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«Come si racconta oggi, la guerra? Come si avvicina la guerra a chi da generazioni non la vive? E ancora, la guerra che raccontiamo oggi, che guerra è?» si chiedeva Francesca Mannocchi in un articolo pubblicato su queste pagine a novembre 2021. Da allora, la “forma di guerra” che eravamo abituati a pensare – per noi europei residuale e sempre un po’ ai margini delle società che investiva – è cambiata, lasciando spazio alla più classica delle guerre interstatali. E allora la domanda si ripropone, più che mai viva: come raccontare la guerra?

Dallo scoppio del conflitto in Ucraina è passato un anno. Sul fronte continuano a morire (si parla di oltre 100mila vittime per entrambe le parti, secondo le ultime stime) e per evitare di assuefarci a questa guerra sul bordo dell’Europa serve ancora testimoniare. Se vivere, come osservava Gramsci, significa «partecipare e non restare indifferenti», allora è bene prendere posizione di fronte alle macerie di Mariupol, ai bombardamenti su Kherson, ai luoghi vuoti, ma farlo in modo critico. Restituendo complessità al dibattito, non radicalizzando le identità e le posizioni, insistendo sulle prospettive di pace.

All we are saying is give peace a chance

Con questo spirito, insieme al Gruppo Feltrinelli, Fondazione Feltrinelli propone All we are saying is give peace a chance un programma di voci, racconti e iniziative per approfondire la riflessione su una guerra della quale non si vede la fine.

Il primo appuntamento22 febbraio, alle ore 19:00 – ci darà modo, a partire dal libro Una madre. La vita e la passione per la verità di Anna Politkovskaja, appena pubblicato da Rizzoli, di ragionare di libertà di espressione e spazi di dissenso nei sistemi illiberali insieme a Vera Politkovskaja, figlia della giornalista russa Anna Politkovskaja, uccisa il 7 ottobre 2006 a Mosca. Reporter di Novaja Gazeta, tra i principali quotidiani dell’opposizione russa, Anna Politkovskaja ha raccontato con sguardo acuto e scrupoloso la seconda guerra in Cecenia, la corruzione e le omertà della Russia di Putin, senza paura di “chiamare le cose con il loro nome”, dittatori compresi.

Nel secondo momento, il 23 febbraio alle ore 19:00, discuteremo dell’“uso” politico della storia insieme a Guido Crainz, autore di Ombre d’Europa. Nazionalismi, memorie, usi politici della storia (Donzelli), e Giulia Lami, autrice di L’Ucraina in 100 date: Dalla Rus’ di Kyïv ai nostri giorni (Della Porta), interrogandoci sulla tendenza populista a deformare la narrazione dei fatti, facendo leva su pulsioni e umori, con l’intento di legittimare politiche imperiali aggressive, antidemocratiche.

Come la Russia sia arrivata a invadere l’Ucraina per “smilitarizzarla e denazificarla”, ce lo eravamo chiesti già il 24 marzo 2022, a un mese dall’inizio del conflitto.

Con lo speciale Pronti, mirare, fuoco abbiamo tracciato una linea del tempo con avvenimenti, tesi, riflessioni che aiutassero a decifrare i primi trenta giorni di guerra. Dodici date e nove approfondimenti per capire di più e meglio l’antagonismo tra i due Paesi e gli impatti sull’ordine mondiale.


Una linea del tempo:
dodici date per leggere l’inizio della guerra

La giungla della storia è tornata
ha commentato lo storico e politologo americano
Robert Kagan.

 

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Approfondimenti

Anche perché, come osserva Alessandro Colombo, è evidente che il cuore politico, economico e strategico del sistema mondiale stia progressivamente abbandonando l’Atlantico per spostarsi nel Pacifico: «Soprattutto, è sempre più apertamente contestata dai grandi paesi non occidentali emergenti la tradizionale pretesa dei paesi occidentali di parlare a nome dell’intera comunità internazionale, dettando la soglia di accesso alla piena appartenenza e i criteri di normalità politica, economica e culturale validi per tutti.»

 

E perciò, a conflitto ancora in corso, uno degli interrogativi più incerti riguarda proprio cosa accadrà “dopo”. Dall’appuntamento dell’History Lab Le guerre, l’invenzione della tradizione e la Storia come strumento di guerra è emerso che «la storia può, anzi, è chiamata a essere strumento di guerra anche in chiave generativa».

Scrive Elena Cadamuro: «Ciò significa pensare innanzitutto a quali possono essere gli effetti disgregativi di un conflitto, considerando che spesso riecheggiano in modo globale e asimmetrico, accrescendo così le disuguaglianze tra gruppi sociali. Sul piano della memoria, ciò significa anche interrogarsi sul calendario civile europeo per valutare se, proprio nel momento in cui l’idea stessa di Europa sembra essere messa in discussione, non sia invece necessario valutarne un aggiornamento e un rinnovamento.»

E nel ragionare di futuri, non possiamo non guardare con coraggio a quella parte di società civile che non smette di immaginare strade pacifiche per far sentire la propria voce. Lo abbiamo fatto dando la parola all’attivista Olga Misik, che nel 2019, a diciassette anni, con le gambe incrociate su una piazza di Mosca, ha letto la Costituzione della Federazione russa di fronte agli agenti antisommossa.

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La sua voce ci ricorda altri che in Fondazione Feltrinelli hanno trovato un luogo in cui essere ascoltati. Nel maggio 2022, quando già le leggi sulla censura avevano costretto Novaja Gazeta a sospendere le pubblicazioni, abbiamo ospitato il vicedirettore Kirill Martynov. «Putin pensa di poter ripetere la storia, ma non capisce come sta evolvendo il mondo. Ambisce a un potere “superumano” ma si rifà a battute stereotipate e citazioni da vecchi film sovietici», ha commentato in dialogo col nostro direttore Massimiliano Tarantino.

E ancora: «Ci hanno definito un gruppo criminale solo perché stavamo dando informazioni al popolo russo».

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