, quindi, fortemente intrecciate nel nostro paese. Il dibattito più recente ha messo in evidenza l’esistenza di profonde differenziazioni territoriali nello sviluppo socio-economico che vanno ben oltre lo storico divario fra Nord e Sud [Baldini e Patriarca 2020; Coppola, Lanzani e Zanfi 2020], anche se esso rimane ancora oggi una questione più che mai aperta se si considera l’accesso ai servizi pubblici di cittadinanza [Ascoli e Pavolini 2015], come quelli di welfare locale, i quali si rivolgono attraverso appositi interventi (dal servizio sociale professionale, agli interventi di assistenza domiciliare, diurna, residenziale, ecc.) al sostegno delle fasce più deboli della popolazione. Gli elementi di forte disuguaglianza territoriale che investono la struttura del welfare locale si legano in primo luogo a quello che è stato per lungo tempo, nel nostro paese, un certo disimpegno delle politiche pubbliche a occuparsi delle condizioni dei soggetti più deboli della popolazione.

La riforma del welfare locale può costituire, dunque, un tassello cruciale nella definizione di una strategia di più ampio respiro volta al contrasto delle disuguaglianze territoriali e alla ricomposizione dei profondi divari esistenti nel nostro paese. Serve, dunque, necessariamente un cambio di agenda che riconosca la centralità del welfare locale nella garanzia di diritti di cittadinanza sociale e, conseguentemente, individui e stanzi le risorse necessarie in tal senso.

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