PCI – Federazione Milanese \ Profilo storico

La Federazione milanese del Partito comunista italiano, costituita nel 1945 dopo la Liberazione, va incontro nei primi mesi di attività a un’impetuosa crescita di iscritti e di simpatizzanti, raccogliendo non solo dall’ambito territoriale cittadino, ma anche e soprattutto da Sesto San Giovanni, la «città delle fabbriche», dove anche durante la clandestinità non sono mancate cellule di militanti che esercitavano, nei limiti della repressione fascista, un’attività di propaganda primariamente tra i reparti degli stabilimenti.

La Resistenza, inoltre, aveva dimostrato la capacità di organizzazione e di dedizione alla causa delle brigate comuniste, tanto che la smobilitazione delle pratiche del combattentismo non era stata né rapida né indolore, anche nell’ambito delle grandi fabbriche.

Alla base della Federazione si collocano cellule e sezioni, le prime molto esigue e spesso collocate all’interno del luogo di lavoro o in prossimità delle abitazioni dei militanti; più cellule danno origine alla sezione, che nel giro di un decennio assumerà un’importanza sempre maggiore sia negli stabilimenti industriali, sia nelle giurisdizioni territoriali: nel primo caso sostituiranno ben presto i comitati di fabbrica, assumendone in toto le funzioni.

Dalle cellule salgono nelle gerarchie del partito i rappresentanti, che, transitando per la sezione, possono essere eletti nei comitati di direzione della Federazione (Comitato federale o Comitato direttivo di federazione): nel 1945 essa comprende l’intero territorio provinciale di Milano, almeno fino al 1957 quando è costituita la Federazione della Brianza, che include la popolosa città di Monza.

La prima fase dell’attività della Federazione, dopo un biennio di assestamento, è dominata da Giuseppe Alberganti, che regge la segreteria dal 1947 al 1958, anno in cui gli succede Armando Cossutta. Nonostante il costante calo di iscritti dopo il boom del 1945/1946, sono questi gli anni in cui si consolida non solo la struttura organizzativa, con una tendenza all’aumento dei quadri e dei volontari in Federazione e sul territorio, ma anche l’articolazione e l’attività delle commissioni, che svolgono un’importante funzione di raccordo con il territorio stesso.

Tra esse le più importanti appaiono la Commissione organizzazione e la Commissione stampa e propaganda: la prima oltre a occuparsi dei problemi organizzativi del partito monitora il tesseramento, l’organizzazione elettorale e la statistica; la seconda, per pochi mesi denominata Commissione agit-prop, assume in nuovo nome già nel 1945 e si caratterizza per un’intensa attività di produzione e diffusione di materiali di propaganda: manifesti, volantini, riviste fiancheggiatrici («Voce comunista», «Vie nuove», «Il Pioniere», «Noi donne», «Il Calendario del popolo») sono veicolate principalmente dal Centro diffusione stampa (CTS), mentre spetta all’Associazione amici dell’Unità vendere il quotidiano porta a porta, stimolare le sottoscrizioni e gli abbonamenti e organizzare iniziative culturali sotto l’egida della Federazione.

Stretta tra il disorientamento provocato dalla crisi ungherese del 1956 e la difficoltà a interpretare i mutamenti in atto nel tessuto sociale milanese che si apprestava a guidare il miracolo economico, e anzi recuperata all’ortodossia dopo l’arrivo a Milano di Secchia nel 1954, la Federazione subisce un costante calo di iscritti anche se non viene mai a mancare un’intensa attività di proselitismo che si basa in larghissima parte sul volontariato dei militanti, e si accompagna a un costante lavoro, anche statistico, di analisi dell’elettorato comunista su base territoriale, quartiere per quartiere, finalizzata a valutare gli effetti dell’azione svolta dalla Commissione stampa a propaganda. Tuttavia la critica all’espansione economica che, nell’interpretazione del Partito, non si traduceva in sviluppo, denota un evidente ritardo nell’interpretazione della fase espansiva del capitalismo italiano negli anni del miracolo economico.

Dopo la liquidazione, nel 1960, del gruppo dirigente aggregato intorno ad Alberganti e l’assunzione della carica di segretario da parte di Armando Cossutta, la Federazione provinciale si trova ad affrontare, nel territorio intercomunale, le conseguenze delle imponenti migrazioni interne, nonché la fase dialettica tra la politica locale legata al pur controverso rapporto tra i due principali partiti della sinistra e le dinamiche nazionali che vedono la nascita del centrosinistra. È stata rilevata, inoltre, non solo la difficoltà del Partito nell’interpretazione delle trasformazioni in atto nel sindacato che di lì a breve sfoceranno nella stagione delle lotte culminate nell’autunno caldo, ma anche nella persistente difficoltà a dialogare con la borghesia stretta tra i grandi monopoli, oggetto di una costante contrapposizione frontale, e istanze più aperturiste la cui interpretazione non avrà la fluidità necessaria per diventare una vera interlocuzione.


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Bibliografia:
Petrillo, Il problema di Milano: storia del Partito comunista milanese, 1921-1975, in La domenica proletaria e altre storie milanesi dal Dopoguerra al Duemila, pp. 145-200, 2017
I congressi dei comunisti milanesi 1921-1983, a cura di G. Petrillo, Milano, Franco Angeli, 1986, 2 voll.
I manifesti della federazione milanese del Partito comunista italiano (1956-1984). Inventario, a cura di S. Twardzik, Roma, Ministero per i beni e le attività culturali. Ufficio centrale per i beni archivistici, 1999.
De Bernardi, Per una ricerca sulla storia del Pci a Milano: la formazione del partito di massa, in «Storia in Lombardia», a. XVIII (1998), n. 2-3, pp. 25-63.